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Tre ragioni per stendere un velo pietoso sul caso Vannacci. L’opinione di Tivelli

L’agenda della politica italiana è da tempo fatta di fogli sparsi e volatili, che nemmeno la tostissima presidente del Consiglio Meloni riesce a mettere insieme, e i veri problemi del Paese spesso finiscono per lo meno in certe fasi nello sgabuzzino del dimenticatoio. L’opinione di Luigi Tivelli

Onestamente trovo per certi versi patetico, ridicolo e triste il fatto che uno degli argomenti che più dominano il confronto pubblico e le pagine dei principali giornali (addirittura dallo scorso 18 agosto!), sia quello che riguarda un libro scritto da un certo generale Vannacci… Certo, un ex Capo di Stato Maggiore e generale di valore come il generale Arpino ha dichiarato da queste colonne, nei giorni scorsi, che il generale Vannacci ha avuto in passato un ottima carriera da militare. Chapeau! Mi sembra però eccessivo evidenziare il valore del libro. Onestamente non è che il fatto di essere buoni generali garantisca di essere buoni scrittori, buoni lettori o tantomeno buoni consulenti editoriali.
L’aspetto più patetico, però, e che tanto dice sullo stato del nostro confronto pubblico, è che la discussione su un libro letto da quasi nessuno (per fortuna!) di un generale abbia occupato e stia occupando il posto del confronto sui veri problemi del Paese. Dal “lavoro povero” al come risolvere la questione dei bassi salari, fino al come approcciare la questione di una finanza pubblica un po’ troppo ballerina ed altre amenità. Ma, si sa, l’agenda della politica italiana è da tempo fatta di fogli sparsi e volatili, che nemmeno la tostissima presidente del Consiglio Meloni riesce a mettere insieme, e i veri problemi del Paese spesso finiscono per lo meno in certe fasi nello sgabuzzino del dimenticatoio.
Tornando al libro del Vannacci, mi sono rifiutato di leggerlo! Onestamente ho cose più serie da fare. L’ho fatto, però, leggere da due ottimi giovani intellettuali con dottorato e da un serio professore della Academy Spadolini, che presiedo.  L’ho dovuto fare perché sono stato, tra l’altro, tempestato dalle chiamate di un dignitoso ex ministro di impronta, per certi versi inconsapevolmente populista, per certi versi un po’ cattolico-reazionaria. Presento di seguito il “referto” sul libro emerso dal confronto con testi alla mano tra me e i tre soggetti che (poverini!) lo hanno letto. Premetto però che la posizione più seria, rigorosa e dignitosa sulla questione mi sembra quella assunta dal ministro della Difesa Guido Crosetto in una lunga intervista concessa al Corriere della sera del 22 luglio. Veniamo al libro. Il più colto ed abituato alla lettura dei tre soggetti che ha analizzato il libro, mi ha riferito che le le parti migliori e di buonsenso sono sostanzialmente la volgarizzazione delle idee e dei concetti già espressi in un suo ultimo bel libro (“Scontenti”) da Marcello Veneziani, di cui condivido ben poco le idee, ma che ho sempre rispettato e considerato come uno dei migliori e più lucidi intellettuali della destra.
Il più attento alla questione dei diritti civili (un po’ come me), invece, mi ha evidenziato tra gli altri aspetti una frase (“Cari omosessuali, normali non lo siete, fatevene una ragione”). Ora io su queste cose la penso in modo molto differente dalla Schlein e non amo tutta questa enfatizzazione della sequenza Lgbtqi+ (e chi più ne ha più ne metta). Ormai ho sessantotto anni e i veri diritti civili io li difendevo, compresi quelli dei gay, sin da quando ero un giovane leader repubblicano, talvolta con la tessera radicale in tasca, su questioni cruciali per i diritti civili (si pensi, ad esempio, alle battaglie per i referendum sul divorzio e sull’aborto). In una fase in cui i comunisti cercavano con grande fatica di scoprire l’essenza dei diritti civili, mentre gran parte dei democristiani e della destra sappiamo bene come la pensavano su questi temi. Il terzo esperto lettore mi ha evidenziato, poi, che varie parti del libro sono attinte da qualche aspetto dei principali libri, ad impronta un po’ populista, di Giorgia Meloni e Matteo Salvini, (il quale, non a caso, sta cavalcando il pericoloso e ridicolo cancan del libro ancor più di qualche frangia più estrema di Fratelli d’Italia).
Non lo so se il presidente del Consiglio Giorgia Meloni che ha abbastanza ereditato il modello togliattiano del “partito di lotta e di governo” (ovviamente lei non fa “lotta” ma a quello ci pensano i Donzelli di turno), sta calcolando i possibili effetti positivi in termini elettorali e di consenso che possono derivare dal ridicolo e pericoloso tormentone in atto provocato da questa specie di libro scritto da un generale, mentre, invece, anche in questa fase la Schlein sembra solo trovare la dimensione di partito di “lotta”(seppur sembra aver trovato finalmente un tema di “governo” con la battaglia del salario minimo). Purtroppo tanti italiani, più o meno consapevoli, della loro impronta populistica e dilettantistica, stanno facendo circolare, nonostante abbiano letto meno libri di altri autori ben più seri, il libro di questo bravo generale, ma meno bravo scrittore.
Uno dei tre lettori esperti della Academy Spadolini mi ha poi evidenziato che è in corso un tentativo di sposalizio intellettuale di certe frange della destra populista con la nuova paraformazione di estrema destra di Alemanno, che sembra che stiano cavalcando gli effetti del ridicolo tam tam sul libro per accreditarsi con la frangia più estremista dell’elettorato di Fratelli d’Italia. Tra i tanti aspetti anche un giovane editore, che conosco da quando iniziò la sua attività editoriale a ventuno anni e che apprezzo, si è reso disposto a cavalcare l’onda e pubblicare il libro in questione, dato che fin qui è stato autopubblicato da un generale “folgorato” dalla voglia di fare lo scrittore.
Per non tediare il lettore proviamo a tracciare delle conclusioni provvisorie.
Primo, i problemi del Paese sono ben altri.
Secondo, è vero che in questo Paese si è perso un po’ il senso del dovere ma esistono e vanno tutelati anche i diritti civili. Forse il generale in questione non ha ben presente l’articolo 3 della Costituzione secondo cui: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Anche da ciò credo sia nata la preoccupazione del ministro della Difesa Crosetto, che deve pure garantire che i militari rispettino i principi fondamentali del dettato costituzionale e ha chiesto per questo una giusta istruttoria e verifica su questo ridicolo can can all’italiana e su questo libro in cui e su cui forse è scappata qualche parola di troppo in libertà.
Terzo, sarebbe il caso di tornare a discutere di cose serie e dei veri problemi degli italiani: dal “lavoro povero” al salario minimo e agli altri problemi che dovrebbero occupare l’agenda del governo della politica, dei giornali, dell’opinione pubblica e dei cittadini. Una parte dei quali forse potrebbe essere attratta da queste strane operazioni paratrumpiane all’italiana, per le quali però si agitano nel “soprasuolo” e “sottosuolo” della società pericolosi gruppi e movimenti che usano la clava dell’odio populista contro i “diversi”. Questi metodi di azioni hanno già portato il 50%-60% che nell’ultima tornata elettorale a non recarsi alle urne e che se si continua così fuggiranno man mano ancora di più da esse. Soprattutto di fronte ad un Paese che annovera troppi pulcinella, o arlecchini, o nuovi presunti condottieri, o populisti per certi versi non poco dilettanti anche in seno alla classe politica e giornalistica (e tra qualche scrittore), mentre i cittadini annaspano nelle città per cercare un autobus o non riescono ad arrivare alla fine del mese. Non spetta certo a me o all’Academy Spadolini dettare l’agenda, ma crediamo che su questa pietosa, ridicola, vicenda (figlia della perdurante miscela di populismo e dilettantismo arricchita da un po’ di opportunismo) sarebbe opportuno che si stendesse, finalmente, un pietoso velo di silenzio.


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