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Salario minimo, cuneo fiscale e Pil. L’Italia verso il voto secondo Cipolletta

​Intervista all’economista, già presidente di Assonime: l’industria italiana sta recuperando terreno ma dire che corriamo più di Francia e Germania può essere fuorviante, conta il dato pre-pandemia. Le aziende riescono ancora a scaricare i costi delle materie prime sui consumatori e questo anche grazie ai bonus che ne sostengono il potere di acquisto. La fidejussione della Meloni? Una proposta campata per aria

Per imprese, professionisti e lavoratori sarà stato anche un rientro da brivido, poco meno di 180 adempimenti fiscali in un solo giorno per 40 miliardi di entrate non sono una pillola da mandare giù tanto facilmente. E sì, se è vero che la Russia diminuirà ancora i flussi di gas all’Europa, l’inverno non sarà facile tra bollette e costi energetici difficili da domare.

Eppure il sistema industriale italiano continua a reggere il colpo, correndo più di Francia e Germania e mostrando una tenuta di nervi non scontata. C’è del sano ottimismo nelle parole di Innocenzo Cipolletta, economista già presidente di Assonime e con un passato ai vertici di Confindustria, anche se parlare di uscita dal tunnel è decisamente prematuro, specialmente con un’inflazione al 7,9% (dato di luglio), pronta a divorarsi più di quanto non lo abbia fatto finora, fatturati e redditi.

Partiamo da qualche settimana fa. Gli italiani hanno scoperto che il Pil dello Stivale viaggia a passo doppio rispetto a Germania e Francia. C’era da aspettarselo?

Noi siamo caduti, durante la pandemia, molto più in basso rispetto a Parigi e Berlino e dunque il ritorno alla normalità è più marcato, fa più effetto insomma. Ma se guardiamo ai dati pre-Covid, siamo ancora indietro. Dunque, non mi sento di esaltarmi per questo rimbalzo. Ricordiamoci sempre che l’Italia ha degli ammortizzatori sociali molto efficienti e questo ha fatto una certa differenza. Tutto ciò premesso, va fatta un’operazione verità.

E sarebbe?

L’industria italiana, il sistema economico, le imprese, stanno bene, stanno recuperando terreno, soprattutto sul fronte delle esportazioni. Per una volta che si è fatta una politica, poi, per incentivare la domanda interna, possiamo dire che il gioco è riuscito. Vorrei dire a tutti quelli che pensavano che il deficit non facesse crescita, che si sono sbagliati. Il deficit, questa volta, ha creato crescita e i risultati li stiamo vedendo.

L’Italia viene da una stagione di bonus e sussidi. Anche questi fanno più crescita?

I bonus sono stati utili e sono stati impiegati bene, dinnanzi a un rincaro dell’energia di queste dimensioni, aiutare famiglie e imprese è estremamente benefico, piuttosto che mettere un tetto ai prezzi per tutti. Meglio un bonus a chi non ha un reddito sufficiente e lasciare che il reddito capace di affrontare la spesa lo ha, subisca l’aumento dei costi.

Molte imprese stanno valutando se e quando riaprire la propria attività. Perché per molte di esse potrebbe non essere più conveniente. Reazione emotiva o qualcos’altro?

Ovviamente stiamo tutti subendo l’urto dell’aumento dei costi energetici, molte imprese stanno valutando la riduzione della produzione, ma questo riguarda non solo l’Italia ma tutto il mondo occidentale. In ogni caso, è vero che l’energia costa il doppio, il triplo, di prima ma è anche vero che le aziende stanno scaricando i costi delle materie prime sui consumatori finali, riuscendoci per il momento.

Questo però finché il potere d’acquisto delle famiglie sarà in grado di rispondere all’aumento dei prezzi sullo scaffale o al negozio…

Certamente, ma allora sarà il momento di intervenire sui salari. Alcune imprese lo stanno già facendo, nei prossimi rinnovi ci saranno degli aumenti salariali. Ma ecco che torniamo al punto di prima, i bonus nell’attesa che i salari aumentino, sono importanti e necessari, anche se generano deficit, perché sostengono la domanda agganciandola all’impennata dei prezzi.

Siamo in piena campagna elettorale, è difficile non sottrarsi ad alcuni ragionamenti. Sempre in tema di domanda interna, meglio il salario minimo o intervenire sul cuneo fiscale per dare ossigeno alle tasche dei lavoratori?

Il cuneo fiscale è difficile da tagliare, per il semplice motivo che è un cuneo previdenziale. Voglio dire che la maggior parte dei lavoratori non sconta una pressione fiscale eccessiva, semmai paga lo scotto di una peso contributivo notevole. Però a essere onesto tagliare i contributi e dunque le pensioni non mi pare una grande idea per un lavoratore. Il salario minimo è uno strumento per evitare più che altro un dumping al ribasso degli stipendi, ma personalmente credo che la via maestra per accrescere i salari sia un’altra.

Prego.

Che tutte le imprese che hanno rialzato i prezzi dei propri prodotti, aumentino di conseguenza le retribuzioni dei propri dipendenti.

Ancora voto, ancora partiti. Fratelli d’Italia ha lanciato una proposta, una fidejussione, cioè una garanzia accreditata e sicura, a carico degli stranieri extra Ue che intendono aprire un’impresa in Italia e che dovranno impegnarsi, preventivamente a pagare le tasse.

Non la capisco questa proposta, mi pare un po’ surreale. Come se uno dice che viene in Italia e dice che non sputa per terra, è semplice educazione. Se proprio vuole saperlo non ne comprendo il senso, se vengo in Italia pago le tasse, punto.

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