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Sciopero generale. L’Argentina si ferma

“Questa non è una partita River-Boca Junior, che vogliamo che vinca uno o l’altro perché siamo tifosi. Qui siamo tutti argentini e abbiamo bisogna che vinca l’Argentina”. Con queste parole molto popolari il presidente Cristina Fernández de Kirchner ha provato ad affrontare il primo sciopero generale che vive il paese gaucho dagli ultimi 12 anni. Circa 25 mila persone hanno manifestato nella plaza de Mayo di Buenos Aires. Alla protesta non hanno aderito soltanto gli ospedali, le banche e i mezzi pubblici, a favore della popolazione.
 
La protesta è stata motivata da Hugo Moyano, leader della confederazione nazionale dei sindacati. La motivazione? Le tasse imposte agli stipendi. Si è voluto bloccare le principali raffinerie del paese, ragione per cui è stato interrotto l’approvvigionamento di benzina, e il presidente è dovuto tornare prima dal vertice di Rio +20 in Brasile.
 
Anche i partiti, incluso il Fronte per la Vittoria -che appoggia la Kirchner-, sono contro le misure economiche che colpiscono soprattutto il lavoratore medio, ma considerano lo sciopero un’azione politica, per questo non l’hanno sostenuto.
 
“Chiediamo l’eliminazione delle tasse ai guadagni in tutti gli stipendi convenzionali e l’universalizzazione senza accumulo per le assegnazioni famigliari. Ma non manifestiamo accanto al nemico”, dice il comunicato del Fronte. Anche il sindaco di Buenos Aires, Mauricio Macri e alcuni patronati rurali e dirigenti sindacali di sinistra, appoggiano Moyano. La destra e la sinistra unite contro quella che considerano un’ingiustizia.
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