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India e Cina si parlano. Confini e tensioni al vertice Sco di Nuova Delhi

I ministri della Difesa di Cina e India hanno avuto un faccia a faccia a latere del vertice ministeriale della Sco. L’organizzazione assume più valore anche perché permette questo genere di contatti diplomatici tra potenze globali

È la prima volta che un ministro della Difesa cinese visita l’India dopo lo scontro del 2020 tra soldati indiani e cinesi nella Valle di Galwan, nella zona di frontiera lungo il confine montano, che ha causato la morte di 20 soldati indiani e quattro cinesi.

Il contesto

Dopo lo battaglia (a mani nude, perché i militari dei due Paesi al confine non possono portare armi), i legami tra Pechino e Nuova Delhi sono entrati in una spirale negativa, con un’ulteriore escalation di tensioni nel dicembre dello scorso anno, quando le truppe dei due Paesi si sono scontrate nella regione di Tawang, nello Stato indiano nord-orientale dell’Arunachal Pradesh, che la Cina rivendica come proprio territorio. Sono stati riportati feriti da entrambe le parti, nonostante fossero stati avviati processi di deconflicting su altri fronti. Si è trattato del primo scontro importante lungo i 3.500 chilometri della Linea di controllo effettiva, il confine de facto tra India e Cina, dopo i combattimenti di Galwan.

Anche per questo la ministeriale Difesa della Shanghai Cooperation Organization (Sco) ospitata nei giorni scorsi nella capitale indiana, appuntamento che ha fatto da cornice all’incontro indo-cinese, assume ulteriore centralità. Tutte le questioni di confine tra India e Cina devono essere risolte in base agli accordi e agli impegni bilaterali esistenti, ha dichiarato giovedì il ministro della Difesa indiano, Rajnath Singh al suo omologo cinese, Li Shangfu.

Il ruolo della Sco

Che in mezzo alle tensioni ribollenti per una nuova disputa di confine sull’Himalaya, i due giganti globali — entrambi dotati di armi nucleari e già protagonisti di una breve guerra nel 1962 per i confini contesi — scelgano una via di comunicazione è importantissimo. Che lo facciano tra le discussioni dal profondo valore strategico innescate dal sorpasso demografico indiano (con le ricadute sul fronte economico, politico e geopolitico), è altrettanto importante. Così come la Sco sia occasione di dialogo.

Quest’anno è l’India a presiedere l’organizzazione intergovernativa fondata nel 2001, di cui la prossima settimana è prevista anche una riunione dei ministri degli Esteri nello Stato indiano occidentale di Goa. Nel vertice di venerdì, insieme a indiani e cinesi, erano presenti gli omologhi di Russia Asia Centrale, Iran e Bielorussia — entrambe invitate da Nuova Delhi anche se ancora non hanno ultimato le procedure di adesione. Il Pakistan ha partecipato virtualmente per ragioni di agenda, ma soprattutto di convenienza, visti i rapporti non eccezionali con l’India, che non ha risparmiato critiche — il ministro indiano nel suo discorso introduttivo ha parlato dei rischi che pone nella regione un Paese che fa affari con il terrorismo, riferimento chiaro ai legami di alcuni apparati pakistani col mondo qaedista.

Il monito di Singh

Singh, nell’incontro speciale con il cinese, ha “categoricamente” comunicato a Li che “lo sviluppo delle relazioni tra India e Cina si basa sulla prevalenza della pace e della tranquillità ai confini”, secondo il resoconto dell’incontro diffuso da Nuova Delhi. Ha ribadito che la “violazione” degli accordi esistenti da parte cinese ha “eroso l’intera base delle relazioni bilaterali”, aggiungendo che solo “il disimpegno al confine sarà logicamente seguito dalla de-escalation”. Secondo il resoconto, i due ministri hanno avuto “franche discussioni” sugli sviluppi nelle zone di confine e sulle relazioni bilaterali.

Per il racconto del governo cinese, invece Li ha affermato che la situazione al confine è “generalmente stabile”. Il ministro avrebbe anche auspicato di adottare una “visione a lungo termine” e di collocare la questione del confine “in una posizione appropriata nelle relazioni bilaterali”, lavorando per la fiducia reciproca tra le forze armate e per una “gestione normalizzata” dell’area. Ma domenica 2 aprile era stata la Cina a innescare un duro botta e risposta con l’India dopo aver emanato un atto amministrativo del ministro degli Affari Civili di Pechino con cui sono stati cambiati i nomi di 11 aree del Tibet meridionale, compresa quella indiana dell’Arunachal Pradesh, utilizzando la lingua cinese.

Narrazioni e interessi

Sono visioni diverse anche perché Pechino e Nuova Delhi hanno necessità diverse. La Cina vanta il ruolo di leadership della Sco, dove si propone di trattare (anche solo sul piano retorico) con i Paesi membri temi alti come le discussione sulla pace e la sicurezza regionale, gli sforzi per contrastare il terrorismo e il multilateralismo. Attività che muove a proprio interesse e creando nell’organizzazione un sistema di coltura delle sue ambizioni globali.

L’India ha interesse a esserci perché alcuni membri, come la Russia e l’Asia Centrale, sono suoi interlocutori soprattutto a livello commerciale. Nuova Delhi vuole evitare che tra di essi Pechino assuma una dimensione egemonica, che sia l’unico punto di riferimento. È così che la Sco assume rilievo.

Colloqui, colloqui e poi?

L’incontro tra Singh e Li sebbene unico per rango, segue 18 round di colloqui military-to-military per cercare di allentare le tensioni nella disputa di confine. Dopo i colloqui militari, Pechino ha dichiarato che i Paesi “hanno concordato di mantenere uno stretto contatto e dialogo attraverso i canali militari e diplomatici, di accelerare la risoluzione delle questioni rilevanti sulla sezione occidentale del confine tra Cina e India e di continuare a salvaguardare la pace e la tranquillità nelle zone di confine”.

Li, generale e veterano della modernizzazione delle forze armate cinesi, questo mese ha incontrato il presidente russo Vladimir Putin nel suo primo viaggio all’estero come ministro della Difesa. Durante l’incontro a Mosca, le due parti hanno promesso di rafforzare la loro cooperazione militare. Li, che nel 2018 è stato sanzionato dagli Stati Uniti per l’acquisto di armi russe, ha visitato Mosca nel contesto delle pressioni occidentali contro Pechino per esortare il Cremlino a porre fine alla guerra in Ucraina.

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