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Tutte le ragioni per cui la flotta ombra di Mosca è un problema

L’operato della flotta ombra di Mosca ha attirato le attenzioni e le preoccupazioni di vari attori trasversali a differenti domini. Ognuno dei quali ha i propri interessi nel contrastarla

Una flotta parallela, composta da circa 1.400 imbarcazioni la cui proprietà non è ben chiara, che opera nel tentativo di aggirare le sanzioni imposte alla Federazione Russa dal resto del mondo. La shadow fleet di Mosca è uno degli strumenti più importanti impiegati dal Cremlino per sostenere la sua “economia di guerra”: grazie ad essa, Mosca continua a vendere il proprio combustibile fossile ai compratori disposti ad acquistarlo, ignorando sia l’embargo che il price cap promossi dal blocco occidentale.

L’operare di questa moderna flotta corsara non è passato però inosservato. Già nel 2023, il G7 aveva preso formalmente posizione contro la “flotta ombra” russa. Mentre in questi giorni è l’Unione europea a metterla nel mirino: a margine della riunione del Consiglio affari esteri in Lussemburgo, il ministro degli Esteri svedese Tobias Billström ha infatti dichiarato a Politico che “è giunto il momento di porre fine a questa situazione” e che la Commissione europea esaminerà varie modalità per contrastare la flotta petrolifera parallela della Russia nell’ambito del prossimo pacchetto di sanzioni. Secondo Billström, la Commissione europea e il braccio diplomatico dell’Ue ora “si siederanno e faranno un esame approfondito di tutti gli elementi della flotta ombra e di ciò che può essere fatto” prima che la Commissione faccia rapporto al Consiglio europeo. Il ministro svedese paventa come possibilità quella di intraprendere “azioni contro i proprietari, gli operatori e le compagnie di assicurazione di [qualsiasi] Paese terzo che la Russia oggi utilizza per rendere possibile la flotta ombra”. Azioni drastiche come il blocco dell’accesso acque europee per le navi della shadow fleet non sarebbero prese in considerazione, poiché potrebbero essere interpretate da Mosca secondo una logica di escalation.

Nelle ultime settimane, le attività della flotta hanno registrato un incremento nell’area appena fuori dall’isola svedese di Gotland, sul Mar Baltico. Attirando l’attenzione della Nato, per la sensibilità strategica che ricopre il settore (l’isola di Gotland è, dopo l’integrazione della Svezia, uno die punti focali della postura militare Nato nel bacino del Baltico) ma anche dei gruppi ambientalisti come Greenpeace. La minaccia rappresentata dalla flotta ombra di Mosca è infatti anche di carattere ambientale: le attività di trasbordo illegali del petrolio, non regolamentate e assolutamente irrispettose degli standard, rischiano di causare un eco-disastro. A questo si aggiungono i rischi, tanto economici quanto ambientali, legati a possibili speronamenti da parte delle navi fantasma di Mosca. Elisabeth Braw, in un intervento su Foreign Policy, ha sottolineato come simili incidenti siano già stati registrati in prossimità di Danimarca e Svezia, fortunatamente senza conseguenze di carattere ecologico, probabilmente poiché i serbatoi di questi vascelli erano già stati svuotati. Ma il rischio di incidenti futuri rimane alto.

“Questa [la flotta ombra] è quanto di più sbagliato ci possa essere. Non solo la flotta ombra costituisce una minaccia ambientale immediata, ma sta anche alimentando la guerra della Russia contro l’Ucraina” ha dichiarato in un comunicato stampa Rolf Lindahl, responsabile della campagna per la pace e l’energia di Greenpeace Nordic, che in una conversazione telefonica con Braw ha ribadito che la missione della sua campagna “Al momento è quella di attirare l’attenzione su questo problema e fare pressione sui nostri governi per fermare le navi ombra. Sin dall’invasione su larga scala dell’Ucraina, abbiamo richiamato l’attenzione sul trasporto di combustibili fossili da parte della Russia. È un grosso problema per la nostra regione, soprattutto perché gran parte della flotta ombra russa naviga nel Mar Baltico”.

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