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Banco Popolare e Bpm, ecco il menu delle nozze

Tutto pronto (o quasi) per le nozze tra Banca Popolare di Milano (Bpm) e Banco Popolare (BP). Si fa sempre più vicina, infatti, la fusione tra le due banche. Si sancirebbe così la prima aggregazione a un anno di distanza dal decreto Renzi che ha imposto la trasformazione in società per azioni per i dieci istituti cooperativi più grandi. In questa maniera nascerebbe il terzo gruppo bancario, dietro Intesa Sanpaolo e Unicredit.

GLI INCONTRI

Il presidente dell’istituto veronese, Carlo Fratta Pasini, e i numeri uno della Bpm, Piero Giarda e Mario Anolli, sono stati ricevuti ieri in via Nazionale, sede della Banca d’Italia governata da Ignazio Visco, mentre gli amministratori delegati del Banco, Pier Francesco Saviotti, e della Popolare di Milano, Giuseppe Castagna, sono volati a Francoforte per presentare alla Vigilanza della Bce capeggiata da Danièle Nouy l’operazione che vede per la prima volta la fusione di due istituti sotto la vigilanza Banca centrale europea presieduta da Mario Draghi.

LA GOVERNANCE SECONDO IL CORSERA

L’impianto di governance dovrebbe prevedere – scrive oggi il Corriere della Sera – una holding con un board tradizionale di 19 amministratori (con 3 vicepresidenti di cui uno vicario) più 5 sindaci; Fratta Pasini sarebbe presidente, Saviotti presidente del comitato esecutivo di 7 membri. “Nove amministratori saranno di provenienza Banco, 7 Bpm e tre indipendenti tra i quali Castagna che sarà ceo, mentre Maurizio Faroni resta direttore generale con delega alla finanza; scrive Fabrizio Massaro del quotidiano Rcs. Per un triennio ci sarebbe una banca-rete controllata, la Bpm spa, con un suo board di 9 amministratori (6 di Bpm, 3 del Banco).

I PUNTI SECONDO MILANO FINANZA

Uno dei punti di forza del piano, scrive Mf/Milano Finanza oggi, è “l’autonomia concessa a Piazza Meda”. “Pur essendo dimensionalmente più piccola del Banco in termini di attivi, Bpm ha fatto di tutto per ottenere una fusione alla pari”. Ecco perché, aggiunge Luca Gualtieri del quotidiano del gruppo Class editori, “nella nuova superpopolare il gruppo milanese potrebbe restare un’entità autonoma per un periodo di tre anni grazie alla costituzione di una Bpm spa interamente controllata dalla capogruppo”. Dentro questo veicolo potrebbero confluire, aggiunge Mf, anche le altre reti commerciali che il Banco ha in Lombardia, cioè quelle ex Popolare di Lodi ed ex Popolare Crema e Cremona. Infine, “sembra che lo scambio sarà alla pari, con 12 azioni Bpm ogni azione Banco Popolare”.

LA RICOSTRUZIONE DI REPUBBLICA

“A quanto pare la Bce aspetta di conoscere più dettagli sulla fusione”. E’ quello che oggi scrive il quotidiano la Repubblica. Ai vertici delle due popolari sarebbero stati chiesti approfondimenti sul piano industriale e su alcuni aspetti di governance che, secondo certe ricostruzioni, verranno forniti in tempi brevissimi, ma non abbastanza brevi da far convocare i rispettivi consigli in questo fine settimana, per approvare l’operazione e far partire la due diligence, ha scritto Vittoria Puledda, che aggiunge: “E’ probabile che i punti sotto la lente riguardino la struttura del nuovo gruppo, che prevede una spa frutto della fusione tra Bpm e Banco, ma anche una banca-rete controllata, una nuova “Banca popolare di Milano spa” con un proprio consiglio e autonomia garantita per 6 anni. Una soluzione trovata per moltiplicare poltrone e accontentare le varie “anime” all’interno delle due banche, dicono i maligni; un modo per dare identità territoriale alla rete lombarda, dicono altri; comunque, un passaggio poco efficiente sotto il profilo della gestione e del controllo dei costi, potrebbe aver obiettato la Bce”. “Altro punto che ragionevolmente potrebbe aver interessato la Bce è la gestione dei crediti deteriorati, i Npl, particolarmente “importanti” nei conti del Banco. Nella fusione tra i due gruppi si era ipotizzato di “aggredire” e ridurre sostanzialmente la montagna di Npl nell’arco di cinque anni (è probabile che un atteggiamento più aggressivo porterebbe a dover irrobustire il capitale, cosa che né Saviotti né Castagna vogliono fare)”.
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