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Dopo Mattei, anche Fermi. Il governo è pronto a riportare il nucleare in Italia

Dalle Camere è arrivato l’impulso per ripartire e c’è il pieno appoggio del governo, spiegano Tajani e Pichetto Fratin. All’evento in Parlamento una schiera di scienziati, esponenti delle autorità competenti e rappresentanti delle industrie italiane hanno sviscerato la questione nucleare da ogni angolatura. Gli interventi di Cingolani, Descalzi, Monti, Arrigoni e molti altri

Nel programma della coalizione che oggi guida l’Italia, alla voce energia, spiccava la parola nucleare – quasi un azzardo politico in un Paese storicamente avverso a questa tecnologia. Ma la doppia necessità di decarbonizzare e garantire la sicurezza energetica nazionale hanno riacceso nuovi, potenti riflettori sul ruolo del nucleare nel mix energetico italiano. Poi, a maggio, una mozione della maggioranza ha dato un forte impulso nella direzione di prendere seriamente in considerazione l’atomo. Anche perché l’industria italiana è già pronta.

IL SUPPORTO DELLA POLITICA

Queste e altre considerazioni sono emerse da “Nucleare in Italia: scenari e prospettive”, un evento di tre ore tenutosi giovedì mattina nella Sala della Regina di Palazzo Montecitorio. In apertura, Luca Squeri e Paolo Barelli (Forza Italia) hanno reiterato che è arrivato il momento giusto e garantito l’appoggio del centrodestra per il ritorno, ragionato e cauto, alla generazione di energia con la fissione. È una scelta valida e “molto pragmatica” sia come soluzione per ridurre la dipendenza dall’estero, sia per il contrasto al cambiamento climatico, ha sottolineato il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani in collegamento da Bruxelles.

Se si è tornati a parlare di nucleare oggi è perché rispetto a mesi fa sembra caduto il tabù, ha chiosato in chiusura il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, che ha evidenziato il merito del sistema accademico italiano nel resistere gli scorsi decenni e promesso di rispettare lo spirito della mozione “andando avanti a passo spedito sulla sperimentazione e sugli investimenti”. Si tratta di avere un Paese pronto a sfruttare le tecnologie necessarie per raggiungere i target climatici e primeggiare nell’industria, ha continuato Pichetto Fratin, che guarda “con ottimismo” al nucleare di quarta generazione e ha voluto dichiarare, a nome suo e del governo, “che l’energia nucleare è il futuro” – e il percorso per arrivare agli obiettivi climatici del 2050 “non può che essere questo”.

LA PAROLA AGLI SCIENZIATI

La prima parte del panel ha visto protagonisti sette rappresentanti delle autorità scientifiche e istituzionali di competenza. In apertura, il professor Marco Ricotti (presidente del Consorzio Università Italiane Ricerca Nucleare, che raccoglie gli atenei con corsi dell’ambito) ha evidenziato che l’interesse per il nucleare, specie tra i giovani, è in netto aumento – più 80% di iscritti ai nuovi corsi di laurea. Un dato straniante se si considera che dal 2018 i fondi per la ricerca sulla fissione “sono sostanzialmente azzerati”. Nonostante ciò, i partner italiani hanno stabilito un nuovo record con il coinvolgimento in oltre la metà dei progetti Euratom.

Per una scelta strategica come un piano nucleare “servirebbe una cabina di regia” per seguire la complessità, ha continuato Ricotti, auspicando che l’Italia si doti di un Piano Fermi (dal nome del pioniere italiano del nucleare) oltre al Piano Mattei – perché servono “entrambi gli Enrico” per il futuro del Paese. L’alta formazione italiana non è mai scomparsa ma serve urgentemente formare nuovi esperti, perché visti i piani di nuclearizzazione europei “ci sarà pressione nel campo delle risorse umane”. Serve investire nell’intera filiera che dall’istruzione va alla ricerca, ha rimarcato Antonio Zoccoli (presidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare), affinché sia il mondo accademico che l’industria abbiano il know-how necessario.

I PERCHÉ DELL’ATOMO

Come ha spiegato Paolo Arrigoni (presidente del Gestore servizi energetici), “i migliori sponsor del nucleare” sono la questione climatica, la sicurezza energetica e il costo dell’energia. Semplicemente, come indicano anche l’Onu, Ipcc e Iea, le rinnovabili non basteranno a garantire l’elettricità programmabile (baseload) e richiedono sempre più materiali per l’accumulo e l’aggiornamento della rete.

Per quanto riguarda l’ambiente, il confronto dell’intensità ambientale (in termini di grammi di CO2 o equivalenti emessi per kWH generato) sull’intero ciclo di vita delle tecnologie non lascia spazio a dubbi: le centrali nucleari sono la tecnologia meno emissiva, anche rispetto a solare, eolico, idroelettrico. La media francese – 70% di nucleare nel mix – è 40-50, quella tedesca (denuclearizzazione in corso) 350 – otto volte di più, ha evidenziato Arrigoni.

Gli ha poi fatto eco Roberto Cingolani (ad di Leonardo, già ministro della Transizione energetica), sottolineando la necessità di considerare anche tutti gli altri parametri – uso di terreno, acqua, materiali rari e intensità di emissioni radioattive – per selezionare la tecnologia migliore a seconda del territorio. Anche se in linea di massima, ha detto, “la termodinamica è molto chiara”: i numeri vanno dalla parte del nucleare, persino se si parla del costo livellato dell’energia – la metrica che tiene conto di quanto effettivamente costi al cittadino l’energia prodotta.

L’altro dato da considerare, ha sottolineato Stefano Monti (presidente dell’Associazione italiana nucleare), sono i costi di sistema. “Con penetrazione sempre più profonda delle fonti intermittenti (come le rinnovabili, ndr) i costi aumentano quasi esponenzialmente”. Oggi l’Italia “è nelle condizioni di contribuire sia all’estero” – come hanno fatto le aziende italiane risolvendo i problemi della flotta nucleare francese, o realizzando nuovi progetti ed estendendo la vita degli impianti –, sia sul fronte interno.

Infine, Massimo Garribba (vicedirettore generale per l’energia della Commissione europea, con delega al coordinamento di Euratom) ha ricordato che non serve solo raddoppiare la produzione di energia elettrica da qui al 2050, ma anche fornire il calore industriale e produrre idrogeno verde. Si gioca di combinazione con le rinnovabili, ma la proiezione di Bruxelles parla di un 10-15% di energia da nucleare al 2050 in Ue. E altrove sono ancora più convinti: negli Stati Uniti 37 miliardi sono destinati al nucleare, in India va online una centrale nuova ogni anno, in Cina se ne fanno ancora di più (oltre 100 sono in costruzione).

IL PRESIDIO DELLE AUTORITÀ…

Va ricordato che realtà come l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie (Enea) continuano a nutrire la presenza di Roma nel settore nucleare. Quest’ultima, ha assicurato il suo presidente Gilberto Dialuce, è coinvolta in progetti di frontiera come lo smaltimento dell’energia per la fusione (con un impianto in costruzione a Frascati dall’anno prossimo) ma anche nei reattori piccoli e modulari (cosiddetti Smr, small modular reactors) e sul nucleare di quarta generazione – che utilizza un impianto di raffreddamento a piombo fuso ed è in grado di utilizzare il materiale fissile esausto dei vecchi reattori come combustibile – lavorando gomito a gomito con realtà innovative come Newcleo.

Certo, risolvere l’annosa questione del deposito di scorie sarebbe un ottimo segnale per far capire che il Paese è in grado di affrontare la sfida, hanno sottolineato diverse personalità presenti – tra cui il prefetto Fiamma Spena, Commissario della Sogin, che di questo si occupa. Serve un salto di qualità anche a livello di comunicazione, “allontanarsi dalle sedi istituzionali per andare incontro alle persone” per “sanare il divario informativo” e combattere la sindrome Nimby (not in my back yard), ha sottolineato. E anche Maurizio Pernice (direttore dell’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare) ha evidenziato il ruolo di organismo di controllo del suo ente, che garantendo il rispetto dei migliori standard tecnici può rassicurare l’opinione pubblica.

… E QUELLO DELLE INDUSTRIE ITALIANE

Nonostante la penuria di contratti in Italia, le aziende italiane sono ancora in ottima forma. Certo, ha spiegato Riccardo Casale (ad di Ansaldo Nucleare), il 98% del fatturato rimane all’estero – ma la sua azienda era di fianco ai giganti come Westinghouse ed Edf, con cui collabora, a spiegare la sua missione ai parlamentari del Belgio in fase di rinuclearizzazione. “È faticoso, ma riusciamo a rimanere competitivi”, ha detto, spiegando che i tecnici di Ansaldo hanno messo le mani su tutti i generi di tecnologie nucleari e sono “leader indiscussi” in Ue nel campo dei reattori veloci al piombo, di quarta generazione, da vent’anni.

C’è in lizza anche Edison, in cui Edf ha investito, ha ricordato l’ad Nicola Monti spiegando che in qualità di vendor di energià più decarbonizzata possibile non si può che considerare il nucleare. E pure il titano italiano Enel mantiene le sue competenze in costruzione, licensing e permitting – come dimostrano anche gli accordi con i leader europei, ha spiegato il responsabile innovazione Nicola Rossi.

Infine c’è l’esempio di Eni, guidata da Claudio Descalzi, che ha ricordato la controllata statunitense – Commonwealth Fusion Systems – in prima linea sullo sviluppo dei reattori per la fusione nucleare con la costruzione dell’impianto di dimostrazione nel 2025-2026 e il primo impianto commerciale al 2030. Il Cane a sei zampe guarda anche alla quarta generazione, ha continuato, mentre continua sul versante della decarbonizzazione – dove il 95% delle tecnologie che utilizza sono proprietarie.

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