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Le scintille ancora accese della Primavera araba in Tunisia

Sono passati due anni da quando Mohamed Bouazizi, un venditore ambulante tunisino, si è immolato per protestare contro la precarietà economica e gli eccessi del regime del presidente Zine El-Abidine Ben Ali. Per molti, la sua azione rappresenta la scintilla della Primavera araba.

Un’ondata di cambiamenti spinti dallo scontento popolare, senza precedenti nella mappatura politica del nord dell’Africa. Dopo la Tunisia le rivolte sono arrivate in Egitto, Libia, Yemen e Siria. Ognuna con modalità e tempi diversi.

Ma qual è il bilancio di quelle rivoluzione due anni dopo? Nel 2009 Barack Obama aveva detto in un discorso al Cairo che sarebbe cominciata una nuova fase nei rapporti tra gli Stati Uniti e il mondo islamico. Nel bene e nel male.

In un servizio della Public Radio International si raccolgono le impressioni di diversi analisti: i più pessimisti sostengono che la Primavera araba ha semplicemente sostituito dittatori corrotti – che stavano per consegnare il potere ai figli – ad altri regimi islamisti, sempre estranei al compromesso democratico. Per i più ottimisti, invece, la Primavera araba è un processo lento e rischioso, che cammina verso la giusta direzione ma ha bisogno di tempo.

In Tunisia, ad esempio, non è ancora tutto risolto. Il Paese celebra oggi il secondo anniversario della Primavera araba in un clima di tensione sociale e politica dovuto alla crescente minaccia jihadista e all’empasse sulla Costituzione. Il presidente Moncef Marzouki ha dato il via alle cerimonie di oggi alzando la bandiera in piazza della Kasbah. Di seguito, verrà firmato all’Assemblea nazionale costituente un “patto sociale” che avrà come missione arginare la crescente conflittualità sociale causata dalla povertà e la disoccupazione, che va oltre il 20%.

Ma come ricorda il servizio della Public Radio International, “in Tunisia, Egitto e Libia sono stati abbattuti i regimi dittatoriali. I cittadini hanno vissuto processi elettori e hanno dimostrato che sono disposti a difendere la propria libertà”. E quello, forse, è il migliore punto di partenza verso un futuro migliore.

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