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Musica legale su Internet, la scommessa possibile

Chi ha vissuto la nascita del web ricorderà senz’altro la parabola di Napster: la corsa degli utenti alla musica gratis tramite il file sharing è stata rapidissima, così come la reazione delle grandi case discografiche e degli artisti, fino alla chiusura del sito nel 2001.

Oggi il peer-to-peer non è certo scomparso e l’industria dei contenuti è attiva come sempre nella battaglia contro la pirateria, ma si sta anche interrogando su quali nuovi modelli di business siano validi nell’era di Internet. Apple ha trovato un’abile risposta con ITunes, grazie soprattutto a mini-prezzi, un catalogo ricchissimo e un marchio senza rivali.

La Svezia, una delle nazioni più “connesse” del mondo, patria del famigerato Pirate Bay, è anche la culla di Spotify, che offre musica in streaming. Proprio lo streaming sta spopolando tra il pubblico di Internet: nella stessa Svezia rappresenta il 57% del fatturato dell’industria della musica nel 2012, stando ai dati dell’associazione di settore ripresi dal sito Key4biz, pari a una crescita del 14% sul 2011; in UK, Spotify ma anche Last.fm e Deezer hanno fatto schizzare gli streaming musicali del 700% l’anno scorso. La musica si scarica in parte gratuitamente, in parte si paga: Spotify ha 15 milioni di utenti attivi, di cui 4 milioni abbonati.

In Italia (dati Fimi), nei primi sei mesi del 2012 la musica digitale è cresciuta del 43% e rappresenta oggi il 33% dell’intero mercato discografico. Da noi il download (61% del fatturato digitale) vince sullo streaming, ma cresce comunque l’accesso legale alla musica online (+22% nel 2011). Micro-pagamenti, catalogo molto più ampio rispetto ai negozi fisici e qualità del prodotto offerto possono essere elementi convincenti.

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