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Papa Francesco visto dalla babele della stampa estera

La Giornata Mondiale della Gioventù è terminata e già iniziano i tentativi di inserire in categorie predefinite Papa Francesco. Alcuni gli vogliono addirittura attribuire un colore politico – di destra o di sinistra, conservatore o progressista? – a costo di qualche evidente semplificazione e molte incomprensioni. I più segnalano le “svolte” di Bergoglio, in contrapposizione a chi invece lo pone nel solco della tradizione millenaria della Chiesa. La stampa italiana è ovviamente la caposcuola nell’esegesi delle parole del Pontefice argentino, ma anche quella straniera non rimane certo a guardare.

Un Monde di interpretazioni

In un editoriale di questa mattina il francese Le Monde, pur convenendo che non vi sia una volontà di incidere sulla dottrina cattolica, saluta con un benvenuto “il cambio di tono” impresso dal Papa sulla questione omosessuale soprattutto. Si tratta di una “piccola musica nuova” – sentenzia il quotidiano vicino alla sinistra d’Oltralpe – per la quale “ci possiamo augurare che vada anche oltre”. Ma nel desiderio di presentare la distonia tra una Chiesa attuale, che accoglie e perdona, e quella lugubre del passato che proibiva e condannava, un articolo della giornalista Stephanie Le Bars suggerisce un titolo circa l’essere “favorevole all’apertura agli omosessuali”, che mostra di confondere la misericordia con l’accondiscendenza ed esprime una forzatura di parole che il Papa non ha mai pronunciato.

Parola di Time

Gli accenti e i paragoni musicali sono ripresi anche dall’americano Time, che dedica addirittura la cover a Francesco affibbiandogli il titolo di “Papa della gente”, per la sua predisposizione al contatto con le folle. Così giocando sulla contrapposizione costante tra gli approcci “conservatori” dei predecessori, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI – come di coloro che oggi si scandalizzano dell’accantonamento di alcuni simboli, per esempio le scarpe rosse e la croce d’oro, o la decisione di non vivere nell’Appartamento papale – e i gesti di rottura del nuovo Papa, il reporter Howard Chua-Eoan, intervistando il teologo americano Robert J. Dodaro, scrive appunto che “Ratzinger era musica classica”, mentre “Bergoglio è folk”. Giungendo, però, in conclusione a riconoscere che, non cambiando le convinzioni dottrinali della Chiesa, “ci vorranno ancora tante parole e azioni per comprendere a fondo il cuore di Francesco”.

Qui Usa

Che non sia facile inserire Francesco in una categoria precostituita lo sa John L. Allen, vaticanista americano di lungo corso. “Ci troviamo ad aver a che fare con una persona meno semplice di come viene descritta, e dal pensiero ben strutturato – dice il corrispondente del National Catholic Reporter – E non è un caso, è un gesuita”. Eppure il bisettimanale americano di Kansas City, di tendenze progressiste, ci prova. Puntando tutto su quanto il Papa ha detto in merito alla povertà e all’emarginazione sociale. “Non credo che si possa chiamare Papa Francesco un liberazionista (vicino alla teologia della liberazione), scrive il reporter Mario T. Garcia, tuttavia, forse, in un modo tutto suo, sta cercando di resuscitare la teologia della liberazione come movimento centrale nella Chiesa, in opposizione alle critiche dei suoi due predecessori”.

La stampa tedesca

E sui temi prettamente etici e socio-economici puntano anche i giornali tedeschi, sottolineando la distanza che separerebbe Bergoglio e posizioni più prudenti del passato. Il magazine Publik Forum, in un articolo di Michael Seiterich, addirittura sottolinea come “finalmente Papa Francesco con le questioni scottanti osa agire da “pontefice”, cioè come un “costruttore di ponti” molto oltre il segmento dei devoti papalini conservatori”; Der Spiegel evidenzia nella “lotta contro la corruzione” il vero obiettivo indicato dal Papa ai giovani per costruire un mondo migliore.

Visto da Madrid

Le interpretazioni troppo sociali e sociologiche non convincono il quotidiano ABC. Il giornale di riferimento dei cattolici spagnoli, di tendenze conservatrici e oggi diretto da Angel Exposito, contesta i “pittori del progressismo sociale” che avrebbero presentato un “ritratto interessato di generazioni di giovani senza ideali né punti di riferimento, oltre che troppo distanti da Dio”. In realtà, dice l’editorialista Jaime González, “tali pittori saranno rimasti stomacati da questa doppia pagina: milioni di giovani riuniti a Copacabana che scandiscono in coro il nome di Cristo”.

Conclusioni
Rivoluzionario o tradizionalista, quindi? E’ forse presto per dirlo, posto che possa essere possibile farlo. A ben guardare però – parola di Francesco – la  rivoluzione non starebbe solo le strutture della curia da riformare o nei temi etico-sociali da riconsiderare. La prima rivoluzione, personale, e’ quella interiore, indicata da Madre Teresa, non a caso citata dal Pontefice, che a esplicita domanda rispondeva: “la prima  cosa da cambiare nella Chiesa siamo tu ed io”.

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