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L’ultimo giro di ballo sul Titanic della finanza globale

“Le attività rischiose hanno proseguito la loro ascesa”, scrive la Banca dei regolamenti internazionale nel suo ultimo Quaterly report. “L’ulteriore allentamento monetario – avvisa la superbanca centrale – ha fatto sì che gli operatori non dessero peso ai segnali di decelerazione della crescita mondiale, e nemmeno la serie di dati economici negativi pubblicati tra metà marzo e metà aprile ha interrotto il rialzo delle quotazioni azionarie”.

Insomma: il ballo è ripartito alla grande. Il diluvio della liquidità, per adesso, ha alzato il livello del mare sul quale naviga il Titanic della finanza globale. Ma la Bri illustra con chiarezza che l’iceberg che ha provocato l’ultimo grande naufragio, nel 2008, è ancora lì: nascosto dalle acque alte, ma sempre lì. E a leggere il report della Bri si ha la sensazione che tutti lo sappiano. Solo che l’istinto di godersela finché dura è più forte di qualunque altra forma di buon senso.

Si balla finché si può.

La scommessa, anche queste volta, si gioca sul tempo. Vincerà la gara di ballo chi saprà sfilarsi dal transatlantico prima dell’impatto, che nel nostro caso coinciderà con la fine delle politiche accomodanti, per le quali si inizia a individuare un orizzonte.

“Le dichiarazioni pubbliche in cui esponenti della Federal Reserve valutavano i tempi di una riduzione graduale degli acquisti di titoli hanno a più riprese provocato nervosismo sui mercati, a indicare fino a che punto il clima di mercato dipendesse dall’allentamento monetario”, scrive ancora la Bri. L’andamento della curva dei futures sui Fed fund, sottolinea, indica “l’aspettativa che il tasso sui federal fund uscisse dall’intervallo attuale entro marzo del 2015″. Una data, quella del 2015, che avevamo già anticipato qui.

Poi però l’ottimismo è ripartito, e adesso le aspettative sono tornate incerte. Tutti sanno che prima o poi la bonanza finirà, ma ci si guarda bene da immaginare quando. Tutti sanno che il boccino è innanzitutto nelle mani degli Stati Uniti. Ma ci si guarda bene dal ricordarlo.

Per il momento l’attività che prevale è quella del carry trade, che abbiamo già visto i danni che ha provocato nell’eurozona e che adesso si sta svolgendo senza più freni, spinto dall’ulteriore allentamento monetario in Giappone, a livello globale, al quale, non a caso, la Bri dedicato uno specifico approfondimento.

Le statistiche della Bri confermano quest’andazzo.

I dati, che si riferiscono all’ultimo trimestre 2012, mostrano un chiaro rallentamento delle attività transfrontaliere, quindi del credito interbancario, subito dalle economie avanzate, diminuite di 472 miliardi di dollari, a favore di quelle emergenti.

Il motivo è semplice: gli operatori finanziari, sempre più alla ricerca di rendimenti accattivanti, abbandonano i mercati obbligazionari, i particolare quelli giapponesi e americani, e comprano bond nei paesi a più alto rendimento (ossia rischio), quali i paesi emergenti, appunto, e quelli del sud dell’eurozona, ormai palesemente assimilati agli emergenti. E infatti le attività verso le banche del Giappone, sempre nell’ultimo trimestre 2012, sono aumentate del 7,7%, ossia di 53 miliardi di dollari.

Quindi si prendono a prestito attività giapponesi per comprare passività altrove. O, per dirla in altro modo, si fanno debiti in Giappone per comprare attivi dove conviene.

E’ il carry trade, bellezza.

Le banche dell’eurozona sono quelle che meno di tutte hanno “catturato” risorse. I “prenditori”, come li chiama la Bri, ossia coloro che prendono soldi dall’estero, hanno visto calare il flusso delle risorse di ben 284 miliardi a fine 2012, e in particolare le banche tedesche e francesi, seguite da quelle di Finlandia e Lussemburgo. Quindi le banche inglesi (-97 miliardi) e poi quelle americane (-132 miliardi).

Sicché a fine 2012 la quota delle banche dell’eurozona sull’ammontare totale delle attività estere in ha toccato il minimo storico del 38%, ben lontano dal 55% del secondo trimestre 2008.

Al contrario i “prenditori” delle economie emergenti hanno visto aumentare di 43 miliardi di dollari il flusso di risorse a loro disposizione, con tutto ciò che di rischioso ciò comporta a livello sistemico per le loro economie.

Ma siccome il ballo è ricominciato, per il momento a occuparsene sono solo coloro che per mestiere devono lanciare allarmi.

Come la Bri, appunto, che infatti rileva come ” il rapporto carry/rischio, una misura ex ante del rendimento corretto per il rischio degli investimenti denominati in valuta estera, è risultato elevato negli ultimi mesi, in particolare per diverse divise dei mercati emergenti”.

Ma chi se ne cura?

E’ nella logica stesso del ballo delle finanza globale spremere i rendimenti finché ci sono. Godersi l’ultimo giro di ballo.

Dei danni, che prima o poi ne conseguiranno, si occuperà qualcun altro.

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