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Xi Jinping, il politico pragmatico secondo Hillary Clinton

Xi Jinping è un leader pragmatico e più politico rispetto al suo predecessore alla guida della Cina, Hu Jintao. Parole di Hillary Clinton. L’ex segretario di Stato americano ha espresso gli apprezzamenti per il presidente cinese durante una cena in suo onore organizzata a Los Angeles dal Pacific Council of International.

L’ex numero uno della diplomazia statunitense, che ha lasciato l’incarico lo scorso gennaio, ha inoltre fatto riferimento al cosiddetto sogno cinese, parola d’ordine della dirigenza del Dragone ufficialmente entrata in carica lo scorso marzo, e che a detta di Clinton si sta muovendo in modo pragmatico.

Quello cinese riecheggia nel nome il sogno americano, sono tuttavia sfumati i contenuti. Si parla ad esempio di rinascimento cinese e la stessa signora Clinton ha ammesso di voler capire meglio se si tratti di rinnovato fervore nazionalista a scapito degli altri Paesi della regione o di un modo per migliorare la vita di 1,3 miliardi di cinesi.

Clinton non è stata mai troppo gradita alla Cina. L’ex segretario di Stato ha legato la sua azione al rinnovato interesse Usa per l’area del Pacifico, il cosiddetto pivot asiatico della politica economia ed estera di Washington, fatta anche del riposizionamento di truppe e risorse nella regione. Una strategia considerata una forma di contenimento della Cina e della sua influenza.

I quattro anni di Clinton al dipartimento di Stato sono stati inoltre occasione per rimarcare valori giudicati universali da Washington, che rischiano di essere considerati un’intrusione nella vicende interne della Cina.

Un’enfasi su certe tematiche, come i diritti umani e la libertà di internet, dettata, secondo molti osservatori, dalle aspirazioni presidenziali per il 2016. Senza contare due possibili crisi come furono la fuga nel consolato Usa a Chengdu di Wang Lijun, ex super poliziotto nella megalopoli di Chongqing, che diede inizio allo scandalo Bo Xilai e il caso del dissidente Chen Guangcheng che trovò riparo nell’ambasciata statunitense a Pechino, poco prima della visita di Clinton nella capitale e cui fu concesso di partire per gli Stati Uniti, ufficialmente con una borsa di studio.

Altro capitolo affrontato dall’ex numero uno della diplomazia è stato il nodo militare in questi giorni alla ribalta per la pubblicazione dell’annuale rapporto del Pentagono sulla forza cinese. Pechino a rigettato in particolare le accuse di spionaggio, definite “infondate”.

Un tema quello delle intrusioni di pirati informatici sempre più presente nel rapporto tra i due Paesi che hanno trovato un’intesa per istituire un meccanismo di cooperazione sul tema, durante la visita a Pechino dell’attuale segretario di Stato Usa, John Kerry, delle scorse settimane.

Xi ha detto Clinton,”farebbe un gran servizio al Paese e al mondo mantenendo il controllo e assicurandosi che non ci sia scollamento tra la leadership del Partito e quella militare”. Leadership entrambe nelle mani del capo di Stato cinese, come segretario generale del Pcc e presidente della Commissione militare centrale.

È l’imperatore Xi il ritratto sulla copertina dell’Economist per la seconda volta in sei mesi. Questa volta con le vesti di Qianlong, quinto sovrano della dinastia Qing, l’ultima a reggere il Celeste Impero cinese. Il sovrano che nel 1793 non ricevette l’inviato di Sua Maestà britannica. Segno di una grandezza che dovrebbe rivivere nel “sogno cinese” di Xi, se il nuovo leader,che sta consolidando velocemente il proprio potere, saprà affrontare i problemi della Rpc: un contesto sociale in cui ci sono segni di malcontento, l’economia che dà qualche segno di cedimento.

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