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L’India si lega al Mediterraneo allargato. L’Italia è nel progetto

L’annuncio dell’Imec – l’infrastruttura che collegherà India, Medio Oriente ed Europa – è un colpo di scena geopolitico che (per quanto atteso) trasforma gli equilibri della connettività globale. L’Italia, come spiega Meloni dal G20, è parte del progetto. “L’accordo rappresenta il primo tentativo concreto di contrastare le strategie infrastrutturali cinesi”, spiega Rizzi (Ecfr) e per l’Italia si aprono due grandi opportunità 

Durante la riunione del G20, è stato presentato un ambizioso piano infrastrutturale per collegare l’India al Medio Oriente e all’Europa. Questo progetto trasformativo mira a stimolare la crescita economica e migliorare la cooperazione politica tra le nazioni partecipanti. Viene definito India-Middle Eas—Europe Economic Corridor, acronimo internazionale: Imec. In realtà il corridoio è doppio, biforcato in una porzione orientale che connette India e Golfo, e una settentrionale che collega il Golfo all’Europa.

Si inaugura con un’opera pratica il concetto di “Indo Mediterraneo”, ambito geostrategico con l’Italia al centro, in continuità e interconnessione con l’Indo Pacifico. Se ne sentirà parlare molto, perché di fatto coinvolge Paesi di primo livello negli affari internazionali, e il concetto in sé si muove su un asse globale alternativo alle mire strategiche cinesi. Il progetto stesso dell’Imec rappresenta un’alternativa alla Belt & Road Intiative (Bri), la grande infrastruttura geopolitica pensata dieci anni fa dal leader Xi Jinping per creare collegamenti con caratteristiche cinesi tra Oriente e Occidente.

“Questa è un’impresa monumentale”, ha sottolineato il presidente statunitense Joe Biden, che ha presentato l’opera in una sessione laterale al vertice alla presenza dei rappresentanti di Emirati Arabi Uniti (ideatori e motori del progetto: “Senza di te credo che non saremmo mai stati qui”, ha detto Biden al leader emiratino Mohammed bin Zayed), Arabia Saudita, India, Unione Europea, Francia, Germania e Italia. La “grandissima importanza” di cui Biden ha parlato assume un valore speciale per Roma.

Spazio per l’Italia

Il governo di Giorgia Meloni sta formalizzando l’uscita dalla Bri, pur mantenendo in piedi il partenariato strategico con la Cina — a cui si agganciano le relazioni sino-italiane. Avere la possibilità di essere già dentro Imec è un elemento positivo per Roma, che ha una connotazione geostrategica naturalmente centrale nel Mediteranneo (che di Imen è il punto arrivo finale e gancio verso il resto d’Europa).

In questo progetto l’Italia può “svolgere un ruolo decisivo, grazie anche alla forza della sue aziende, nei settori marittimo e ferroviario”, ha detto Meloni – e in effetti, realtà come Fincantieri o Ferrovie sono all’avanguardia nel settore, ma anche altre società possono portare exprtise di primissimo livello. Il corridoio proposto promette infatti di facilitare il commercio, agevolare il trasporto delle risorse energetiche, securatizzare le supply chain, creare cavi connessioni energetiche innovative, rafforzare la connettività digitale. Obiettivi che si prefissa anche la Bri, che è stata lanciata 10 anni fa ed è in fase di bilanci (non sempre positivi).

“L’accordo rappresenta il primo tentativo concreto di contrastare le strategie infrastrutturali cinesi e di dare sostanza a quella Partnerhsip for Global Infrastructure and Investments (Pgii) che dopo il suo lancio un anno fa era rimasta sostanzialmente sulla carta”, spiega Alberto Rizzi, esperto dì Geoeconomia dell’Ecfr.

La Pgii è uno sforzo collaborativo del G7 per finanziare progetti infrastrutturali nei paesi in via di sviluppo basati sui principi di fiducia del Blue Dot Network (Bdt), progetto congiunto tra Usa, Giappone e Australia che punta su investimenti per infrastrutture di alta qualità.  Biden ha già accolto con favore l’intenzione italiana di entrare nel comitato direttivo del Bdt. Il meccanismo ha l’intenzione di promuovere standard elevati negli investimenti infrastrutturali pubblico-privato in tutto il mondo. L’idea di fondo è spingere nuovi modelli rispetto a quelli cinesi che hanno mostrato debolezze dal punto di vista di efficienza e affidabilità (anche a livello politico, con molti Paesi che entrati in partnership sulla Bri si sono trovati stretti nelle cosiddette trappole del debito).

Per Rizzi, “rafforzare i collegamenti con l’India risulta fondamentale sia in ottica diplomatica, avvicinando Delhi a Bruxelles e Washington, sia economica, unendo il continente europeo al membro G20 con il più alto tasso di crescita”. Qual è il termine della sfida? “Se l’asse marittimo appare di semplice realizzazione, diverso è il discorso per quello ferroviario: le connessioni tra monarchie del Golfo sono già oggi in ritardo rispetto alla tabella di marcia e servirà un deciso cambio di passo”.

Tutto ciò apre due grandi opportunità per l’Italia: “Da un lato le sue aziende possono giocare un ruolo chiave nello sviluppo delle infrastrutture dei Paesi di transito e dall’altro la posizione permette di trasformare la penisola in una componente fondamentale del corridoio”, spiega Rizzi. “Un’ambizione che però si può realizzare solo completando l’interoperabilità tra porti e ferrovie, ad oggi ancora piuttosto limitata, specialmente al Sud”.

Tempi e costi del progetto

Il consigliere per la Sicurezza nazionale statunitense, Jake Sullivan, ha illustrato come questa rete si allinei alla visione dell’amministrazione Biden su investimenti estesi e di un’efficace leadership americana in collaborazione con altre nazioni. L’americano prevede che l’infrastruttura promuoverà lo sviluppo economico, favorirà l’unità tra le nazioni del Medio Oriente e trasformerà la regione in un polo economico, allontanandosi dalle sfide, dai conflitti e dalle crisi storiche. Chiaramente, nessuno degli attori ai tavoli è stato esplicito, per prima la Casa Bianca, ma è evidente l’offerta alternativa alle mire geopolitiche cinesi che Imec rappresenti anche nella narrazione strategica che l’accompagna.

Amos Hochstein, uno dei più nevralgici consiglieri del presidente Biden con il compito di coordinatore l’Infrastruttura globale e la sicurezza energetica, ha fornito una tempistica approssimativa: Imec sarà avviato de facto il prossimo anno. Nei prossimi 60 giorni, i gruppi di lavoro svilupperanno un piano completo e stabiliranno le tempistiche più dettagliatamente, spiegano le fonti: la fase iniziale si concentrerà sull’individuazione delle aree che necessitano di investimenti e sulla connessione dell’infrastruttura fisica tra i Paesi. La previsione è che i piani possano essere messi in atto nell’arco dell’anno successivo, seguiti dalla sicurezza dei finanziamenti e dall’avvio della costruzione.

Anche la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha accolto con favore l’iniziativa, sottolineando il suo potenziale per aumentare il commercio reciproco e la fiducia. Von der Leyen ha descritto l’iniziativa come un “ponte verde e digitale tra continenti e civiltà”, evidenziando anche l’inclusione di cavi per la trasmissione di elettricità e dati. Inoltre, ha presentato un “Corridoio Transafricano” che collega il porto angolano di Lobito a zone senza sbocco sulla costa nella Repubblica Democratica del Congo e alle regioni minerarie di rame dello Zambia.

Queste iniziative, così come il Global Gateway europeo, sono modelli e proposte di cooperazione tra il Nord e il Sud del Mondo. Anche per questo, tenendo a mente l’idea del Piano Mattei e il tema del prossimo G7 (che sarà proprio quel contatto col Global South, su cui anche il G20 indiano ha avuto un focus), per l’Italia assumono altissimo valore. Ancora di più se si considerano che l’Inda è tra gli attori protagonisti: per Roma, che in primavera ha innalzato i rapporti con New Delhi a livello di strategic partnership, l’India è già sponda di progetti di connessione (un esempio il Blue Raman, progetto di connessione Sparkle-Google per connettere tramite cavi sottomarini l’Europa e il Subcontinente).

Oltre che digitalmente, il corridoio ferroviario e marittimo Imec promette di collegare fisicamente vaste regioni del mondo, promuovendo anche il commercio di prodotti energetici come l’idrogeno. I dettagli sul costo e sul finanziamento del progetto rimangono non divulgati, ma il principe ereditario dell’Arabia Saudita, Mohammed bin Salman, ha menzionato una cifra di 20 miliardi di dollari durante l’annuncio. Non è chiaro se questa cifra rappresenti l’impegno esclusivo dell’Arabia Saudita.

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