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Vi spiego i delicati equilibri politici in Iran

Nel delicato scacchiere mediorientale, il ruolo dell’Iran sarà destinato a crescere negli anni a venire: e la rimozione progressiva delle sanzioni economiche, che tanto interessa anche alle imprese italiane, è soltanto una delle ragioni che inducono a crederlo. In occasione del Capodanno persiano, il Nowruz, che coincide con l’arrivo della primavera, vi sono stati almeno due eventi molto significativi: il primo è stato un messaggio di auguri del Presidente Obama, che ha sottolineato una volta di più come i benefici del cosiddetto “accordo sul nucleare” con l’Iran siano innegabili, anche se richiederanno del tempo per produrre benefici apprezzabili; il secondo è il clima di forte tensione che ha accompagnato i festeggiamenti in Turchia, dove in molte città è stato sfidato il divieto di celebrare pubblicamente il Nowruz. Anche ad Istanbul sono stati segnalati disordini, repressi dalla polizia turca, con uso di lacrimogeni, idranti e addirittura proiettili di gomma. Si tratta soltanto della punta di un iceberg, nella contrapposizione violenta tra sunniti e sciiti: ma ormai non vi è angolo del mondo islamico in cui tale lacerazione non abbia prodotto, direttamente o attraverso il contrapposto sostegno alle fazioni in guerra, un’escalation di conflitti, attentati, morte e distruzione. In questo senso, in ossequio al suo ruolo leader nella regione, l’Iran non ha mai rinunciato a svolgere un ruolo di primo piano nei conflitti regionali, provocando la dura reazione degli Stati Uniti e, pur se con molti distinguo, dell’Unione Europea.

A nostro avviso, però, anche l’embargo economico e il lungo negoziato sul nucleare, hanno soltanto nascosto, e nei fatti differito, la mutua necessità di scendere a patti e ricominciare a dialogare per  gli equilibri del mondo prossimo venturo: cerniera tra il “Vecchio” Occidente e il “Nuovo” Oriente, un Iran messo in ginocchio da una pesante crisi economica, rischiava infatti di essere assorbito dalle crescenti influenze della Russia, storico partner economico e militare, e della Cina, che mai ha fatto mistero delle sue ambizioni egemoni nella regione. Si dirà, per inciso, che il petrolio iraniano viene considerato una risorsa strategica dai quadri dirigenti cinesi, forti di un legame commerciale privilegiato rinsaldato durante il lungo embargo petrolifero.

Nel frattempo, però, in Iran si è svolta una importante tornata elettorale, che ha visto una grande partecipazione popolare, quasi ad esorcizzare il terribile ricordo della violenta repressione del 2009. Ne sono usciti vittoriosi gli alleati moderati e riformisti del presidente Rouhani. Proprio Rouhani, nel corso di un comizio pubblico a Yazd, ha voluto significativamente sfidare il divieto di parlare pubblicamente dell’ex presidente Khatami, agli arresti domiciliari proprio per aver sostenuto la Rivoluzione Verde del 2009. Nel ringraziarlo per il sostegno offerto ai candidati eletti nella regione, Rouhani lo ha definito uno “splendente fiore e luce”, con una scelta terminologica che, tornando alle rivoluzioni del 2009, non può passare inosservata. Gli ha fatto però eco la Guida Suprema Ali Khamenei, che, proprio in occasione del Capodanno, ha voluto invece sottolineare come l’anno 1395, appena iniziato, debba essere quello della resistenza economica e dell’azione, per sconfiggere la disoccupazione e la recessione. Non può sfuggire l’aperto confronto fra due mondi: quello della crescita economica e della stabilizzazione interna, e quello della diplomazia e del riformismo sociale. E sullo sfondo, piuttosto evidente, il peso delle grandi potenze mondiali che sostengono questi due diversi mondi. In un contesto così complesso, con il mondo sunnita scosso dalla feroce presa di potere dell’estremismo, non ci si può permettere una destabilizzazione dell’Iran.

L’Italia può e deve giocare un ruolo fondamentale, agendo con coraggio e facendo tesoro di una relazione privilegiata maturata da decenni, per contribuire alla crescita economica e culturale di una paese fondamentale per gli equilibri del mondo che verrà: lo dobbiamo anche agli “splendenti fiori e luci” che ci credettero nel 2009, a costo della propria vita.

Giovanni Lippa, PhD, Scuola di Alta Formazione Europea e Mediterranea, Jean Monnet

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