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Perché Letta ha chiesto a Obama di rilanciare la leadership americana

Della visita del Presidente del Consiglio a Washington, i nostri mezzi di informazione hanno messo soprattutto in rilievo le solite iperbole di circostanza (“Obama promuove l’Italia”, “partner eccezionale”, “integrità e leadership”) elargite dall’”imperatore” d’oltreoceano.

Un riconoscimento certo gradito da chi, come Letta, sin dalla sua prima allocuzione in Parlamento, ha senza esitazioni dichiarato la sua fede atlantica (ed europea). Una patente di affidabilità, quella conferitagli da Obama, che egli tenterà ora di far valere anche all’interno della sua sempre rissosa coalizione di Governo. La politica estera italiana non può infatti essere fatta soltanto di economia, come si pretende a Bruxelles, ma anche delle sottostanti solidarietà politiche, americane in difetto di quelle europee.

Svoltasi subito dopo lo scioglimento del nodo gordiano fiscale americano, l’incontro ha registrato le reciproche dichiarazioni di solidarietà per le comuni difficoltà nel far quadrare il bilancio, le condivise preoccupazioni per il dilagare di istinti populisti, con le loro ripercussioni all’interno dei rispettivi schieramenti politici. Le agende sono sostanzialmente comuni, a dimostrazione che la terra si è “rimpicciolita”, e che se Atene piange…

Nell’avvalersi dell’utile sponda transatlantica (“l’Italia va nella giusta direzione”), il nostro Primo Ministro ha dal canto suo sottolineato al suo interlocutore l’opportunità di una più esplicita presenza di Washington nella gestione degli affari del mondo: “ci serve la leadership americana”, ha detto. Non soltanto per la stabilità nel Mediterraneo, in Siria, in Libia, ma anche nell’ambito europeo (nel momento in cui la Germania emersa dalle elezioni si appresta a chiarire le sue intenzioni).

Invitandolo fra un anno, durante il semestre di presidenza italiana dell’Unione, non soltanto in Toscana (della quale l’ospite ha detto di apprezzare, piuttosto che l’arte, la cucina!), ma soprattutto a Bruxelles. Un appello alquanto esplicito, quello di Letta, proveniente da una nazione non molto influente sulla scena internazionale ma, a differenza degli altri protagonisti, priva di secondi fini.

Nel frattempo, si spera che i negoziati per il libero commercio transatlantico (TTIP) abbiano percorso buona parte della loro strada, contribuendo a confermare la solidarietà euro-americana dalla quale continuano a dipendere le sorti del mondo. E possibilmente, chissà, ad influenzare positivamente le elezioni al Parlamento europeo e quelle di metà mandato americane.

Nell’auspicabile più precisa presa di coscienza che il modello occidentale, euro-americano, rappresenta ancora, e per il futuro prevedibile, la principale forza di propulsione e di attrazione per la ricomposizione del sistema internazionale nell’attuale confusa fase di transizione internazionale.

Argomenti tutti forse troppo esoterici per i nostri mezzi di informazione, sempre in altre faccende affaccendati.

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