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La vera differenza fra Occidente e Islam

GIOVANNI SARTORI

“Parigi val bene una messa”, disse il re di Francia Enrico IV nel 1593, quando si convertì pubblicamente al cattolicesimo perché i suoi sudditi non riconoscevano la fede protestante da lui abbracciata (e che gli era costata la scomunica di Papa Sisto V). Paradossalmente, noi siamo stati laicizzati dalle nostre ferocissime guerre di religione. Il bagno di sangue tra cattolici e protestanti, iniziato ai tempi di Enrico IV, fu terribile. L’Europa ne uscì stremata, e chiese e impose la tolleranza (Giovanni Sartori, “La democrazia in trenta lezioni”, Mondadori, 2008). Al contrario, sebbene wahabiti, sunniti e sciiti si scannino tra loro, non hanno mai avuto guerre di religione paragonabili alle nostre. Si può aggiungere che, mentre nel mondo cristiano l’Antico Testamento è “ingentilito” dai Vangeli, il Corano resta ancorato all’Antico Testamento. Insomma: l’Occidente è laico, l’Islam è religioso. Il che significa che l’Occidente non si propone di esportare una fede religiosa, mentre (non solo) i musulmani dell’Isis vogliono difendere (con le armi) la propria fede, e vogliono anche diffonderla (con le armi). Un bel guazzabuglio.

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Il Pd “stregato dal riformismo radicale del Papa”, titolava la Repubblica di venerdì scorso. Sottotitolo: “Un seminario sulla svolta del Pontefice fa il pienone”. Da Bersani a Delrio, tutti uniti nella ricerca di nuovi valori cristiani e di quel “radar sulla modernità” che la chiesa dei poveri ha e che il partito dei cacicchi non ha. È il primo miracolo di Bergoglio. Il secondo sarà la conversione di Renzi al premio di coalizione? Chissà. Del resto, per citare uno scrittore caro al premier, “la cosa più incredibile dei miracoli è che accadono” (Gilbert Keith Chesterton).

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Ugo Tognazzi amava raccontare questa barzelletta. Una vecchina telefona alla polizia perché nella casa di fronte c’è un uomo che fa ginnastica nudo, offendendo così il comune senso del pudore. L’agente si fa spiegare bene la scena e conclude: “Non ci vedo nulla di male. L’uomo è coperto dal davanzale della finestra, e si scorge solo il suo torace”. “È vero – replica la vecchina – ma provi ad arrampicarsi sull’armadio”. Lo trovo un divertente apologo non solo del bigottismo, ma dell’ipocrisia dei moralisti da strapazzo che imperversano nel mondo dell’informazione. Sono quelli che, pur di distruggere la reputazione di un avversario politico, invece di giudicare le sue azioni pubbliche allungano il collo per scrutarne morbosamente i comportamenti privati (talvolta grazie anche alle intercettazioni fornite da magistrati compiacenti). Ovviamente, si sentono i Robespierre dello Stato di diritto, i Savonarola dei buoni costumi, i fustigatori della “casta”. Invece spesso sono soltanto dei voyeristi incalliti, che si eccitano all’idea di poter spiare dal buco della serratura i vizi del Palazzo.

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