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Raid coreografico contro Israele. L’Iran salva la faccia, ma adesso?

L’azione iraniana è stata studiata appositamente per non essere incisiva. Il 99% dei missili e dei droni lanciati contro Israele sono stati intercettati. Washington vuole il controllo della situazione e chiede una riunione del G7. Cina e Russia fanno eco alla narrazione dell’Iran

Come previsto, la rappresaglia iraniana contro lo schiaffo subito col raid all’ambasciata di Damasco, c’è stata. Ma, altrettanto secondo previsioni, l’attacco contro Israele è stato tanto coreografico quanto telegrafato. Al punto che il 99% degli oltre trecento tra missili (da crociera e balistici) e droni lanciati verso il territorio israeliano è stato intercettato. E non è solo bravura israeliana — e/o americana, perché gli Stati Uniti e altri Paesi alleati hanno partecipato attivamente alla difesa aerea dello Stato ebraico. C’è anche un limite iraniano. Lanciare droni one-way che viaggiano a meno di 200 km/h da oltre mille chilometri, a una quota medio-bassa al punto che le immagini del loro viaggio di rappresaglia vengono riprese e postate sui social network live, non rende così complicata l’intercettazione. Ma l’attacco non è stato solo simbolico.

Secondo la ricostruzione definitiva delle Forze armate israeliane (che hanno aggiornato costantemente la popolazione, visto che c’è stato tempo e tutt’altro che sorpresa), l’Iran ha lanciato 170 droni su Israele e nessuno è entrato nello spazio aereo israeliano. Sono stati tutti abbattuti al di fuori dei confini del Paese da Israele e dai suoi alleati. Altri 30 missili da crociera sono stati lanciati, e nessuno è entrato nello spazio aereo israeliano. L’Iran ha sparato 120 missili balistici — serviti a dire che Teheran stava facendo sul serio. Alcuni di questi sono riusciti a bypassare le difese israeliane, colpendo la base aerea di Nevatim nel sud di Israele. Sono stati causati lievi danni alle infrastrutture, ma la base aerea funziona come al solito. Un’aliquota minima dell’attacco è stata lanciata da Iraq e Yemen.

Con l’azione, l’Iran manda un messaggio internazionale: lo abbiamo fatto per i fanatici a Teheran e per dimostrare che non arretriamo, ma siamo stati responsabili evitando danni importanti. Lo sono stati realmente? Sarà da vedere le ricostruzioni successive sulle traiettorie, complicate da fare in piena emergenza. La macchina della propaganda fa il resto: le fanfare del regime dicono che le armi iraniane hanno “distrutto obiettivi militari chiave” israeliani, ma i danni sono minori. E però, la narrazione iraniana trova sponda tra gli amici del gruppo revisionista: Cina e  Russia raccontano l’accaduto secondo le loro verità, che fanno spesso eco a quelle iraniane per spirito anti-occidentalista. Al punto che Pechino, sommando rapidamente dalla critiche, ha dovuto cancellare un post su X del Global Times — media del Partito in inglese che vanta sufficiente credibilità quando diffonde la narrazione guidata — perché aveva un po’ esagerato nel suggerire che fantomatiche “organizzazioni internazionali” avevano forzato la mano iraniana.

Attualmente resta chiuso lo spazio aereo di Iraq, Giordania, mentre Libano e Israele lo hanno riaperto alle 4:00 (seguendo gli orari diffusi nella Notam di ieri notte), e anche questo è un effetto della guerra nella Striscia e della crisi regionale sulla connettività indo-mediterranea — già destabilizzata via mare dagli attacchi degli Houthi contro i mercantili che viaggiano tra Europa e Asia usando il Mar Rosso. È un effetto minimo, dovuto, ma che impatta già su migliaia e migliaia di persone. Ma è una necessità visto che i cieli di quei quattro Paesi sono stati quelli su cui sono stati intercettati i vettori iraniani (anche attraverso i sistemi Aegis delle navi americane e alleate nella regione). E potrebbero essere quelli in cui passeranno gli altri vettori della reazione israeliana. Ed è questo il dilemma: come reagirà il governo di Benjamin Netanyahu, già impegnato nel gestire la narrazione sulla guerra di Gaza e non può a sua volta rischiare di sembrare debole? Oppure gestire l’ira anche sotto certe pressioni?

Domande che hanno una serie di complessità, ma forse già una prima risposta: la reazione potrebbe non essere supportata dagli Stati Uniti. Secondo Axios, sarebbe stato questo uno dei contenuti che Joe Biden ha trasmesso a Netanyahu durante una telefonata che c’è stata nella notte, mentre l’attacco era in divenire e le unità americane aiutavano nella difesa di Israele. Washington vuole evitare l’escalation da sempre, dunque la posizione statunitense non è sorprendente. Anche perché l’azione iraniana è stata studiata appositamente per creare questa risposta da Washington (che davanti a un attacco più corposo, con maggiori danni e vittime, avrebbe potuto prendere decisioni diverse).

L’uscita di queste informazioni — “Biden e i suoi consiglieri senior sono molto preoccupati che una risposta israeliana all’attacco dell’Iran a Israele porterebbe a una guerra regionale con conseguenze catastrofiche” — segue una ratio del tutto simile a quelle di intelligence fatte circolare sull’attacco iraniano. Infowar per evitare effetti a sorpresa e dissuadere, mitigare in anticipo le ambizioni delle parti. Biden avrebbe detto a Netanyahu che gli sforzi difensivi congiunti di Israele, Stati Uniti e altri Paesi della regione hanno portato al fallimento dell’attacco iraniano: “Hai vinto. Prenditi la vittoria”. Ossia, evitiamo di andare oltre (per esempio un contrattacco diretto alle infrastrutture dove l’Iran porta avanti il programma nucleare?) perché è la stabilità della regione a richiederlo — e la nnota diffusa dall’Arabia Saudita, condivisa dal Consiglio di cooperazione del Golfo, su questo parla chiaro. 

Anche il segretario alla Difesa statunitense, Lloyd Austin, avrebbe parlato sabato con la sua controparte israeliana, Yoav Gallant, e ha chiesto a Israele di notificare in anticipo agli Stati Uniti qualsiasi risposta contro l’Iran — l’anticipazione serve per poter dare suggerimenti o freni anche last minute. Biden ha chiesto alla presidenza del G7, che quest’anno tocca all’Italia, una riunione di emergenza che secondo le fonti ci sarà già oggi, domenica 14 aprile, in videocall. L’obiettivo è coordinare una risposta diplomatica congiunta al fine di evitare l’escalation, la guerra regionale potenzialmente mondiale. “Il mio team si impegnerà con le controparti in tutta la regione. E resteremo in stretto contatto con i leader israeliani”, ha detto la Casa Bianca in una dichiarazione sull’accaduto.



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