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Il pane e il vino. Le regole firmate dal cardinale Robert Sarah

Gesù era ebreo e l’unico pane che era destinato a consumare era privo di lievito. Le ragioni sono scritte nella Bibbia e si richiamano alla fuga del popolo di Israele dall’Egitto. San Paolo nel Nuovo Testamento utilizzerà più volte l’espressione del lievito, e soltanto secoli dopo la nascita di Cristo venne introdotto l’utilizzo del pane azzimo in forma di ostie per ragioni igieniche. In ogni caso, una volta assunta dai cristiani la validità della dottrina della Transustanziazione, la conversione del pane e del vino in corpo e sangue di Cristo dichiarata durante l’Ultima Cena, si stabilì anche la bontà del sacramento dell’Eucaristia. Bontà non riconosciuta invece per quanto riguarda la creatività in materia di Comunione: sabato 8 luglio infatti la congregazione per il Culto divino e la disciplina dei sacramenti, guidata dal cardinale guineiano Robert Sarah, ha diffuso una circolare, redatta in data 15 giugno, solennità del Corpus Domini, dove si evidenziano le norme sulla composizione chimica delle ostie e del vino.

IL DOCUMENTO
Il documento ribadisce quanto messo per iscritto nella Redemptionis Sacramentum del 2004, ma evidentemente si è sentito il bisogno di riaffermare la centralità delle regole stabilite a Roma mettendo in chiaro che il pane utilizzato per la comunione deve essere “azzimo, esclusivamente di frumento e preparato di recente, in modo che non ci sia alcun rischio di decomposizione”, e che il vino sia “naturale, del frutto della vite, genuino, non alterato, né commisto a sostanze estranee”. Facendo ben attenzione che “sia conservato in perfetto stato e non diventi aceto”, e che non ci sia alcun dubbio su “genuinità e provenienza”. Sono invece potenzialmente valide confezioni con “organismi geneticamente modificati”

LE RAGIONI DELLA PUBBLICAZIONE
I timori riguardo alla possibilità di “abusi liturgici” deriva dal fatto che in passato il compito di confezionare i prodotti per la celebrazione dell’Eucarestia era riservato esclusivamente ad alcune comunità religiose, mentre oggi sia le ostie che il vino da Messa vengono venduti un po’ dappertutto, dai supermercati di ogni genere fino al web. Colpa del calo delle vocazioni, che hanno portato ad abbassare notevolmente la possibilità di effettuare controlli o hanno comunque fatto venire meno molta dell’attenzione riservata alle prassi liturgiche.

GLI ABUSI LITURGICI
Pare inoltre che nel tempo si sia diffusa la pratica di aggiungere, nel confezionamento delle ostie, altri ingredienti come zucchero, frutta, miele. Perciò nel documento si sottolinea la necessità, oltre che della correttezza da parte dei produttori e dei venditori, di possedere sufficiente esperienza per la preparazione del prodotto. E non sono nuove situazioni in cui il vino è stato sostituito con la birra, come ha spiegato monsignor Claudio Magnoli, specificando che “in alcuni casi c’è stata una sorta di teologia dell’adattamento”. È magari bastato qualcuno in Olanda sostenere che la bevanda tipica del Paese è la birra per legittimare la pratica di questi “abusi liturgici”. Lo stesso vale per altre aree dove invece che del frumento si coltiva ad esempio il riso, o altri cereali.

IL NODO DEL GLUTINE
In relazione inoltre a chi, per motivi di salute come la celiachia, ha problemi con l’ingerire normale pane e vino, il documento sottolinea che “le ostie completamente prive di glutine sono materia invalida per l’Eucaristia”, mentre sono consentite quelle dove è “presente una quantità di glutine sufficiente per ottenere la panificazione senza aggiunta di sostanze estranee e senza ricorrere a procedimenti tali da snaturare il pane”. Per il mosto, invece, è sufficiente che sia “conservato sospendendone la fermentazione tramite procedure che non ne alterino la natura”, come ad esempio il congelamento.

I RILANCI DELLE TESTATE INTERNAZIONALI
Vietato il gluten free, insomma, e accettabili soltanto i casi in cui vi è una percentuale minima di frumento: quanto basta per suscitare nell’opinione pubblica e sui social network incomprensioni, reazioni, rimproveri, come accaduto dopo che testate internazionali come la BBC e il Telegraph hanno rilanciato la notizia titolando che “Il Vaticano mette fuori legge il pane senza glutine per la Comunione”, dando la sensazione che la Santa sede se la fosse presa con celiaci e intolleranti, colpevoli di essere tali.

LA SMENTITA DELL’ASSOCIAZIONE ITALIANA CELIACHIA
La realtà però è che le norme indicate nel documento sono state approvate in accordo con l’associazione italiana Celiachia e riconoscono la validità, per l’Eucaristia, delle ostie in cui “è presente una quantità di glutine sufficiente per ottenere la panificazione senza aggiunta di sostanze estranee e senza ricorrere a procedimenti tali da snaturare il pane”. Ovvero quantità minime tollerabili di glutine. Per chi invece presenta una forma di celiachia grave si può fare la Comunione anche soltanto con il vino. Chi infine ha problemi con l’alcol, basta il succo d’uva non fermentato, cioè il mosto. E il consiglio rilasciato dall’associazione ai parroci è di “conservare in ogni parrocchia una quantità adeguata di ostie per celiaci in un contenitore a parte”, per “evitare manovre o atteggiamenti che possano far sentire diversi i fedeli celiaci”.

LE DICHIARAZIONI DI COLDIRETTI
È perciò necessario che i prodotti siano genuini secondo quanto indicato dal Codice di diritto canonico, quello che porta i commercianti ad apporre sulle bottiglie la dicitura “ex genimine vitis”, “dal frutto della vite”. Pronta la risposta della Coldiretti, che in un comunicato ha indicato come l’agricoltura italiana offra alla Chiesa la qualità adatta, anzi la migliore, per una celebrazione eucaristica “doc”.

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