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Popolare di Vicenza e Veneto Banca, ecco quanto costerà allo Stato lo spezzatino alla veneta

Di Bruno Guarini e Fernando Pineda
Pier Carlo Padoan

L’operazione di “salvataggio” di Popolare di Vicenza e Veneto Banca potrebbe costare circa 10 miliardi di euro allo Stato. E’ la stima che circola fra gli addetti ai lavori a latere della disponibilità di Intesa Sanpaolo a rilevare la parte sana delle due banche a un valore simbolico di 1 euro.

LO SCENARIO

E’ questo uno dei risultati della colletta sfumata da 1,25 miliardi pro quota da parte dei principali gruppi creditizi per colmare vecchie perdite delle venete e consentirne la ricapitalizzazione “precauzionale” di Stato da 3,4 miliardi. Le stesse banche hanno rispedito al mittente l’idea di “risoluzione”, che avrebbe gravato sui loro conti economici. A subire il salasso saranno dunque i contribuenti italiani e non solo Atlante, i 200 mila vecchi soci e 1,2 miliardi di bond subordinati. Azioni e titoli che di fatto da ieri valgono zero.
COSA FARA’ INTESA
Ma come si arriva all’importo di circa 10 miliardi di euro a carico dello Stato come indicato all’inizio? Vediamo. Repubblica ricorda oggi che Intesa comprerà fino a 25 miliardi di crediti buoni, meno di un migliaio di agenzie e parte degli 11.100 dipendenti (ma 1.460 bancari veneti saranno “venduti” dentro alcune controllate): “Si stimano 3.500 tagli dal piano, ma lo Stato si sarebbe impegnato a contribuire con mezzo miliardo agli esuberi, che così saranno tutti volontari, sul di Ubi che ha comprato (a 1 euro) le tre banche ponte Etruria, Marche, Carichieti”, scrive Andrea Greco di Repubblica.

I COSTI PER LO STATO

Aggiunge Repubblica: “Nella parte sana, che però il compratore valuta «a un prezzo simbolico», lo Stato dovrebbe garantire con circa 3 miliardi che i crediti rilevati non assorbano patrimonio al compratore, che diventerà leader assoluto nel Nord Est; e dovrebbero passare a Intesa gli 1,4 miliardi di crediti d’imposta nelle pieghe dei due gruppi”. Non solo: “Lo sbilancio tra valore di libro e di mercato dei crediti da liquidare, (solo 10 miliardi le sofferenze, vicino al doppio il conto allargato) è stimato in almeno 5 miliardi, che lo Stato sembra impegnato a finanziare con i bond Vicenza e Veneto già emessi con garanzia pubblica e pari a 10 miliardi”.

I MUGUGNI DEL TESORO

Forse anche per questi motivi dal Tesoro, come scritto oggi dal Corriere della Sera, filtra scarso entusiasmo per la reale disponibilità di Intesa, visti i molti paletti posti dal gruppo creditizio milanese. Tanto che il Corsera titola sulla sorpresa del governo: “Ai piani alti di Via XX Settembre, sede del ministero guidato da Pier Carlo Padoan, più di qualcuno è rimasto un po’ sorpreso dalla mossa di Carlo Messina, capo azienda dell’istituto milanese”. Aggiunge l’autore dell’articolo Mario Sensini: “Di sicuro quella di Intesa Sanpaolo è una proposta che non risolve tutti i problemi posti dal dissesto delle popolari venete. Scongiura il rischio di prospettive più dolorose per i risparmiatori, assicura la continuità dei due istituti, salvaguarda i depositanti e tutela i conti dell’acquirente. Ma non affronta alcuni nodi cruciali, come l’assorbimento dei crediti difficili delle venete, che Intesa non vuole accollarsi. Lasciando la patata bollente in mano al governo, al quale si chiede anche di blindare l’operazione con una legge”.

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