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Tra i Maya del Guatemala povertà più reale della fine del mondo

Isolamento geografico, povertà, malnutrizione e analfabetismo: tra gli Ixil Maya di Chajul, nella parte orientale del Guatemala, i problemi quotidiani da affrontare sono pesanti. Come quelli di Pedro, che guadagna tre dollari al giorno tagliando il granturco e vive in una casa senza elettricità nè acqua corrente: dei suoi figli nessuno può andare a scuola.

“Sono triste perchè mi sveglio e penso ai miei figli, a come sfamarli e vestirli. La vita è difficile e non abbiamo possibilità di migliorarla” dice. Il figlio Matias ha 17 anni e vuole scappare dal paese.

“Non è vita, voglio solo trovare un lavoro rispettabile in città, avere una famiglia e una casa vera”. Il popolo Maya nella storia ha sempre affrontato problemi e durezze: decimato dalle epidemie portate dagli spagnoli nel 16esimo secolo, secoli dopo nella guerra civile finita nel 1996, incontra anche difficoltà politiche, dato che il potere è nelle mani dei discendenti degli spagnoli. Rigoberta Menchu, Nobel per la Pace nel 1992, parla di una situazione peggiore di 20 anni fa.

“Costerà moltissimo trasformare lo Stato in senso non razzista e non discriminatorio, non repressivo. Credo che l’unico modo di mandare avanti le nostre proposte sia avere accesso al potere”. Un piccolo passo avanti viene dai programmi dedicati alla formazione professionale delle donne, in modo da creare un sostegno economico serio per le loro famiglie.

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