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Ormai è quasi un coro: Monti chieda aiuto a Draghi

S´infittiscono i consigli al governo di ricorrere all´ombrello della Bce per evitare rovesci finanziari. Imprenditori, intellettuali, centri studi e aspiranti politici non esitano a invitare l´esecutivo guidato da Mario Monti a bussare alla porta di Mario Draghi.

L´Italia deve chiedere prima degli altri gli aiuti europei. A dirlo esplicitamente è Oscar Giannino, promotore del Movimento “Fermare il declino”, che si dice d´accordo con l´economista, Luigi Zingales, sulla necessità di far ricorso al piano anti-spread. 

 Posizioni simili a quelle espresse di recente da Prometeia e Mediobanca, che hanno suggerito a Monti di ricorrere al programma OMT (Outright Monetary Transactions) annunciato da Draghi lo scorso settembre. Il piano prevede, per i Paesi che ne fanno richiesta, l´acquisto di titoli di Stato a breve termine sul mercato secondario, con lo scopo di ridurre le pressione derivate dallo spread.

Giannino e Zingales fanno notare che il periodo di tranquillità sul mercato europeo presto potrebbe finire e la diminuzione degli spread è dovuta al fatto che i mercati pensano che Spagna e Italia verrebbero salvate ricorrendo al piano anti-spread. Inoltre, spiega Giannino, “se l´Italia con Monti chiedesse gli aiuti inevitabilmente darebbe una mano al premier spagnolo Rajoy che esita per motivi di politica interna, e abbasseremmo ulteriormente gli spread abbassando il costo del capitale alle imprese e elle famiglie italiane”. In più, “metteremmo più in sicurezza la prossima legislatura, vincolandola a un sentiero di impegni precostituiti, e metteremmo alla prova l´eurocooperazione tedesca”.

I due economisti, alla testa anche del movimento Fermare il Declino, sono consapevoli del fatto che difficilmente Monti deciderà di ricorrere agli aiuti. Sia perché vuole esser ricordato come colui che ha salvato il Paese e non “come un premier più arrendevole dei suoi predecessori”, sia per probabili ambizioni politiche. Ma gli interessi nazionali richiederebbero, a parere dei due intellettuali liberisti, come anche del presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi di percorrere la strada da loro indicata.

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