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Il viaggio di Meloni in Libano guarda alle crisi globali. La versione di Pirozzi

Nicoletta Pirozzi, responsabile del programma Ue, politica e istituzioni dell’Istituto Affari Internazionali: “La visita mira da una parte a ribadire la presenza internazionale in un’area calda, quella al confine con Israele, in cui da sempre l’Italia è presente con la missione Unifil. E dall’altra anche a livello bilaterale un sostegno alla sicurezza del Libano, con un appello ad evitare l’escalation”

“Sono giorni difficili in Medio Oriente, in Europa, sono giorni difficili a livello mondiale. Intere aree del pianeta si sono di colpo incendiate e quando c’è un incendio il rischio è sempre lo stesso, che le fiamme volino troppo velocemente da un albero all’altro e che alla fine l’incendio non si riesca a domare”. Questa la metafora scelta da Giorgia Meloni dinanzi ai contingenti militari italiani operanti in Libano, a conclusione della visita di due giorni che l’ha vista incontrare il primo ministro della Repubblica libanese, Najib Mikati.

Qui Beirut

Il bilaterale è servito per ribadire la vicinanza italiana al Paese accanto allo sforzo teso ad impedire che il conflitto a Gaza si allarghi a macchia d’olio, in un’area già zavorrata da molteplici problematiche come la crisi finanziaria, il ruolo ideologico di Hezbollah, gli effetti non ancora sopiti della crisi del grano post guerra in Ucraina. “Dobbiamo fare tutto il possibile – ha detto la premier ai militari italiani – siete parte di quel possibile, siete il fossato, la barriera di sabbia che aiuta a non far progredire l’incendio”.

La cooperazione allo sviluppo è il primo step dell’impegno tradizionale italiano, settore dove Roma è leader. Accanto a ciò spiccano gli elementi dell’agenda bilaterale, con la volontà di aumentare l’interscambio commerciale e il coordinamento delle politiche migratorie nel Mediterraneo.

Rispetto e autorevolezza

Non può esserci pace se non c’è anche il rispetto, ha osservato la premier, nella consapevolezza che il rispetto che l’Italia è riuscita a costruire in Nazioni e territori come questi, “è garantito dalla professionalità e dall’umanità, dalla capacità di essere competenti, ma anche dalla capacità di saper guardare al bisogno degli altri: è la carta d’identità del nostro orgoglio, è la base dell’autorevolezza che l’Italia ha costruito nel mondo e che consente a persone come noi, come me, di far valere gli interessi italiani, perché buona parte del nome che noi abbiamo in contesti come questo, la gran parte è costruito dal lavoro che voi fate ogni giorno”.

Giorgia Meloni ha inoltre pranzato con militari in Libano, trovando anche il tempo di una partita a calcio balilla durante la sua visita ai contingenti italiani della missione Onu Unifil e di quella bilaterale Mibil.

Escalation e solidarietà

La visita della presidente del Consiglio a Beirut è coincisa con lo “scambio” di missili tra Hezbollah e Israele: la posizione italiana può favorire il dialogo anche coinvolgendo il corridoio di pace che tocca Cipro? Secondo Nicoletta Pirozzi, responsabile del programma “Ue, politica e istituzioni” dell’Istituto Affari Internazionali, dal punto di vista della mediazione nel conflitto è difficile ipotizzare un ruolo italiano che riesca in qualche modo a cambiare le sorti del conflitto in atto: “Purtroppo abbiamo visto come nemmeno un azionista di maggioranza come gli Stati Uniti è stato in grado di frenare l’azione israeliana a Gaza. C’è stata tra l’altro questa risoluzione importantissima alle Nazioni Unite in cui gli Stati Uniti, per la prima volta, si sono astenuti che ha chiesto il cessate il fuoco immediato e nemmeno questo ha sortito gli effetti sperati”.

E da parte europea? “Nonostante la posizione molto chiara dell’Alto rappresentante come anche di alcuni Paesi, tra cui Spagna Irlanda, che sono stati quelli più attivi su tale questione, non si è riusciti di fatto a incidere in nessun modo sull’operato di Netanyahu. Dal punto di vista italiano la visita mira da una parte a ribadire la presenza internazionale in un’area calda, quella al confine con Israele, in cui da sempre l’Italia è presente con la missione Unifil; e dall’altra anche a livello bilaterale un sostegno alla sicurezza del Libano, con un appello ad evitare l’escalation che coinvolga anche questo Paese. Insomma, una mano tesa per quello che riguarda la gestione interna legata alla questione dei rifugiati: il ruolo italiano va interpretato in questa chiave, ma dal punto di vista politico non penso che sia in grado di spostare in maniera significativa le carte in tavola”.

Crisi sociale, prima che geopolitica

Il Libano, ha detto la presidente del Consiglio, ha un ruolo fondamentale per gli equilibri della regione. Al di là del conflitto in corso a Gaza, come gestire in maniera geopolitica il ruolo di Hezbollah, le relazioni con altri Paesi e soprattutto le dinamiche sociali in un fazzoletto di Mediterraneo che, nell’ultimo biennio, è stato colpito più di altri dalla crisi del grano, elemento forse finito in secondo piano?

Secondo Pirozzi quella è stata veramente una crisi di proporzioni drammatiche: “Credo che sulle ricadute della guerra in Ucraina nella regione si giochi anche la stabilità dell’area, tant’è vero che in questo senso si sono mosse le Nazioni Unite al fine di creare dei corridoi umanitari che garantissero quantomeno le forniture di grano ai Paesi della regione che ne avevano maggiormente bisogno. Per cui, in questo senso, un’azione da parte dell’Italia sarebbe auspicabile, anche perché ci permetterebbe di unire l’impegno che non può arretrare per la guerra in Ucraina a sostegno del governo di Kiev, con un’attenzione che noi necessariamente dobbiamo avere, vista la nostra collocazione geografica per l’area del Mediterraneo e l’area del Medio Oriente. Questi saranno sicuramente dei dossier da tenere in molta considerazione”.

Libano e Piano Mattei

“Il fatto che la presidente del Consiglio abbia deciso di fare questa visita dimostra un’attenzione dell’Italia verso questo Paese che svolge un ruolo chiave nell’ambito del Mediterraneo allargato  – aggiunge -. Tradizionalmente in passato diversi presidenti del Consiglio e ministri della Difesa hanno fatto visita anche alle truppe italiane in Libano, però in questo frangente la visita assume un significato del tutto particolare, sia per il conflitto a Gaza sia per le prospettive legate alla questione migratoria e più in generale alla stabilità dell’area del Mediterraneo allargato”.

Come il Piano Mattei potrà allacciarsi in questa direzione? Secondo Pirozzi è difficile dire oggi quali sono i Paesi chiave dal punto di vista degli obiettivi e quali saranno i progetti di maggiore importanza all’interno del piano stesso: “L’Italia da sola può fare ben poco, ma è ovviamente un’iniziativa importante da parte italiana: da una parte va arricchita di contenuti e di risorse finanziarie e dall’altra va affiancata dalla sponda necessaria in Europa per far sì che questo piano diventi veramente un’iniziativa e in grado di cambiare la situazione sul terreno. Per farlo ci serve l’appoggio di altre capitali europee e anche delle istituzioni europee”, conclude.

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