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Riformare regioni e comuni per alleggerire l’Italia

La prima parte dell’analisi di Ettore Jorio si può leggere qui.

Migliorare le prestazioni essenziali da rendere in favore dei cittadini a mente del dettato costituzionali spetterà a Regioni e Comuni (così come alle Città metropolitane), i quali dovranno procedere ad una sostanziale revisione del loro assetto organizzativo, fonte di sprechi enormi, prodotti finanche nella sanità e nell’assistenza sociale, quest’ultima vittima di una assurda discriminazione costituzionale che l’ha relegata inconcepibilmente – attesa la necessità di realizzare, di contro, quanto più possibile l’insieme del welfare assistenziale – alla competenza legislativa esclusiva delle Regioni nonché penalizzata da un finanziamento scarno e polverizzato in mille rivoli.

IL SETTORE SANITARIO

L’assistenza socio-sanitaria dovrà, infatti, essere interessata da significative riforme organizzative tendenti a realizzare, attraverso processi aggregativi e distintivi dei ruoli tra assistenza territoriale e ospedaliera, consistenti economie e, nel contempo, il miglioramento qualitativo delle prestazioni essenziali assistenziali in senso lato. Queste ultime potranno invero essere ove mai arricchite da quelle aggiuntive, sostitutive – attraverso, per esempio, il ricorso ad appositi voucher da spendere esclusivamente nel sistema integrato della salute – delle attuali elargizioni economiche assicurate dalle previdenza non contributiva in favore dei disabili mediante l’assegno di accompagnamento, spesso concesse ai non meritevoli, tanto da non fare coincidere il destinatario con il reale beneficiario. Un siffatto intervento di tipo solidaristico garantirebbe, ovviamente, mediante una corretta integrazione del sistema sanitario con il sociale, abbandonato sino ad oggi a se stesso a tal punto da generare una assurda dispersione delle poche risorse disponibili inefficaci per i bisognosi che crescono quotidianamente e in progressione geometrica.

PROTAGONISTI DI PRIMO PIANO

Dunque, Regioni e Comuni (e Città metropolitane quando saranno attive) protagonisti di primo piano nel risanamento pubblico, in controtendenza a quanto sono stati sino ad oggi (unitamente alle Province) i maggiori attori dello spreco diffuso, al lordo delle loro innumerevoli società partecipate, delle quali la massima parte da sciogliere e liquidare.
L’armonizzazione delle contabilità e dei bilanci, resa obbligatoria a decorrere dall’1 gennaio 2015, con gli adempimenti prescritti a carico dell’intero sistema autonomistico territoriale (a cominciare dalla corretta emersione dei residui attivi di dubbia esigibilità e dall’appostazione dei residui passivi sino ad oggi elusi, in relazione ai quali le Regioni e i Comuni avranno un gran da fare in merito allo smaltimento decennale dell’eventuale saldo negativo relativo) offrirà l’occasione per cominciare (bene) ciò che non è stato mai fatto fino ad ora.

APPELLO AL CORAGGIO PARLAMENTARE

Sul piano legislativo occorrerà, pertanto, fare appello ad un “coraggio” parlamentare intelligente e responsabile, solo che si voglia invertire la rotta che ha, sino ad oggi, portato il Paese alla collisione con gli equilibri economici pretesi a livello comunitario. Per fare questo – ma anche per evitare che si facciano passare per riforme ciò che non lo sono, così come avvenuto frequentemente nella storia della Repubblica dell’ultimo ventennio – sarà necessario mettere in campo le migliori idee che verranno fuori dal più generale confronto da effettuarsi, a cura del Governo, con il sistema produttivo nella sua totalità nonché con quello universitario e della ricerca.

Bisognerà farlo presto e bene, nell’interesse di un Paese che non cresce da troppo tempo, di una nazione che non consuma perché impoverita e senza lavoro, di una Unione Europea che pretende il rispetto dei criteri che ne reggono l’esistenza e ne garantiscono la continuità istituzionale a difesa dell’euro.

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