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Cosa pensa il nuovo capo dell’Unhcr Filippo Grandi di immigrazione, Siria e Palestina

Dopo un’esperienza come commissario generale dell’agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’occupazione (Unrwa) Filippo Grandi, funzionario di lungo corso dell’istituzione, è stato scelto ieri come Alto commissario dell’Onu per i rifugiati (Unhcr). La nomina è arrivata dal segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon. Il suo mandato comincerà il primo gennaio del 2016.

LA RICETTA

Durante il suo precedente incarico, Grandi aveva già delineato, per sommi capi, la ricetta da applicare per sostenere gli abitanti di Gaza. In primo luogo l’agenzia si dovrebbe dedicare a migliorare i servizi, principalmente l’istruzione, un problema urgente da affrontare in Medio Oriente e Palestina. Il secondo aspetto è la protezione dei diritti e la denuncia di violazioni, specialmente quelle che subirebbero i palestinesi che soffrono per l’occupazione. Il terzo obiettivo è aumentare i finanziamenti: non solo i contributi dei governi, ma anche quelli dei privati e delle amministrazioni locali.

DALLA PARTE DEI PALESTINESI

Grandi conosce bene le problematiche che affliggono zone di conflitto come Sudan, Siria, Turchia e Iraq. Laureato in Filosofia, da sempre impegnato negli ambiti della cooperazione internazionale e degli aiuti umanitari, il nuovo capo dell’Unhcr ha difeso spesso la posizione dei palestinesi a Gaza, criticando in alcuni momenti l’atteggiamento tenuto da Israele. Ha insistito più volte sulla necessità di trovare una soluzione politica alla guerra in Siria.

CONTRIBUTI PER IL MEDIO ORIENTE

In un’intervista rilasciata nel 2014 a Bocchescucite.org, Grandi ha spiegato come il conflitto siriano e la transizione in Egitto abbiano a suo dire influito sulla situazione a Gaza, “che rimane una zona occupata per via di un blocco che si complica e non si semplifica”. Secondo il neo commissario, la crisi in Medio Oriente si propaga a una velocità maggiore dei soldi spesi per contenerla. “Fino a quando dovremo continuare a sostenere cinque milioni di rifugiati (palestinesi) senza che per loro ci sia una soluzione in vista? Per chi si pone quell’interrogativo la risposta è legata al successo del negoziato (israelo-palestinese)”.

LE COLPE D’ISRAELE

Grandi riconosce la complessità del conflitto nella Striscia di Gaza. Crede che la crisi non sia solo umanitaria, ma economica, istituzionale e persino psicologica: “Israele autorizza il passo di alimenti e medici, ma questo non garantisce una vita normale… Il blocco israeliano è illegale ai sensi del diritto internazionale. In questa situazione cerchiamo di fare il massimo per alleviare la situazione disperata degli abitanti di Gaza e per continuare il nostro lavoro”, aveva dichiarato. Ha raccontato i disagi vissuti dalla popolazione per il blocco del passaggio di merci e il bisogno di sostenere nuovi negoziati per riuscire ad operare efficacemente nella zona. Più volte ha detto che gran parte delle responsabilità sono, a suo parere, del Paese “occupante”, Israele.

IL PESO DELL’ECONOMIA

Per Grandi, il principale problema dell’economia a Gaza è il divieto di commerciare liberamente. “A livello di cibo e medicine non ci sono problema, ma per tutto il resto sì”, ha detto al quotidiano El Mundo. Il neo commissario ha anche sostenuto che l’Egitto avesse distrutto i tunnel di contrabbando e chiuso il passo delle persone a Rafah. “Devono mantenerlo aperto”, ha aggiunto. “È loro responsabilità”.

OLTRE LA SICUREZZA

Secondo Grandi, le ragioni del Cairo sono comprensibili. È una questione di sicurezza. Ma, anche quando si tratta di difesa, il nuovo capo dell’Unhcr pensa che sia necessario fare attenzione alle condizioni di vita e al benessere degli individui: “Capisco che temono infiltrazioni nel Sinai, così come capisco gli israeliani quando parlano di sicurezza. Ma che succede con i diritti degli abitanti di Gaza? Elettricità e cibo” sono elementi fondamentali per la “sicurezza”.

LA SOLUZIONE IN SIRIA

Parlando della Siria, Grandi ha ammesso che i tentativi messi in campo nel vertice Ginevra II sono falliti. Ma continua a pensare che la soluzione debba essere ricercata su un piano politico, perché nessuna delle parti in causa è in condizione di imporsi nel conflitto. “Prima della guerra, la nostra missione in Siria era proteggere le scuole, gli ospedali, aiutare i più poveri. Oggi dobbiamo occuparci di cibo e alimentazione. La situazione è disastrosa”, ha detto a El Mundo. Cosa fare? Un anno fa Grandi pensava che tra le priorità ci fosse dare accesso umanitario a Yarmuk. Ora, come Alto commissario, avrà molte altre sfide da affrontare.

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