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Il rischio è dar fuoco alla regione. Monito di Parsi contro i doppi standard in Medio Oriente

Conversazione con l’analista e docente della Cattolica: “Nessuno mette in discussione il diritto di Israele a difendersi contro Hamas. Ed è ovvio che questa distinzione tra la situazione russa e la situazione israeliana deve essere sempre tenuta presente. Dopodiché però le modalità con cui Israele ha reagito e la strage infinita di palestinesi ricordano esattamente come si muove Putin in Ucraina. G7 e Stati Uniti possono fare pressione su Israele perché mostri moderazione estrema nei confronti dell’Iran, perché lì è la chiave di volta rispetto alla de-escalation. Ma se Israele colpirà l’Iran, allora si andrà avanti”

Pur condividendo il diritto di Israele a difendersi, credo che ad oggi la reazione di Tel Aviv vale quella di Putin. Così a Formiche.net il prof. Vittorio Emanuele Parsi, docente alla Cattolica di Milano, saggista e autore per Bompiani del volume “Madre Patria” che, partendo dalla situazione dei militari italiani in Libano, analizza cause ed effetti della crisi in Medio Oriente.

Una de-escalation in Libano è possibile o, al momento, altamente improbabile?

La de-escalation in Libano secondo me passa per una tregua a Gaza: tutto è iniziato con Gaza e tutto deve essere ricondotto lì anche perché significherebbe ricontestualizzare tutta questa enorme crisi. alla sua origine, ovvero alle conseguenze del 7 ottobre. Non dimentichiamo che Hezbollah ha iniziato la sua campagna missilistica in sostegno a una tregua su Gaza. E sembra quello il punto d’attacco.

Quali rischi corrono i nostri militari impegnati nella missione Unifil in Libano? Il governo ne chiede il rafforzamento. In che termini e con quali poteri?

I rischi ci sono, perché se gli israeliani dovessero intensificare l’offensiva di terra, è chiaro che le truppe dell’Unifil che sono lì rischierebbero molto. Non dimentichiamoci che nella guerra del ’78 gli israeliani fecero diversi morti tra le truppe Unifil, se ne parlò poco perché erano di Samoa e delle isole del Pacifico. La proposta di rafforzare il mandato è stata avanzata anche dal governo libanese che pensa di essere nelle condizioni di applicare la risoluzione 1701. Vista la debolezza di Hezbollah va capito che quella risoluzione prevede sempre l’appoggio delle truppe Unifil alle Autorità libanesi su loro richiesta. Magari le condizioni sono cambiate, ma questo significa che se Hezbollah resisterà Unifil si ritroverà coinvolto negli scontri a fuoco: ciò deve essere molto chiaro. Questo è il punto: la risoluzione venne fatta così perché c’era un governo diverso a Beirut. In quel momento c’era una Commissione internazionale d’inchiesta che ancora esiste in teoria ed Hezbollah era molto all’angolo.

Quale il ruolo del G7 e quale quello degli attori regionali come Giordania, Siria, Egitto e Turchia?

G7 e Stati Uniti possono fare pressione su Israele perché interrompa l’azione nei confronti del Libano e mostri moderazione estrema nei confronti dell’Iran, perché lì è la chiave di volta rispetto alla de-escalation. Ma se Israele colpirà l’Iran, allora si andrà avanti. Quindi siccome in questo momento la palla è nel campo di Israele, bisognerebbe iniziare a convincere Israele giocando sul fatto che l’apparato di difesa israeliano, sostenuto quello americano e integrato da quello dei Paesi della regione, ha limitato in maniera significativa i danni. Non riuscire a far questo sarebbe un problema. Gli altri Paesi della regione hanno interesse a chiudere la partita con l’Iran, ma non credo a qualunque costo. Il punto non è che non siamo affezionati alla Repubblica islamica iraniana, che è un regime che conosciamo tutti per essere barbaro, ma che se con l’obiettivo di eliminarla si avviasse la strategia di dar fuoco alla regione. In quel caso francamente mi sembrerebbe che siamo fuori dalla grazia di Dio e mi stupisce che non ci sia una sostanziale preoccupazione intorno a questo elemento.

Dopo le bombe potrebbe risvegliarsi il terrorismo internazionale?

È già accaduto. Dopo 42.000 morti, che forse sono già diventati 43.000 adesso a Gaza, come si può pensare che non ci sarà qualcuno che raccoglierà nella sua maniera criminale la vendetta per i figli umiliati e offesi? Tanto più noi mostreremo un doppio standard, tra quello che giustamente applichiamo nei confronti di Putin e quello che incomprensibilmente non applichiamo nei confronti di Tel Aviv, tanto più in molti nel mondo diranno che siamo complici. Nessuno mette in discussione il diritto di Israele a difendersi contro Hamas. Ed è ovvio che questa distinzione tra la situazione russa e la situazione israeliana deve essere sempre tenuta presente. Dopodiché però le modalità con cui Israele ha reagito e la strage infinita di palestinesi che ha compiuto nel tentativo deliberato di coinvolgere l’Iran in un conflitto, ricordano esattamente come si muove Putin in Ucraina. Quindi noi non possiamo condannare uno e neanche alzare la voce con l’altro perché altrimenti poi ci stupiamo se il Sud del mondo non ci prende sul serio quando parliamo di democrazia o roule of law. Cerchiamo di fare gli interessi delle democrazie occidentali, non gli interessi di altri. Noi dobbiamo ragionare sulla sicurezza delle democrazie occidentali e comportarci in coerenza con i nostri principi e con i nostri interessi, non fare il tifo uno o l’altro.

Il Libano non trova pace, tra l’esplosione al porto di Beirut e il sostanzale fallimento: cosa può fare un maggiore impegno internazionale accanto magari ad una pressione dei Paesi arabi?

Il Paese non si è più risollevato dall’invasione del 2003 che aprì una stagione di governi dominati da Hezbollah e da forte instabilità. L’esplosione fu la ciliegina sulla torta accanto all’iperinflazione, al fallimento dello Stato, al mancato sostegno sia da parte occidentale sia dei Paesi arabi della regione. Il Libano si salverà se nuovi investimenti saranno in qualche modo condizionati una stabilizzazione: ma è tutto estremamente difficile, perché comunque Hezbollah è stata almeno finora l’entità politica più potente anche l’unica armata massicciamente, oltre che esponente della maggioranza relativa della popolazione libanese. Anche se i censimenti ufficiali non esistono, le stime sono tutte in quella direzione lì. Adesso sono stati colpiti e bisognerà vedere se ciò aprirà delle possibilità di ragionevolezza. Ma c’è la sfiducia più totale dei cittadini libanesi verso i leader delle varie sette: mafiosi che governano lo Stato arricchendosi e saccheggiando da decenni.



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