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Israele ha un ruolo chiave nel corridoio Indo Mediterraneo. L’analisi della Fdd

Il ruolo di Israele è centrale nel progetto Indo Mediterraneo dell’Imec. La Foundation for Defense of Democracies analizza come i processi di normalizzazione Gerusalemme-Riad, i rapporti Modi-Biden, e la stabilità mediorientale pesano sull’iniziativa lanciata al G20

Il 9 settembre, i leader mondiali hanno svelato gli ambiziosi piani per una rotta ferroviaria e marittima che si estenderebbe dall’India attraverso la penisola arabica fino a Israele. L’iniziativa, nota come “Corridoio economico India-Medio Oriente-Europa”, che su Formiche.net definiamo “Indo Mediterraneo”, è stata presentata durante il vertice del G20 ospitato a Nuova Delhi e ha ricevuto l’approvazione dell’amministrazione Biden. I suoi obiettivi principali includono la razionalizzazione degli scambi commerciali, la facilitazione del trasporto di risorse energetiche e il potenziamento della connettività digitale.

Sebbene l’attuazione del progetto sia ancora lontana nel tempo, esso rappresenta un’alternativa via terra al trasporto marittimo attraverso il Golfo e il Canale di Suez. Il piano prevede una rete ferroviaria completa che trasporterà le merci dall’Asia, passando per gli Emirati Arabi Uniti, l’Arabia Saudita e la Giordania, fino a raggiungere Israele. I porti israeliani del Mediterraneo svolgeranno poi un ruolo centrale nell’inoltro di queste merci verso l’Europa. Sul progetto sarebbe un valore aggiunto la normalizzazione delle relazioni tra Gerusalemme e Riad — ma potrebbero essere anche le opere stesse, vettore di collegamenti, a dare il loro contributo nel favorire il processo.

“Il presidente Joe Biden è saggio a collaborare con il primo ministro Narendra Modi per sfruttare l’ondata di crescita economica indiana a vantaggio dei Paesi del Medio Oriente allineati con gli interessi degli Stati Uniti. In un periodo di crescenti sabotaggi orchestrati dall’Iran contro le navi del Golfo, di crescente influenza regionale cinese e di occasionali ma costosi incidenti nel Canale di Suez, questo piano dimostra che le potenze mondiali stanno pensando ad alternative”,’spiega Mark Dubowitz, ceo della Foundation for Defense of Democracies (Fdd).

“Basta con la ‘One Belt One Road’ (uno dei nomi con cui viene chiamata la Nuova Via della Seta, ndr) Questa importante iniziativa prende spunto dal manuale cinese, ma rafforza anche gli importanti progressi compiuti dai Paesi del Medio Oriente verso la normalizzazione. Israele sarà un importante punto di snodo per questo vasto progetto con gli Stati arabi della regione. Ma non meno importante è la partecipazione dell’India, un Paese che si rivelerà indispensabile nella competizione americana con la Cina, aggiunge Jonathan Schanzer, vicepresidente senior di Fdd.

Il think tank neocon americano ha sempre un occhio di riguardo alle attività israeliane, e in effetti in questo caso il ruolo di Gerusalemme è cruciale. Senza il porto di Haifa integrato nel progetto sarebbe impossibile ricongiungere la porzione di corridoio India-Medio Oriente con quella verso l’Europa (dove l’Italia gioca la sua partita per farsi ricettore degli scali).

“Un accordo a tre tra Stati Uniti, Arabia Saudita e Israele sarebbe fondamentale per la regione e per la sicurezza americana. Sarebbe un importante contrasto all’influenza cinese e iraniana in Medio Oriente. Ma non dovrebbe avere il prezzo di dare il via libera alla proliferazione nucleare in Medio Oriente, come ha fatto un precedente accordo dell’amministrazione Obama con l’accordo nucleare iraniano del 2015”, commenta Richard Goldberg, consulente senior della Fdd.

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