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Erdogan bussa ai Brics, che succede al rapporto con la Nato?

Secondo alcune fonti la Turchia, frustrata dalla mancanza di progressi nella sua adesione all’Unione Europea, guarderebbe all’alleanza Brics per costruire e creare nuovi legami che vadano al di là delle relazioni con l’Occidente

Che Recep Tayyip Erdoğan guardi da tempo, con interesse strategico, ad un nuovo baricentro geopolitico è cosa nota: le nuove economie sviluppate appartengono ad un quadrante che si trova stabilmente nel continente asiatico. Da qui però ad abbracciare ufficialmente la causa dell’alleanza Brics se, da un lato, il passo potrebbe essere breve, dall’altro innescherebbe una serie di reazioni in ordine alla bivalenza geopolitica di Ankara.

Tra Oriente e Occidente

Dopo le prime indiscrezioni risalenti al giugno scorso, secondo alcune fonti la Turchia, frustrata dalla mancanza di progressi nella sua adesione all’Unione Europea, guarderebbe all’alleanza Brics per costruire creare nuovi legami che vadano al di là delle relazioni con l’occidente. Bloomberg riferisce che la Turchia ha presentato ufficialmente domanda di adesione, anche a causa di una serie di divergenze con gli altri membri della Nato. Mossa che, in qualche misura è confermata dalle dichiarazioni di Erdogan secondo cui la Turchia può diventare “un Paese forte, prospero, prestigioso ed efficace se migliora le sue relazioni con l’Oriente e l’Occidente simultaneamente e qualsiasi metodo diverso da questo non avvantaggerà la Turchia, ma la danneggerà”. Se la cosa dovesse concretizzarsi davvero, la Turchia sarebbe il primo paese della Nato ad aderire alla Brics.

Verso i Brics

I legami di Ankara con Mosca rappresentano un tema di dibattito nell’alleanza atlantica, anche se di fatto l’alleanza Brics è un conclave solo economico, a differenza della Nato: ma dal momento che le traiettorie geopolitiche sono mutate anche a causa dell’inserimento dell’economia nel paniere dei temi più strategici, ecco che le relazioni complessive con l’occidente potrebbero avere delle conseguenze. Non va dimenticato che il ministro degli Esteri turco Hakan Fidan è stato il funzionario turco più incline alle relazioni con la Cina.

Tra i Brics ci sono Cina, Brasile, Russia, India e Sudafrica. Da quest’anno ci sono quattro nuovi membri: Iran, Emirati Arabi Uniti, Etiopia ed Egitto. L’Arabia Saudita è stata invitata a unirsi. Si considerano un’alternativa al G7, per questa ragione la richiesta turca è stata un argomento di discussione all’ultimo vertice Brics di Nizhny Novgorod.

Scenari

Scorrendo le dichiarazioni ufficiali del Cremlino già nella scorsa primavera la Russia aveva accolto con favore l’intenzione della Turchia di entrare a far parte del gruppo di nazioni, come affermato dal portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, secondo cui esiste un forte interesse nei confronti dei Brics da parte di vari stati.

Inoltre le relazioni politiche ed economiche della Turchia con Cina e Russia sono solidissime. Ankara e Pechino hanno in comune un intenso lavoro in settori cardine come energia, commercio e cooperazione militare. Nel 2022 gli investimenti diretti esteri cinesi in Turchia hanno raggiunto i 1,7 miliardi di dollari, fondamentali per calmierare i riflessi nella svalutazione della moneta turca, la lira, che ha raggiunto un minimo storico di 33 per dollaro due anni fa. Tra le nuove iniziative spicca la decisione del produttore cinese di auto elettriche, Byd, di investire 1 miliardo di dollari in un nuovo stabilimento in Turchia per produrre 150.000 veicoli elettrici e ibridi all’anno. Lo stabilimento aprirà entro il 2026. Senza dimenticare che Erdogan è stato tra i primi ad aderire alla Belt and Road Initiative di Pechino nel 2015.

Alla voce energia va citato il nuovo progetto per una centrale nucleare (la terza) nella regione turca della Tracia orientale, a Kirklareli, che porterà fisiologicamente a nuove tensioni con gli Stati Uniti che stanno sanzionando le aziende (anche turche) che aiutano la Russia. Inoltre già in Turchia è in costruzione la centrale nucleare ad opera della russa Rosatom, con conseguente appendice di effetti sia sull’accordo del grano (ostracizzato da Mosca) sia sul dossier energetico, visto che la Russia sta realizzando una base navale in Libia, lì dove Erdogan è il nuovo ras.



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