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Dov’è finita la new economy (e i suoi posti di lavoro)?

Una volta si parlava di boom della new economy. Oggi si può a ragione parlare di occasione mancata. L’Internet economy italiana contribuisce alla formazione del Pil nella misura di appena il 2%, circa 32 miliardi di euro, rispetto alla media europea del 4% (con picchi del 7% in paesi come Germania e Nord Europa). Lo dice lo studio “Professioni e Lavoro nel 21esimo secolo” curato da Glocus.

Con un tasso di disoccupazione giovanile al 40,5%, l’Italia deve tornare a puntare sul sistema della formazione, per creare i professionisti dell’Ict di cui non solo il nostro Paese, ma tutta l’Europa avrà presto fame: nell’intero continente, entro il 2015, si prevede che ci saranno circa 900.000 posti di lavoro vacanti nell’Information and Communication Technology.

“Noi partiamo in ritardo perché abbiamo mancato l’obiettivo che l’Europa si era data per il 2000/2010”, sostiene il presidente di Glocus, Linda Lanzillotta. “L’agenda di Lisbona ci diceva di puntare tutto sulla formazione, sulla ricerca, sull’innovazione. Ma in Italia nell’ultimo quindicennio il settore dell’education è stato il più definanziato del bilancio pubblico”.

“La ricerca, l’istruzione e la cultura non hanno un valore ingenuamente accessorio”: lo conferma l’ultimo studio Unioncamere-Fondazione Symbola, secondo cui l’Italia dell’industria culturale e della creatività (non solo gestione del patrimonio artistico, libri e musica, ma anche video, software, games, design…) è quella che mostra più resistenza alla crisi: +3,3% il numero delle imprese, +0,5% gli occupati e saldo della bilancia commerciale in attivo per quasi 23 miliardi di euro nel 2012.

L’Italia che “crea”, tecnologia compresa, genera il 5,4% della nostra ricchezza (75,5 miliardi di euro) e occupa 1,4 milioni di persone: “Solo l’industria meccanica fa meglio”, sottolinea Claudio Gagliardi, segretario generale di Unioncamere. Peccato non puntare più risorse in questa direzione, aumentando il tasso di innovazione e competitività di un’industria che ha già dalla sua il marchio “made in Italy” che tutto il mondo apprezza.

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