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Perché Renzi può essere l’unico argine a Grillo

Parole d’ordine di stampo berlusconiano, slogan paraveltroniani, tesi securitarie e una spruzzata ovvia di idee da sinistra progressista. E’ un programma eclettico quello che ha presentato il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, che sfida Pier Luigi Bersani alle primarie del Partito democratico. Renzi si candida, come il primo Berlusconi nel centrodestra, a federare le anime del centrosinistra.
 
Ecco quindi che è comprensibile per chi come Renzi auspica apertamente un appoggio degli (ex) elettori di Forza Italia e del Pdl leggere che l’anti Bersani invoca, berlusconianamente, “un fisco dalla parte di chi lavora e intraprende” e “uno Stato semplice dalla parte dei cittadini”. Non mancano slogan di stile veltroniano come “ritrovare la democrazia” e “l’Europa dal basso”: slogan utili in ogni latitudine e per tutti i leader politici. Più identitario, invece, per non dire quasi moderato-destrorso, “la garanzia della sicurezza”.
 
Il sincretismo programmatico del primo cittadino di Firenze provoca sconquassi a sinistra, può attirare elettori liberali di centro e pure berlusconiani pentiti del Pdl, oltre che racimolare voti ex leghisti in uscita dal Carroccio. Insomma un rovina-partiti, ma solo in apparenza. Infatti, a ben vedere, Renzi può avere un effetto di stabilizzazione sistemica e istituzionale che il suo linguaggio pirotecnico cela.
 
L’ex direttore del quotidiano l’Unità, Peppino Caldarola, ha scritto sul blog Mambo del sito Linkiesta: “Il rapporto fra gli anziani declassati dall’età della pensione e i loro coetanei baciati dalla politica è un corpo a corpo che fa emergere le diseguaglianze e le ingiustizie. È questo stato d’animo che spinge molti vecchi a non tifare per Bersani e i coetanei di Bersani e tanti di loro a guardare con simpatia a Renzi come a un giustiziere. C’è nell’atteggiamento dei vecchi che non simpatizzano per i vecchi un fondo di rancore sociale che Bersani dovrebbe analizzare”.
 
Il primo cittadino di Firenze con la sua impostazione sta facendo virare il Pd da un approdo socialdemocratico, come quello al quale sta lavorando il segretario Pier Luigi Bersani, verso le origini liberal e “americane” del Pd liquido immaginato da Walter Veltroni. In questo modo recide ogni rapporto politico con le ali estreme, sia dipietriste che comuniste, e si candida ad accogliere l’elettorato liberale in libera uscita sia del Pdl che della Lega. Renzi potrebbe anche prosciugare in parte le preferenze potenziali finora accumulate dai movimenti politici in fieri come la montezemoliana Italia Futura e il gianniniano Fermare il Declino.
 
Il renzismo avrà effetti benefici nel centrodestra: il Pdl sarà costretto a innestare un deciso rinnovamento nella dirigenza e nelle idee per evitare di essere rottamato dal rottamatore in caso il primo cittadino di Firenze diventi davvero il candidato premier del Pd. Resta da vedere l’effetto Renzi sui centristi dell’Udc.
 
Ma il renzismo, con la sua carica di nuovismo giovanilistico e ottimistico sembra l’unica carta del sistema politico per far confluire le spinte di rinnovamento e anti casta in un percorso istituzionale. Scongiurando, o meglio cercando di scongiurare, nefaste derive grillesche.
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