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Andreotti segreto (in attesa che si aprano gli archivi)

Ci sarà ancora molto da studiare la figura di Giulio Andreotti, ma una cosa per gli storici è certa. Che egli fu, come sintetizza Aldo Giannuli, “l’artista della dimensione coperta del potere politico”, uno dei pochi uomini politici capace di comprendere “sino in fondo quale fosse il peso dell’intelligence nel mondo seguito alla II guerra mondiale”.

Il Piano Solo (1964)

Il primo crocevia è la calda e turbolenta estate del 1964, la prima del “centrosinistra pieno” in Italia, visto che da dicembre ’63 i socialisti erano presenti al governo (e non solo con l’appoggio parlamentare esterno). Il 14 luglio, il generale dei carabinieri Giovanni De Lorenzo, ex capo del servizio segreto militare (Sifar), viene irritualmente ricevuto dal Capo dello Stato Antonio Segni nel corso delle consultazioni per la formazione del secondo governo Moro. Contemporaneamente, un concentramento di forze militari e di sicurezza si verifica nella capitale. Le pressioni successive (“il rumor di sciabole” dirà Nenni) portano alla rottura del centrosinistra. Il Piano Solo fu una forma di controinsurrezione e guerra politica molto particolare per la storia repubblicana, perché si fondava non sulla collaborazione interforze (che presuppone un qualche ruolo politico di composizione tra interessi militari spesso in conflitto), ma sull’azione di una sola arma (i Carabinieri), che poteva così agire in splendida (e pericolosissima) solitudine, secondo le intenzioni di De Lorenzo. In collegamento e a favore di chi? E con che ruolo riservato ad Andreotti?

Un dibattito storico in corso

A seconda della risposta che si dà a questa domanda, si apre un diverso spazio interpretativo sulla figura del leader Dc. Se si ritiene, come fa Sergio Flamigni, che egli coprì attivamente la linea De Lorenzo-Segni, se ne deduce il suo essere terminale naturale delle spinte conservatrici interne alla Democrazia cristiana, in collegamento con settori atlantici. E’ una tesi suggestiva che però non tiene conto di alcune considerazioni. Primo: Andreotti era entrato in conflitto con i vertici militari, che si dimisero appena fu nominato ministro della difesa nel 1959. Posizione che ricoprì per tutta la durata del centro-sinistra. Se “coprì”, dunque, lo fece all’interno di uno schema politico da lui accettato, forse per convinzione, certamente per convenienza. Secondo: la proiezione estera del centrosinistra, o quantomeno dei suoi ideatori (in primis Aldo Moro) puntava ad una relativa autonomia dagli schemi bipolari, cercando di costruire punti di appoggio in Medio Oriente e Nord Africa, ed assecondando una figura come quella di Enrico Mattei. Terzo: le minacce di morte al capo dell’Eni firmate dall’Oas, l’organizzazione paramilitare nazionalista francese in Algeria, erano in cima alle priorità della politica di sicurezza della Dc. E’ possibile che settori dei servizi, legati fin dalla Seconda guerra mondiale a Inghilterra e Stati Uniti, siano stati poco malleabili in questo senso. Tanto è vero che organizzarono la raccolta di dossier sui capi della corrente dorotea, responsabile di questo duplice movimento, verso sinistra all’interno e verso il Sud e l’Est in campo internazionale. Di qui l’accumularsi di tensioni esplose nell’estate del 1964.

Tattica o strategia?

Questa linea interpretativa nuova, fatta propria per esempio da Massimo Fini, farebbe di Andreotti un promotore del contenimento dell’atlantismo politico in Italia, piuttosto che un suo tenace sostenitore in chiave anticomunista. Se guardiamo alla continuità della sua politica estera con quella del centrosinistra, alla tenace difesa delle prerogative mediterranee italiane in Libia contro Inghilterra e Francia dopo il colpo di Stato di Gheddafi nel 1969 e al colpo di Stato filo-italiano in Tunisia nel 1987, con Andreotti ministro degli esteri, le indicazioni sono in quella direzione. Anche la misteriosa apertura degli archivi di Gladio nel 1990 fu una mossa significativa. L’allora premier Andreotti forse anticipò o forzò i tempi, certo mise in difficoltà settori della maggioranza più atlantisti, tra cui lo stesso Craxi. Tutto questo per pura tattica di corto respiro o per costruire un’ipotesi di governo più avanzata, in cui rientrasse pure il Pci? Su questi fatti più recenti, ovvero sull’epilogo della parabola andreottiana, ci vorrà un supplemento di analisi…

 

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