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Vi spiego che Fare di Avio

Avio è un piccolo gioiello industriale: un’azienda solida, con alle spalle una lunga fila di bilanci in utile, numerosi progetti di ricerca e, infine, notevoli successi, tra cui spicca il vettore VEGA.

Attualmente AVIO è controllata da Finmeccanica (15%) e da un fondo di investimenti straniero, Cinven (81%). Quest’ultimo sarebbe però intenzionato a dismettere le proprie quote (la parte civile dell’azienda è già stata venduta a GE a fine 2012). Ma arriviamo dunque agli sviluppi recenti: visti gli attuali problemi, Finmeccanica non è in grado di sostituire Cinven. Dall’altra parte, molti temono una vendita all’estero dell’azienda, per i suoi risvolti negativi a livello industriale. Dunque, che FARE?

Fondamentalmente, ci sono due posizioni. La prima consisterebbe nel lasciare libero il mercato: Cinven dovrebbe vendere al migliore offerente senza curarsi del suo passaporto. Altrimenti, si correrebbe il rischio di creare l’ennesimo carrozzone statale. La seconda vorrebbe invece mettere una serie di paletti volti a proteggere l’italianità di AVIO.

A mio modo di vedere, entrambe, se così espresse, sono sbagliate.

I fautori della presunta posizione liberale sostengono che un intervento statale porterebbe Avio a ripercorrere le discutibili sorti di Alitalia. Questa visione ha una serie problemi di fondo, principalmente a livello empirico e teorico. In primo luogo, a livello empirico, nell’ultimo decennio, AVIO è già stata di fatto soggetta – più o meno esplicitamente – ai paletti del governo italiano. Basta vedere i poteri che vennero dati a Finmeccanica quando Avio venne venduta al fondo americano di investimenti Carlyle Group. Non si capisce dunque perché i paletti che in passato hanno portato al successo dell’azienda oggi dovrebbero portare a risultati opposti.

Il secondo problema è di natura teorica. Da una parte, chiedere l’intervento del mercato in un contesto nel quale il mercato non esiste pare un po’ fuori luogo. Il mercato dei vettori spaziali non infatti è quello delle patatine. Esiste di fatto un solo cliente, il governo nazionale. A livello di offerta, invece, si è di fronte ad un oligopolio. Lasciare libero il mercato quando il mercato libero non è equivarrebbe a buttare un bambino nella fossa dei leoni, disarmato, sulla base dei nostri valori volti alla tutela degli animali.L’avevo spiegato ad Oscar Giannino più di un anno fa quando quest’ultimo suggeriva la totale privatizzazione di Finmeccanica per ovviare ai vari scandali interni all’azienda. Le stesse considerazioni valgono oggi.

Dall’altra parte, Avio ha alcuni dei requisiti per essere definita un’azienda strategica: le sue competenze sono frutto di decenni di investimenti, di know-how tangibile e intangibile, l’azienda inoltre opera in un mercato imperfetto e, infine, sia direttamente che indirettamente – con il suo lavoro – l’azienda evita che l’Italia sia vittima delle ritorsioni oligopolistiche di altri Paesi. Se l’Italia perdesse queste produzioni, i suoi competitor internazionali potrebbero sfruttare questi punti di debolezza per poter eliminare la competizione italiana anche in campi annessi.

Siamo dunque di fronte ad un trade-off: con i paletti il rischio è di non vendere, senza paletti, si rischia di vendere a condizioni che non ci avvantaggiano. Poiché a vendere è Cinven, l’unica soluzione che resta sul tavolo consiste nell’ingresso della Cassa Depositi e Prestiti nel capitale di Avio. Ciò ha ovviamente possibile risvolti positivi e negativi e lascia aperta una domanda fondamentale. Da una parte, AVIO dovrà competere sui mercati internazionali, pertanto la natura dell’azionista di maggioranza potrebbe avere relativamente poca importanza. Ovviamente, nel caso in cui quest’opzione venisse percorsa, sarebbe opportuno assicurarsi che il board di AVIO sia composto di persone di primaria competenza e senza conflitti di interesse. Dall’altra parte, c’è il rischio non secondario che l‘azienda finisca “dietro” la curva della tecnologia: la tecnologia evolve, e quando si vogliono proteggere competenze tecnologiche, c’è il rischio non secondario di finire in ritardoQuesta ovviamente non è una prerogativa delle aziende a controllo pubblico. Ma il problema va preso in considerazione. In parte, secondo alcuni VEGA – il progetto per cui AVIO è celebre – rischierebbe proprio di appartenere a questa categoria: con la miniaturizzazione dei satelliti, l’utilità di vettori di medie dimensioni starebbe scemando. Ma questa è solo speculazione.

La vexata questio è però un altra: se il nostro Paese non investe di più nello spazio, il futuro di Avio sarà comunque segnato, a prescindere dalla soluzione selezionata per il suo controllo. Forse sarebbe più utile spostare l’attenzione su questo tema.

Sintesi di un’analisi più ampia che si può leggere qui

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