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Da De Gasperi all’IA: come si scrive la storia. Lezioni di futuro
L’Europa (in)difesa. Tutte le mosse di Bruxelles

Chi tiene in gabbia l’Unione?

La costruzione europea attraversa un periodo di criticità. Le tensioni legate agli interessi dei singoli Stati, il farraginoso processo decisionale intergovernativo e il sentimento anti-Unione che anima una fetta della popolazione del vecchio continente non stanno incoraggiando la strada della governance economica. Ma ci sono altri interrogativi che agitano le fondamenta della casa europea e ne minano crescita e futuro: le regole comuni. Può l’Unione essere travolta dai “paletti” che essa stessa si è costruita? Formiche ha voluto dedicare all’argomento la copertina di dicembre, ospitando le riflessioni di: Giuseppe Guarino, Paolo Savona, Giulio Sapelli e Carlo Secchi.

La fase recessiva in cui la zona euro si appresta a galleggiare è per molti stata determinata dall’ostinata esigenza di rigore finanziario. Un esempio su tutti è quel Fiscal compact che impone agli Stati l’inserimento in Costituzione del pareggio di bilancio e la riduzione entro venti anni del debito pubblico al di sotto del 60% del Pil. Un provvedimento che aveva finora diviso gli esperti, ma che secondo Giuseppe Guarino paventerebbe un evidente profilo di incostituzionalità. A marzo 2011 con l’atto chiamato “Europlus” si è introdotto il Trattato “non europeo, ma di diritto internazionale” – puntualizza Guarino sul numero in edicola di Formiche –  denominato Fiscal compact, che ha introdotto il principio della parità di bilancio. Il giudizio è pesante: “I regolamenti che nel 1997 hanno introdotto il pareggio di bilancio, applicati ininterrottamente per tredici anni sino al 6 dicembre 2011, sono viziati da incompetenza assoluta. Non si tratta di semplice illegittimità, ma di assoluta carenza di potere”. Il pericolo di questa situazione non riguarda più solo i singoli Stati, m l’euro come moneta e l’Unione nel suo complesso. Per questo è necessario, secondo il giurista, esigere dai governi nazionali che venga eliminata ogni incertezza e che si ritorni alla lettera e allo spirito del Trattato di Lisbona.

Diversa l’opinione di Carlo Secchi, direttore del gruppo italiano della Trilaterale e vicepresidente dell’Ispi. Per Secchi “la Bce deve diventare una vera banca centrale per il Vecchio continente”, mentre il sistema bancario deve evolversi “in un’unione di banche con la Bce responsabile della supervisione prudenziale”. Il fiscal compact, lungi dal rappresentare una soluzione di continuità della struttura normativa continentale, “deve essere implementato rapidamente” per avere “più Europa”.

C’è un altro fantasma che si aggira per l’Europa ed è quello di una nazione egemone, la Germania, che ha fatto del rigore finanziario la cifra dell’integrazione continentale. Un problema grave anche perché Berlino, contestata per le sue scelte, non sembra interessata ad assumere gli oneri della leadership. La Germania, dice Paolo Savona, “non ha intenzione di svolgere il ruolo di Paese leader europeo”, ma poiché lo è “di fatto” e sulla base dei “meccanismi biogiuridici cui ha dato vita”, questa non è più una scelta, ma “un obbligo”. Gli risponde Giulio Sapelli, che vede nella storia economica del nostro Paese il segno di una disomogeneità e di un pluralismo che erano e sono naturalmente recalcitranti alla “gabbia d’acciaio postweberiana della moneta unica”, All’Italia come agli Stati Uniti, non conviene un’Europa tedesca, ma un’Europa “europea, ossia federale, ossia poliarchica”, dove “poteri situazionali non democratici” competono con “poteri territoriali democratici”. Sarebbe questa, secondo Sapelli, la chiave per superare la crisi di legittimità e legittimazione messa in evidenza da Guarino.

Interviene sulla fase delicata dell’Europa anche il nostro fondatore, Paolo Messa, che ci spinge ad una più attenta difesa dell’interesse nazionale superando polemiche di parte e l’ottica emergenziale che ci ha resi distratti verso le grandi tematiche politico-istituzionali europee.

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