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Libia e migranti, cosa c’è dietro il giallo delle truppe di terra

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Pochi giorni fa, il 13 maggio scorso, l’Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Unione europea, Federica Mogherini, ha dovuto spiegare alla stampa che non ci saranno interventi di truppe terrestri (i cosiddetti boots on the ground) in Libia nella “possibile” operazione Eunavofor Med. Eppure il quotidiano britannico Guardian, come altri che hanno avuto accesso al documento preparatorio, ha trovato passaggi precisi in cui si parlava di intervento diretto sulla costa.

La smentita politica era dunque poco fondata oppure si è trattato di un abbaglio dei giornali? Forse se ne saprà di più già oggi, dal momento che si riuniscono a Bruxelles i ministri degli Esteri e della Difesa dei ventotto Paesi membri. Al centro di due sessioni del consiglio Ue, la prima separata e la seconda congiunta, ci sarà proprio l’emergenza dei migranti nel Mediterraneo, con il possibile via libera alla missione navale europea contro i trafficanti di esseri umani

Ma, forse, entrambi gli interlocutori hanno ragione dal rispettivo punto di vista. Da un lato infatti gli osservatori hanno letto un preciso riferimento a interventi sulla costa e lo hanno interpretato (tirando il concetto per la giacchetta) come un intervento di truppe di terra. Dal punto di vista delle strutture europee che hanno redatto il documento, si tratta invece di un’opzione che andava obiettivamente presa in considerazione nella concettualizzazione politico-militare, per quanto subordinata a condizioni identificate. Dal punto di vista della Mogherini si tratta poi di condizioni politicamente assai lontane.

I DOCUMENTI POLITICO-MILITARI

Il documento preparatorio letto dal Guardian e da vari corrispondenti a Bruxelles è un Cmc, un Crisis concept management. Nella catena di formazione della decisione, è il terzo livello di approfondimento. Esso segue infatti l’espressione dell’orientamento politico, cioè i dieci punti esplicitati nel Consiglio Affari generali del 20 aprile (dopo la strage dei migranti del 18-9 aprile) e nel Consiglio europeo del 23 aprile. Il Cmc è un documento (redatto dal direttorato Cmpd nato nel 2009 nel Servizio europeo per l’azione esterna, l’Eeas) che fornisce le “opzioni” di un’operazione o missione (cosa fare, perché, dove e con chi) e le fornisce in relazione a condizioni identificate. A monte c’è anche un documento politico di contesto (Political Framework for Crisis Approach / Pfca).

A valle del Cmc, cioè dopo aver fornito le opzioni (comprese quelle praticabili a condizioni complesse ma possibili), si trova la “decisione”, cioè quella che dovrebbe essere adottata lunedì 18 maggio dal Consiglio Affari generali (in formato detto “Jumbo”: cioè ministri degli eEsteri insieme ai ministri della Difesa) e poi formalizzata con il Consiglio europeo di fine giugno.

Ancora a seguire, sul piano applicativo, si redige poi il Concetto dell’operazione (Conops) che descrive obiettivi, tempi, forze necessarie e il loro impiego, per passare poi al Piano dell’operazione (OpPlan) che elenca in dettaglio le forze necessarie, l’organizzazione e distribuzione, la struttura di comando e le sostituzioni. Nel caso dell’operazione mediterraneo, si tratta di documenti già pronti, sebbene non perfezionati, che corrispondono anche alla situazione di fatto, in cui esistono già oggi le navi dinanzi alle acque libiche di almeno cinque Paesi membri in coordinamento operativo nel quadro di una Frontex quasi Mare Nostrum e sulla strada per diventare Eunavfor Med.

LE AZIONI POSSIBILI

Per tornare all’equivoco e alla smentita della Mogherini, il Cmc è quindi un documento che formula non una sola, ma diverse azioni possibili che rispondono tra l’altro all’obiettivo politico generale di danneggiare la rete degli scafisti, comprese quelle subordinate a condizioni difficili da superare (per esempio dipendenti dal livello di mandato Onu, sempre che si ottenga una risoluzione). Per la Mogherini la questione dell’intervento sulla costa, cioè dei barconi all’ormeggio, è quindi un’opzione formulata (correttamente) da un documento di opzioni (intervento in acque internazionali, in acque libiche, sulla costa) redatto da uno dei direttorati dell’Eeas, ma evidentemente in quella parte non praticabile e forse non auspicabile, visto che sul fronte Onu la bozza di risoluzione tende a fissare i limiti a un livello basso, non è detto che passi subito, e non è detto che passi.

In concreto, in attesa di una risoluzione Onu è molto probabile che la possibile operazione Eunavfor Med si svolga anzitutto in acque internazionali nel rispetto del diritto internazionale secondo le pratiche già attuate, anche nei confronti della neutralizzazione delle barche, nel caso dell’operazione Eunavfor Atalanta di contrasto alla pirateria al largo della Somalia. Va anche ricordato che l’operazione ha un carattere integrato, con misure che vanno dai Paesi di origine (per esempio il Niger) fino al Mediterraneo,  dall’analisi e intelligence fino all’intervento sui conti bancari e flussi di denaro.

IL MUTAMENTO DELL’UNIONE

Questa rapida crescita del meccanismo decisionale in politica estera e difesa dell’Unione europea ha finito per spiazzare i media (Guardian compreso), ma ha anche costretto ad analizzare meglio la struttura dell’Eeas, a riconoscere l’esistenza del Comitato politico-militare (Cops), dei gruppi di lavoro, della connessione con la Nato di Berlin plus, nonché delle precedenti esperienze di missioni/operazioni civili e militari (Repubblica Centro Africana, Mali, Niger, Bosnia, Ucraina, Eunavfor Atalanta, eccetera).

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