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Così Merkel sta cucinando Tsipras

La vittoria elettorale di Alexis Tsipras, in gennaio, suscita un’ondata di simpatia in una parte rilevante dell’opinione pubblica dell’Europa non tedesca. La morsa dell’austerità, già allentata da due anni, appare improvvisamente rottamabile e una nuova Europa appare possibile grazie al fatto che Tsipras non rinnega le promesse elettorali e alza anzi ulteriormente il tiro.

Angela Merkel, che appoggiando Antonis Samaras aveva rifatto l’errore commesso in Francia (la sponsorizzazione tedesca di Nicolas Sarkozy contribuì alla sua sconfitta e alla vittoria di François Hollande), intuisce il grave pericolo e decide di mantenere sulla Grecia il profilo più basso possibile. Alla freddezza iniziale verso Tsipras subentra un atteggiamento dialogante e sorridente. Se Tsipras cerca di apparire vittima, martire e quindi eroe, la Merkel, che per anni ha bastonato senza complimenti Viktor Orbán in Ungheria a ogni occasione, si mostra molto rispettosa e tranquilla.

Tsipras deve cuocere lentamente nel suo brodo e la Merkel gli fornisce il gas necessario alla cottura sotto forma di flebo di acqua e zucchero che tappano i buchi che le fughe di depositanti creano nelle banche greche. La Grecia viene mantenuta solvente con prestiti che servono esclusivamente a ripagare debiti in scadenza e sono quindi solo una partita di giro.

Tsipras, dal canto suo, inizia a cuocere male nel suo brodo. Non ha molti spazi di manovra, ma non usa nemmeno quelli disponibili e non fa praticamente nulla sul fronte interno. Gioca tutto sul colpo grosso, strappare tantissimi soldi all’Europa o fare default. È la costruzione del socialismo con i soldi degli altri. Il teorico dei giochi Varoufakis sembra a tratti proporre una versione omeopatica e civilizzata del socialismo estorsivo nordcoreano, fare i matti e minacciare sfracelli per ottenere un po’ di soldi umanitari sottobanco.

In questo modo Tsipras dilapida rapidamente il capitale di simpatia con cui era partito e cessa di rappresentare un modello esportabile. Podemos, che aveva preso a correre forte nei sondaggi proponendo una versione spagnola dell’esperienza greca, ne viene danneggiato e inizia a perdere colpi. I governi europei mediterranei, che inizialmente avevano strizzato l’occhio a Tsipras e fatto un po’ di fronda, si riallineano con la Germania.

La Grecia rimane una spina nel fianco, ma è derubricata a problema locale. Ha ancora la possibilità di indebolire strutturalmente l’euro e l’Eurozona, ma non ha più quella di contagiare politicamente altri paesi e rendere ingovernabile il continente, un pericolo ancora più grave del primo agli occhi tedeschi.

Mantenere la Grecia in condizioni di mera sopravvivenza non è un problema per l’Europa. Il Pil greco, sempre più piccolo, è l’uno e mezzo per cento di quello europeo. La Banca di Grecia si può sostituire ai depositanti e la Bce si può sostituire alla Banca di Grecia. Il debito greco verso l’Europa può essere costantemente rifinanziato dall’Europa stessa. Nessuno toccherà Tsipras e se Tsipras vorrà fare qualche gesto clamoroso dovrà farselo da solo, pagandone il prezzo. Se vorrà invece limitarsi a vivere di sussidi, avrà i sussidi, ma non creerà crescita e chiuderà la sua esperienza magari fra mille anni, ma ingloriosamente.

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