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Esselunga, ecco quanto vale l’impero di Caprotti

Bernardo Caprotti - 2007 Esselunga

Meglio uno straniero piuttosto che un italiano. Soprattutto se quest’ultimo è lo storico nemico, tinto di rosso. Bernardo Caprotti lo ha messo nero su bianco nel testamento aperto mercoledì 5 ottobre nello studio del notaio Carlo Marchetti (figlio di Piergaetano, nominato presidente della capogruppo Supermarkets Italiani).

IL TESTAMENTO ANTI COOP

Esselunga non dovrà mai andare alle (odiate) Coop, finite nel mirino dell’imprenditore scomparso venerdì 1 ottobre. Piuttosto, un potenziale acquirente può essere la olandese Ahold: «Sarebbe l’ideale» ha messo per iscritto nel documento che contiene le sue ultime volontà. Un colosso, quello nordeuropeo da 60 miliardi di giro d’affari, grazie anche al matrimonio (nozze da 25 miliardi) celebrato di recente con la belga Delhaize, uno dei modelli di Caprotti e uno dei soggetti che negli anni passati avvicinò il vulcanico patron di Esselunga. Ora, però, nessun merger si farà.

IL FUTURO DI ESSELUNGA

Per alcuni anni, come decretato anche dal consiglio d’amministrazione della stessa Supermarkets Italiani che ha congelato il dossier della vendita, la catena della grande distribuzione da 7,3 miliardi di ricavi, 153 store e 22 mila dipendenti, resterà in mano agli eredi, in particolare alla seconda moglie, Giuliana Albera, e alla terza figlia Marina Sylvia. A loro, dopo l’apertura del testamento, è andato in totale il 70% del controllo del gruppo della gdo e il 55% de La Villata Partecipazioni, la cassaforte immobiliare che ha in portafoglio 83 supermercati sparsi in giro per l’Italia. A gestire la società il management, voluto da Caprotti e confermato sulla tolda di comando, a partire dall’amministratore delegato Carlo Salza.

TRA FIGLI A PARENTI

Ovviamente, adesso, il mercato guarda a questo nuovo assetto di comando che, numeri alla mano, è solido, visto che i figli di primo letto, Giuseppe e Violetta, hanno in mano il 30% del gruppo della gdo e il 45% della società di real estate. Nessuna minoranza di blocco, dunque, all’orizzonte. Tanto più che da quel che si dice, Giuseppe e Violetta, non hanno intenzione di mettere i bastoni tra le ruote al resto della famiglia e alla dirigenza. Quello che semmai potrebbe accadere, in termini ereditari, è che i due figli estromessi dalla gestione, assistiti dai loro legali, valuteranno se analizzare le donazioni che Caprotti padre fece in vita. Ma questa disamina, che potrebbe ricalcare o ricordare la vicenda dell’eredità dell’Avvocato Gianni Agnelli, con la figlia Margherita in guerra (legale) da anni, non avverrà ora. Passerà del tempo. Anche se non va del tutto scartata, si sostiene in ambienti legali e consulenziali.

I VERI NUMERI DEL GRUPPO

Ma quanto vale realmente Esselunga? Finora, come anticipato lo scorso 27 luglio da MF-Milano Finanza, al gruppo della grande distribuzione era stato assegnato un valore di 6 miliardi. Questa, per lo meno, era la valutazione fatta dal fondo Usa Blackstone, interessato come Cvc e successivamente Bc Partners, all’acquisto della catena lombarda. Un valore che comprendeva anche parte del perimetro immobiliare dell’azienda dei Caprotti. Ora che nel testamento, lo scomparso Bernardo ha esplicitamente fatto il nome di Ahold, si possono fare valutazioni più concrete. Partendo, ovviamente, dai multipli ai quali attualmente tratta il big olandese-belga: il rapporto ev/ebitda è di 6,29 volte.

VALORI E CONFRONTI

Applicando questo moltiplicatore al margine operativo lordo consolidato del gruppo italiano (dato al 2015), ossia 625 milioni, si ha un equity value di 3,93 miliardi. A questa cifra va sommato l’indebitamento finanziario lordo che a fine 2014 ammontava a 896 milioni. In definitiva, il valore complessivo dell’azienda Esselunga è di 4,8 miliardi. Ma a questa stima puramente di mercato e realizzata esclusivamente prendendo a riferimento i parametri di valutazione di Ahold (Carrefour tratta a 6,66 volte l’ebitda, Sainsbury a 5 volte, Tesco a 9,04 volte, Wal-Mart a 7,64 e Kroger 6,69 volte, giusto per prendere a riferimento altri colossi quotato del settore), va aggiunto anche un premio di maggioranza, visto che comunque il potenziale compratore vorrebbe avere il controllo assoluto della catena milanese che è il quarto player del mercato con una quota di mercato dell’8,7%, alle spalle di Coop Italia (15%), Conad (11,7%) e Selex (9,4%).

EFFICIENZA E POSIZIONAMENTO

Inoltre, il calcolo non può trascurare altri due elementi cruciali per la valutazione economica. Il primo è legato all’efficienza gestionale e operativa dell’azienda, giudicata la migliore su scala nazionale dall’analisi di R&S Mediobanca, grazie a un indice di vendita per metro quadrato di 16 mila euro, il doppio della media degli altri competitor su suolo nazionale, ovvero 8.150 euro. L’altro elemento da non trascurare è il posizionamento geografico: Esselunga è di fatto leader in Lombardia, la regione più ricca d’Italia e settima in Europa per pil ed è presente solo nel Centro-Nord, a parte l’appendice romana. Quindi nel calcolo ipotetico del valore del gruppo non si può non trascurare questo fattore territoriale.

IL PATRIMONIO IMMOBILIARE

A ciò va anche aggiunto che gli eredi Caprotti hanno in mano un imponente portafoglio immobiliare (supermercati con contratti d’affitto blindati e di lunga durata con il gruppo operativo). La Villata Partecipazioni dispone di asset per un controvalore di 987 milioni a fronte di un patrimonio netto di 920 milioni. Stime di settore assegnano un potenziale valore del braccio real estate di almeno 1,7 miliardi, se non 2 miliardi. Tradotto quindi, tutto l’impero che ruota attorno a Esselunga può ampiamente valere tra7 e 8 miliardi.

I POSSIBILI PRETENDENTI

E chi può avere a disposizione questa somma per comprarsi la catena della gdo? Fermo restando che per i prossimi anni il dossier finirà in un cassetto, per volontà dello scomparso Bernardo Caprotti e per decisione della capogruppo Supermarkets Italiani, i potenziali compratori non mancheranno di certo. Oltre ai fondi che già si erano fatti avanti con l’advisor Citigroup, potrebbero prima o poi tornare alla carica i big internazionali. Venerdì 7 Ahold -Delhaize si è trincerata dietro al più classico dei «no comment». Ma il gruppo olandese-belga deve ancora digerire e gestire l’aggregazione. Esclusa, come indicato nel testamento, la spagnola Mercadona (anni fa aprì un ufficio a Milano per trattare con Caprotti), il boccone Esselunga potrebbe fare gola all’americana Wal-Mart. Mentre difficilmente si avvicineranno l’inglese Tesco o la francese Carrefour, seppur radicata in Italia dopo alcuni anni di difficoltà (circolava l’ipotesi che, come la connazionale Auchan, volesse uscire dal mercato italiano). Fuori gioco, al momento, l’universo Cdp, per l’impossibilità di trovare un pool di investitori industriali italiani; e anche Andrea Bonomi con la sua Investindustrial non ha la capacità per sostenere un simile deal.

INDISCREZIONI DI MERCATO

E allora chi? Indiscrezioni di mercato riferiscono di un potenziale interesse della catena russa X5, 14 miliardi di fatturato e 1,1 miliardi di ebitda, che fa capo alla Alfa Group del magnate Mikhail Fridman (patrimonio stimato in 15,4 miliardi di dollari). Quest’ultimo conosce bene il mercato italiano, essendo socio di riferimento, sempre attraverso Alfa Group, del gruppo telefonico Vimpelcom, co-proprietario di Wind, la compagnia telefonica che sta per convolare a nozze con 3 Italia, dopo il via libera dell’Unione Europea. Chissà se questo scenario, con l’eventuale opzione russa, sarebbe piaciuto a Caprotti?

(Pubblicato su MF/Milano Finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)

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