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Sinodo, ecco novità e conferme

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo un estratto dell’articolo di Antonino D’Anna apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi

No alla contraccezione che non sia l’Ogino-Knaus; stretta sui matrimoni in cui uno dei coniugi professa una religione differente da quella cattolica; no al gender; no ai matrimoni omosessuali; non una parola sui bambini che crescono in una coppia di gay; riaffermazione della paternità responsabile (con buona pace di movimenti come i Neocatecumenali per i quali «il numero è potenza»); una timidissima e approvata per un solo voto apertura verso non tutti i divorziati risposati e che crea una Chiesa a due velocità sul tema.

NUMERI E SINTESI

Il documento finale che esce dal Sinodo sulla Famiglia tenutosi in Vaticano è un testo permeato di misericordia ma non è quella rivoluzione che in tanti auspicavano o paventavano a seconda dei punti di vista. E specie la proposizione numero 85, quella sul discernimento in merito ai divorziati risposati e la loro ammissione all’Eucarestia, è quella su cui si è avvertita la tensione tra le anime della Chiesa. Un solo voto per l’approvazione a maggioranza dei 2/3 è davvero troppo poco e lascia presagire un’applicazione per nulla uniforme di eventuali regole in materia (il Sinodo ha solo potere consultivo, toccherà al Papa emanare un’Esortazione postsinodale suggerendo i percorsi adeguati). Ma vediamo più a fondo i punti chiave del documento.

CONTRACCEZIONE

No alla contraccezione che non sia Ogino-Knaus. La Relazione finale considera al numero 63 i coniugi devono aprirsi alla vita secondo il concetto di paternità e maternità responsabile: detto in termini banali ma chiari, si fanno figli nella misura in cui li si possa mantenere e assistere da un punto di vista non solo economico, ma anche spirituale. Anche se si invitano le giovani coppie a donare la vita, «La Chiesa rigetta con tutte le sue forze gli interventi coercitivi dello Stato a favore di contraccezione, sterilizzazione o addirittura aborto». Qui si sente la mano ad esempio dei vescovi americani, obbligati (c’è una battaglia legale in corso) dall’Obamacare a pagare le spese contraccettive e per l’aborto ai dipendenti di strutture cattoliche. Si incoraggia «il ricorso ai metodi fondati sui ritmi naturali di fecondità», ossia il metodo Ogino-Knaus. Al numero 32 si osserva che: «Il calo demografico, dovuto ad una mentalità antinatalista e promosso dalle politiche mondiali di “salute riproduttiva”, minaccia il legame tra le generazioni». Qui la botta è diretta all’Oms, l’Organizzazione mondiale della sanità. Il concetto di salute riproduttiva contiene anche temi quali contraccezione, infertilità, fecondazione assistita.

MATRIMONIO

I matrimoni con disparità di culto. Dopo aver osservato (25) che «in alcune società vige ancora la pratica della poligamia; in altri contesti permane la pratica dei matrimoni combinati» e che nei paesi in cui: «La presenza della Chiesa cattolica è minoritaria sono numerosi i matrimoni misti e di disparità di culto», matrimoni in cui può esistere il pericolo del relativismo o dell’indifferenza», si osserva che: «Il numero delle famiglie composte da unioni coniugali con disparità di culto» è in crescita nei territori di missione e anche nei paesi di lunga tradizione cristiana. Quindi: «In alcuni paesi, dove la libertà di religione non esiste, il coniuge cristiano è obbligato a passare ad un’altra religione per potersi sposare, e non può celebrare il matrimonio canonico in disparità di culto né battezzare i figli. Dobbiamo ribadire pertanto la necessità che la libertà religiosa sia rispettata nei confronti di tutti». A quale religione si stanno riferendo i Padri sinodali, secondo voi?

GENDER

Questa del gender è la grande battaglia che la Chiesa ha iniziato a combattere. Se la dittatura del relativismo era il tema del papato di Benedetto XVI, con Francesco l’attenzione è ora sul gender. La Chiesa dice un chiaro no (58): «In alcuni paesi vengono perfino imposti dall’autorità pubblica progetti formativi che presentano contenuti in contrasto con la visione umana e cristiana: rispetto ad essi vanno affermati con decisione la libertà della Chiesa di insegnare la propria dottrina e il diritto all’obiezione di coscienza da parte degli educatori».

NOZZE GAY

Al numero 76, la Relazione si occupa delle famiglie che abbiano al loro interno persone con tendenza omosessuale, chiedendo una «specifica attenzione all’accompagnamento» di queste famiglie. Si dice no ai progetti di equiparazione al matrimonio di unioni tra persone omosessuali, si ritiene «inaccettabile che le Chiese locali subiscano delle pressioni in questa materia e che gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all’introduzione di leggi che istituiscano il «matrimonio» fra persone dello stesso sesso». In compenso niente si dice (numero 26) in merito ai bambini che vivano in una coppia omosex, cosa che in Italia potrebbe benissimo accadere se venisse approvato il ddl Cirinnà sulle unioni civili (la stepchild adoption) e che è stata oggetto di polemiche nel nostro Paese.

DIVORZIATI RISPOSATI

E chiudiamo infine con l’aperturina in tema di divorziati risposati, approvata – ripetiamo – per un solo voto. Mentre al numero 84 si ricorda che «occorre discernere quali delle diverse forme di esclusione attualmente praticate in ambito liturgico, pastorale, educativo e istituzionale possano essere superate», al numero 85 si introduce – sempre nel discernimento richiesto dal documento – un criterio di distinzione. Intanto le parole di Giovanni Paolo II nella Familiaris Consortio del 1981: c’è differenza tra chi ha cercato di salvare il matrimonio ed è stato abbandonato «del tutto ingiustamente»; chi «per grave colpa» personale ha distrutto un matrimonio valido canonicamente (i fedifraghi sono avvisati) e infine chi si è risposato, ma in coscienza sa che le nozze precedenti erano nulle. Come si discerne? «Secondo l’insegnamento della Chiesa e gli orientamenti del Vescovo». Si chiede un esame di coscienza «tramite momenti di riflessione e pentimento», in particolare i divorziati risposati dovrebbero chiedersi: «come si sono comportati verso i figli quando l’unione coniugale è entrata in crisi; se ci sono stati tentativi di riconciliazione; com’è la situazione del partner abbandonato; quali conseguenze ha la nuova relazione sul resto della famiglia e la comunità dei fedeli; quale esempio essa offre ai giovani che si devono preparare al matrimonio». Anche perché: «In determinate circostanze le persone trovano grandi difficoltà ad agire in modo diverso». Con tutte le premesse e le richieste, uno spiraglio. Che però crea una Chiesa a due velocità: se il Vescovo è più o meno progressista, se il confessore (si agisce in foro interno) è più o meno rigoroso, tutto questo influisce sull’ammissione o meno al Sacramento. L’intenzione è certamente lodevole, l’applicazione però potrà riservare non poche sorprese. Una rivoluzione necessaria?

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