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Oltre i sondaggi. Ecco gli scenari post-voto tra Bersani, Monti, Berlusconi e Grillo

“E ora passiamo la linea alla nostra inviata al quartier generale del Movimento 5 stelle. C’è grande euforia, vedo”. “Sì c’è grande gioia qui, (rumori) Grillo non è ancora uscito, sono tutti in trepidante attesa, ma ha lanciato un messaggio via Twitter 5 minuti fa..”. Li vediamo già i salotti del prossimo lunedì sera. Sì, perché a prescindere da qualunque risultato elettorale, la novità cui la nostra politica dovrà abituarsi sarà la presenza di un gruppo di parlamentari di estrazione strettamente popolare sotto le insegne delle 5 stelle. Un movimento che non ha condotto una campagna elettorale ma un tour di un comico-politico denominato “Tsunami”.

I numeri

E la portata dell’onda sarà proporzionale al numero di rappresentanti che riusciranno a varcare la soglia della Camera e del Senato. La pattuglia si annuncia nutrita: i sondaggi, che mai come oggi brancolano nell’incertezza essendo alle prese con un quadro che non ha precedenti nel passato recente (nel 2008 i due partiti principali – Pd e Pdl – avevano aggregato il 70% dei votanti, oggi faticheranno a superare il 50%), li accreditano, per non sbagliare, almeno del 15 per cento. E se fossero di più? La domanda è scomoda. Non tanto per Silvio Berlusconi, che tranne sensazionali colpi di scena sembra fuori causa a quest’ultimo giro di walzer (dopo una campagna elettorale comunque in forte rimonta, recuperando parte dei suoi delusi), i problemi sono in particolare per Pierluigi Bersani.

Gli scenari

Se Pd+Sel non dovesse avere una maggioranza come appare, se non dovesse bastare l’apporto della coalizione centrista a guida Monti come alcuni sussurrano, e se oltre al boom della formazione di Beppe Grillo ottenesse un piccolo successo anche il movimento di Oscar Giannino (Fare-Per fermare il declino) e magari il peso di Rivoluzione Civile dovesse essere superiore alle aspettative, il prossimo presidente del consiglio potrebbe dover ritornare di colpo alla prima repubblica, a un mondo multipolare con un “centro” (sinistra) di gravità. Impossibile (per fortuna) pensare a una nuova Unione, la sfida potrebbe essere rappresentata da un governo a maggioranze variabili, su singoli temi e provvedimenti.

La mappa delle Regioni

Gli avvicinamenti a livello locale sono già una realtà. In Sicilia i 5 stelle collaborano con il governatore Crocetta, espressione Pd e Udc, che con la sua lista “Il megafono” intende superare i democrats al Senato aggregando fuoriusciti da altre formazioni (“l più grande mercato delle coscienze mai avvenuto in politica”, ha detto Raffaele Lombardo). In Lombardia (e non solo, vedi Dellai) molti candidati centristi al Parlamento hanno già espresso il proprio endorsement nei confronti di Umberto Ambrosoli. A fronte di una “non-maggioranza”, e per non ritornare rapidamente alle urne – una soluzione che comunque non garantirebbe successivamente la stabilità, garantendo invece il prolungamento dell’instabilità nel semestre bianco (ne sarebbero felici Hollande e Cameron, pronti a prendere qualche altro volo per commesse) – il viatico possibile potrebbe essere un ritorno al passato, al penta, al multi-partito.

“Ci vediamo in Parlamento, sarà un piacere” promette da tempo Grillo, lanciando una carovana colorata con un programma in 20 punti molto chiaro. Con quale Premier? E quale governo? Oltre al programma c’è di più? A differenza delle politiche microlocali, estremamente vicine alla filosofia di un comitato come il meetup e potenzialmente sviluppabili anche tramite un crowdfunding (quindi con meccanismi non elettorali), il lavoro parlamentare ha tra i suoi presupposti un indirizzo “ideologico” (parola resa vetusta ma tremendamente attuale) che ai cosiddetti “grillini” manca più che agli altri, se non nelle forme del rifiuto dell’esistente.

I movimenti del Movimento

Questo non solo rende difficilissima l’autosufficienza del Movimento in Parlamento, diversamente da quanto può più facilmente accadere per un consiglio comunale (caso Parma), ma lascia inevasa una domanda importante: quanto di questo programma sarà realmente attuabile? Lo status quo prevarica infatti i confini nazionali. A seguito della crisi dei debiti e degli spread l’Unione Europea ha ulteriormente rafforzato la propria golden share sui processi legislativi nazionali, consolidando una presenza crescente nel corso degli anni in aree sempre maggiori di vita pubblica. La grande maggioranza dell’attività legislativa nazionale (con stime che superano il 60%) oggi è la trasposizione di direttive comunitarie, compresa la legge di stabilità. E nonostante tutto, nel nostro Paese, è molto forte il sentimento europeista. Difficile andargli contro, sia nella forma che nella sostanza.

Le valutazioni del Pd

Bersani ha già definito la propria coalizione “uno squadrone per vincere e tornare al governo dell’Italia”. Un’affermazione che in qualche modo fa riecheggiare “la gioiosa macchina di guerra” di occhettiana memoria. Ma tra i suoi avversari, oggi, non c’è una nuova Forza Italia. E sarà gioco forza lui il punto di riferimento in Italia e per l’Italia da martedì in poi. Dopo essersi accreditato nelle ultime settimane in giro per il continente, dalla sua potrebbe rivelarsi un capace project manager, rassicurando i mercati con la presenza di Monti, affrontando la drammatica questione del lavoro da mediatore tra le istanze di Ichino (per chi fa impresa) e di Vendola (per l’impiego), favorendo il processo di rinnovamento della macchina statale con Giannino e spingendo per la rottura delle distanze tra palazzo e cittadini – restituendo loro un po’ di fiducia nella cosa pubblica – con il Movimento 5 stelle.

Probabilmente fantapolitica. Sicuramente troppo, in un Paese in cui i compromessi sono raramente al rialzo, in cui ognuno, per voler massimizzare l’utilità individuale, minimizza quella collettiva. Ma il ritorno al passato a guardarlo (e a usarlo) bene potrebbe invece rivelarsi un ritorno al futuro.

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