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Cosa racconta la doppia guerra di Putin e Kirill. Scrive Polillo

Abbandonata del tutto ogni visione universalista, la chiesa di Mosca si rinchiude all’interno dei propri confini, proponendo una lotta senza quartiere contro i nuovi “infedeli”. Quell’Occidente cosmopolita e libero che, nel nome della modernità, viola le vecchie ortodossie. Nella vicenda europea il grido “Gott mit uns” (Dio è con noi) è risuonato più volte. Ed ogni volta con danni incalcolabili

A volte i ricorsi storici, come neri uccellacci, tornano sull’orizzonte del mondo. Eravamo abituati a considerare il cristianesimo, grazie soprattutto alla predicazione di Papa Francesco, come un’oasi di pace. Anche quando certe parole d’ordine uscivano dal lessico del “politicamente corretto”. Le recenti affermazioni di Kirill, l’arcivescovo ortodosso, sedicesimo Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, nonché capo della relativa Chiesa, ci riportano, invece, alla realtà. E mentre Vladimir Putin ordina l’arruolamento obbligatorio di oltre 147 mila unità. Il Patriarca gli viene in soccorso invocando la “guerra santa” per giungere “alla liberazione nazionale… nella Russia sud-occidentale”. Vale a dire l’Ucraina. E difendere Santa Madre Russia dalla contaminazione di un Occidente globalista “caduto nel satanismo”.

L’atto conciliare, che racchiude questa presa di posizione, ha come titolo il “Presente e futuro del mondo russo”, ed è stato approvato il 27 marzo nella Sala dei Sinodi ecclesiastici della Cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca. A pochi giorni dall’attentato rivendicato dall’Isis-K, gli ecclesiastici ortodossi, come riporta il quotidiano l’Avvenire, sostengono che il popolo russo «difende armi in pugno la propria vita, la libertà, la statualità, l’identità civile, religiosa, nazionale e culturale, nonché il diritto di vivere sulla propria terra entro i confini dello Stato russo unito». Confini estesi all’Ucraina, la quale “dopo il completamento dell’Operazione militare speciale” dovrà “entrare in una zona di influenza esclusiva della Russia”. Ed il relativo governo dipendere dalle decisioni del Cremlino.

Dopo la Jihād islamica, nella sua concezione più estrema, anche la chiesa di Mosca si incammina lungo la stessa strada. Abbandonata del tutto ogni visione universalista, si rinchiude all’interno dei propri confini, proponendo una lotta senza quartiere contro i nuovi “infedeli”. Quell’Occidente cosmopolita e libero che, nel nome della modernità, viola le vecchie ortodossie. Non è la prima volta che questo accade. Ecco i “ricorsi storici”. Nella vicenda europea il grido “Gott mit uns” (Dio è con noi) è risuonato più volte. Ed ogni volta con danni incalcolabili.

La sua prima apparizione (anno mille) coincise con la Terza Crociata, circostanza che dovrebbe far correre un brivido lungo la schiena. Fu quindi l’emblema dell’Ordine teutonico (Ordine dei Fratelli della Casa di Santa Maria dei Tedeschi in Gerusalemme), per poi divenire il motto del Re di Prussia ed infine degli Imperatori di Germania. Caduti questi ultimi, con la fine della Prima guerra mondiale, rimase impresso, con piccole varianti, nelle fibbie dei cinturoni della Reichswehr, il piccolo esercito della Repubblica di Weimar. Per poi passare direttamente nelle uniformi delle SS tedesche. Che aggiunsero la svastica ai piedi dell’aquila imperiale.

Questa lugubre simbologia la dice lunga sui pericoli che il mondo corre, dopo la nuova invocazione di Kirill. Per la sua natura, la “guerra santa” comunque declinata, è quanto di più inumano possa esistere. Non siamo solo allo scontro armato. Siamo alle uccisioni di massa in nome di un proprio Dio. Al genocidio, allo sterminio degli infedeli, agli orrori di Busha, con il supplemento di torture e le mille nefandezze testimoniate dalla storia. Così fin dai tempi di Pietro l’Eremita con la sua invocazione – “Deus lo volt“ – che scandì il tempo delle Crociate per la liberazione del Santo Sepolcro.

Sorprende, quindi, ma fino ad un certo punto, che un uomo di Chiesa, per giunta cristiano, possa evocarla con tanta leggerezza. Ma il caso del Patriarca di tutte le Russia fa storia a sé. La sua avversione nei confronti di un’Ucraina non soggiogata data da tempo: al punto da giustificare pienamente quello scisma che, già nell’ottobre del 2018, lo portò a rompere con il Patriarcato di Costantinopoli. Colpevole, quest’ultimo, di aver concesso l‘autocefalia (indipendenza) alla Chiesa ortodossa di Kyiv. In precedenza (dalla fine del 1600) dipendente in tutto e per tutto dalle gerarchie moscovite. L’eventuale rioccupazione dell’Ucraina, da parte delle truppe di Putin, pertanto altro non sarebbe che un ritorno agli antichi splendori.

Altro che libera Chiesa in libero Stato. Il credo di tutti i regimi liberali. In Santa Madre Russia l’intreccio, come si vede, è pervasivo ed indissolubile. Stato e Chiesa, dopo quasi cento anni di “socialismo realizzato”, colpiscono all’unisono, muovendosi in sintonia. Per Kirill, poi, secondo una sua celebre omelia che risale a pochi giorni prima dell’invasione (6 marzo 2022), tra l’altro condannata dal Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I, “l’operazione militare speciale” era qualcosa che andava “oltre le convinzioni politiche” per scivolare nel lirismo del misticismo. “Ci troviamo – aveva detto – in una guerra che ha assunto un significato metafisico. Le parate dei gay dimostrano che il peccato è una variabile del comportamento umano. Questa guerra è contro chi sostiene i gay, come il mondo occidentale, e ha cercato di distruggere il Donbass solo perché questa terra oppone un fondamentale rifiuto ai cosiddetti valori di chi rivendica il potere mondiale”.

Di nuovo sacro e profano che si intrecciano e si confondono, diventando un potente strumento di comunicazione di massa. Mentre cresce lo scarto rispetto alla predicazione di Papa Francesco. Sullo sfondo, per altro, l’interrogativo non risolto. Qual’è il prima e quale il dopo? È la politica che governa i processi oppure li subisce, ponendosi al servizio di una predicazione dal sapore passatista? La domanda va posta soprattutto a coloro che in Italia si affannano nel giustificare le azioni di Putin. Credono di essere gli eredi di una nobile tradizione antimperialista ed invece sono solo degli ingenui sanfedisti.

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