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Cosa succederà all’esordio dell’Iran ai mondiali di Calcio?

Dopo tante critiche per lo più fondate, la Fifa potrebbe trovarsi sul banco degli imputati sul quale mai avrebbe pensato di salire: aver trasformato i giochi dell’emiro in una mobilitazione globale contro i mullah di Teheran

Alla fine potrebbe anche accadere che il regime iraniano sia la prima vittima dei campionati del mondo di calcio appena cominciati in Qatar. L’idea ventilata da molti, escludere l’Iran, non ha avuto seguito e di questo il regime alla fine potrebbe dolersi, nonostante i rapporti amicali con il regime di Doha. A Teheran pensavano che la relazione speciale con il vicino, vicinissimo Qatar poteva essere un affare da tanti punti di vista, anche economico. Infatti 20mila stanze d’albergo erano state riservate agli appassionati di calcio che avessero voluto visitare l’Iran una volta giunti in Qatar. Nessuna stanza è stata oggetto di prenotazione e il servizio di traghetto-veloce da e per l’emirato che ospita i giochi è rimasto senza clienti.

A modificare i calcoli dei mullah, ovviamente, è stata quella che molti hanno capito non essere una semplice protesta ma una vera rivoluzione, quella esplosa con l’assassinio di una ragazza, ormai icona mondiale della libertà, colpevole di indossare il velo, ma non come si deve. Il regime ha tentato di evitare i danni che è facile prevedere, in patria e fuori, puntando sul nazionalismo. Sono lontani i giorni in cui il presidente Raisi invitava l’astro del calcio iraniano, Sardar Azmoun, a incontrarsi con il comandante dell’unità aerea dei Pasdaran, approfittando del fatto che Sardar può essere tradotto con il vocabolo “Generale”. Proprio lui, Azmoun, ha pubblicato per pochi minuti un tweet solidale con i manifestanti e molti giocatori hanno detto chiaramente che cantare l’inno nazionale ed esultare dopo il gol sono decisioni che ognuno prenderà in proprio, nella propria libertà di coscienza. Parole terribili per i mullah di Teheran che non però hanno potuto arrestare i reprobi. Perché il mondiale è una tribuna. Così hanno preferito accentuare l’aspetto nazionalista della propaganda, lasciando da parte mullah e religione.

Ha colpito molti, ad esempio, la comparsa di murales, celebrativi dei giochi, che raffigurano eroi dei tempi pre-islamici. Nella famosissima Piazza Valiasr sono apparse scritte ufficiali che incitano la squadra a evitare che l’Iran cada per mano di potenze nemiche. E qui ci si mette di mezzo anche il calendario, che oltre a evocare quello di competizioni passate rappresenta una sfida per l’oggi. L’Iran infatti esordisce oggi, 21 novembre, contro l’Inghilterra. Canteranno l’inno nazionale i giocatori? E i giovani in piazza esprimeranno gioia per la sfida ai perfidi inglesi, i grandi nemici di ieri, dei tempi dello scià? Ma le cose si faranno più complicate di giorno in giorno, visto che l’Iran potrebbe e vorrebbe passare il turno. Ci riuscirà? Forse la parola decisiva arriverà il 29 novembre, quando la nazionale iraniana sfiderà quella del Grande Satana, gli Stati Uniti. Sarà il giorno di molte verità. Iran-Stati Uniti infatti ha un precedente noto a tutti, o ricordato da tanti, ai mondiali del 1998. Vinse l’Iran, per la gioia di tanti islamici, popoli e nazioni. Per Teheran fu un momento di gloria. Ma a quel tempo presidente non era il falco Raisi, ma il riformista Khatami. Lui fece di quella partita e di quella vittoria  l’occasione di un avvicinamento culturale con il Paese di New York, del melting-pot, nel nome del suo progetto, il dialogo tra le civiltà. Cosa succederà quest’anno?

La piazza iraniana ricorda ogni momento ai giocatori iraniani cosa succeda nel loro Paese, come comportarsi, con chi solidarizzare. Cosa faranno? Come useranno questa tribuna globale per comunicare sulla rivoluzione in atto in un Paese che ormai contesta espressamente il potere teocratico di Khomeini e dei suoi? È un rompicapo sottovalutato, ma che potrebbe avere un enorme impatto, per quel che faranno in piazza gli iraniani, per quel che faranno in campo i giocatori, e per quel che farà il regime che proprio in queste ore minaccia di invadere il Kurdistan iracheno.

Orgoglioso di aver portato il mondiale in Qatar, il presidente della Fifa Infantino forse non aveva calcolato che proprio il Qatar potrebbe sferrare un colpo devastante al suo alleato, il regime di Teheran. Da questo punto di vista sarebbe stato meglio escludere l’Iran, ma quando se ne discusse l’emiro sarà stato di diverso parere, difficile immaginare che le cose sarebbero arrivate a questo punto proprio ora.

Chissà, dopo tante critiche per lo più fondate, la Fifa potrebbe trovarsi sul banco degli imputati sul quale mai avrebbe pensato di salire: aver trasformato i giochi dell’emiro in una mobilitazione globale contro i mullah di Teheran.

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