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Perché gli editori Usa sbraitano contro Google e Facebook

Di Lukas I. Alpert, Brent Kendall e Deepa Seetharaman

Gli editori della carta stampata stanno facendo appello al Congresso Usa al fine di avere l’imprimatur per la negoziazione collettiva con Alphabet-Google e Facebook, in quanto il “duopolio digitale”, come definiscono i due big, ricopre una posizione sempre più dominante nell’ambito della pubblicità online e della diffusione delle notizie.

News Media Alliance, l’associazione che rappresenta circa 2.000 organizzazioni dagli Stati Uniti al Canada, afferma che disposizioni antitrust antiquate hanno avuto “l’effetto indesiderato di preservare e proteggere la posizione dominante di Google e Facebook”, limitando la capacità degli editori di favorire insieme il cambiamento. La legge federale in materia di antitrust impedisce ai competitor di coordinare decisioni commerciali e strategie di mercato. In caso di concessione di una deroga da parte del Congresso, il gruppo ha anticipato che mirerà a una maggiore protezione della proprietà intellettuale, a un migliore supporto ai modelli di sottoscrizione digitale e a una ripartizione più equa delle entrate e dei dati sui clienti. “Il giornalismo di qualità è fondamentale per difendere la democrazia ed è indispensabile per la società civile”, ha sottolineato il presidente dell’associazione David Chavern. “Per garantire un futuro a questo genere di giornalismo gli organi di informazione che lo finanziano devono poter negoziare collettivamente con le piattaforme digitali in materia di controllo di diffusione e accesso al pubblico”.

Gli editori sono da tempo frustrati per il ruolo sproporzionato di Facebook nella divulgazione delle notizie e per l’imponente presenza nel mercato della pubblicità digitale. Google e Facebook dovrebbero attrarre oltre il 60% della spesa per pubblicità digitale negli Stati Uniti di quest’anno. E la quota di mercato combinata sta crescendo. I due colossi tecnologici hanno intrapreso iniziative per lavorare più strettamente con gli editori, sia grandi che piccoli, e quindi affrontare problematiche quali la transizione dalla carta al digitale. Nei mesi scorsi Facebook ha tenuto numerosi incontri con gli editori per discutere temi come l’adattamento delle sottoscrizioni digitali (per consentire un maggiore controllo sull’advertising), il desiderio della piattaforma di più contenuti video e la modalità per gestire meglio il problema delle bufale. Alcuni degli incontri sono stati “molto accesi”, hanno riferito i partecipanti. “È imperativo che il mondo dell’informazione abbia modelli di business sostenibili e vogliamo giocare un ruolo nel contribuire a questo processo; abbiamo dialogato costruttivamente con decine di organi di informazione e speriamo di farlo con altri ancora”, ha raccontato Campbell Brown, responsabile delle partnership news per Facebook, in risposta alla presentazione della News Media Alliance. Inoltre Big G ha cercato di entrare in contatto con gli editori a dispetto di feroci critiche provenienti da alcune agenzie di stampa sulle sue prassi.

Da anni Robert Thomson, amministratore delegato di News Corp, accusa Google e in misura minore Facebook di essere una piattaforma per la pirateria. “Vogliamo aiutare gli editori a riuscire nella transizione al digitale”, recita una dichiarazione di Google. “Negli ultimi anni abbiamo sviluppato numerosi prodotti e tecnologie specializzate e pensate appositamente per agevolare la diffusione, il finanziamento e il sostegno dei giornali. Questa è una priorità e continuiamo a essere profondamente impegnati nell’aiuto agli editori con le loro sfide e le loro opportunità”.

Per assicurarsi una dispensa ad agire collettivamente questi dovranno identificare un legislatore disposto a introdurre norme nel loro interesse. Tale deroga è però una rarità e le prospettive a proposito della spinta dell’alleanza restano poco chiare. “Probabilmente il Congresso ne adotterà una ogni 8-10 anni o giù di lì, ma sono impopolari, attirano un bel po’ di attenzione da ambo le parti e credo sia giusto dire che ne sono proposte e rifiutate poche dozzine da ogni Congresso”, ha spiegato Christopher Sagers, professore di legge alla Cleveland State University. Una andata a buon fine risale al 2004, quando il Congresso ha concesso una dispensa del regime di antitrust ai programmi che distribuiscono gli studenti di medicina nei corsi di specializzazione presso gli ospedali e le strutture sanitarie. L’industria della carta stampata ha ottenuto una deroga nel 1970 con l’approvazione del Newspaper Preservation Act, che in determinate circostanze concede a testate concorrenti della stessa area geografica di combinare le attività produttive e commerciali. La legge è stata elaborata con lo scopo di aiutare i giornali finanziariamente vulnerabili a rimanere a galla al fine di preservare la copertura mediatica ed evitare il monopolio della stampa in una determinata comunità. Simili accordi tuttavia si sono ridimensionati nel tempo e la deroga è stata criticata come inefficace.

(Articolo pubblicato su MF/Milano Finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)

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