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Vi spiego perché il 2014 sarà l’anno della ripresa economica. Parla Beffy

E se il mondo all’improvviso cambiasse? L’esercizio, di fanta-economia, lo ha fatto Pierre-Olivier Beffy, capo economista di Exane Bnp Paribas, ipotizzando cinque sorprese macro che potrebbero completamente stravolgere lo scenario del prossimo anno e lasciare di stucco il consensus degli analisti che ha già decretato quale sarà la congiuntura nel 2014. L’economista avverte che si tratta di ipotesi con una probabilità di avverarsi tra i 5 e il 30%, quindi alcune altamente improbabili, ma altre non così irrealistiche.

SI TORNA A SPENDERE
Ha il 25% di probabilità di avverarsi quella Beffy definisce “Eu(ro)foria dei consumi”. “Sebbene il consensus rimanga prudente sulle prospettive dei consumi nel 2014 nell’Eurozona – spiega a Formiche.netdiversi fattori, come ad esempio l’aumento del potere di acquisto delle famiglie grazie alla stabilizzazione del tasso di disoccupazione e al calo dell’inflazione, ci portano a ritenere che i consumi del Vecchio Continente, e in particolare quelli di beni durevoli, possano riservare sorprese positive nel prossimo anno”. In particolare in Paesi come Italia e Francia, cioè in quelle aree in cui il tasso di risparmio è storicamente elevato, o Spagna, in cui la minore pressione fiscale potrebbe spingere al rialzo la possibilità di acquisto delle famiglie, si potrebbe registrare una maggiore propensione all’acquisto di beni durevoli, “automobili in primis, nei prossimi 9 mesi, beni che sono obsoleti dato che acquisti di tal tipo sono rimasti sopiti negli anni successivi alla crisi finanziaria”.

LA CRESCITA AMERICANA
Quotato al 10%, il QE4 da parte della Fed, potrebbe sopraggiungere nel momento in cui la crescita americana si pianti di fronte a un mercato del lavoro stagnante e a un peggioramento dell’inflazione. “Allora la Fed – prosegue Beffy – potrebbe lanciare un’ulteriore manovra di easing monetario per accelerare la ripresa. D’altro canto il nuovo governatore della Fed, Janet Yellen, che sostituirà Ben Bernanke il prossimo primo gennaio, si è dichiarato pronto a tutto pur di sostenere il ritmo di crescita degli Stati Uniti. Resta, tuttavia, da chiedersi quali potrebbero essere gli effetti di tale manovra, dopo che il QE3 non è riuscito nell’intento sperato, se non quello di immettere ulteriore liquidità sui mercati”.

LA BCE RIALZA I TASSI
Ancora più improbabile (5%) che la Bce rialzi i tassi. “Sebbene un atteggiamento dovish (da colomba, ovvero favorevole a tassi bassi, ndr) della Bce nel medio termino sia una view ormai consensuale – avverte l’economista di Exane – qualora, a seguito di una ripresa europea maggiore delle stime, la Germania sia protagonista di un surriscaldamento, specialmente sul mercato del lavoro a causa della scarsa presenza di lavoratori qualificati, la Banca Centrale europea potrebbe reagire attraverso un aumento dei tassi. Una decisione che inciderebbe in particolare su Spagna e Italia a causa della sensibilità dei tassi ipotecari in questi due Paesi”.

FINE DELL’IMPERO CELESTE
L’hard landing cinese è dato al 15%. “Le prospettive di crescita sono state molto sotto pressione negli ultimi due anni – dice Beffy – e potrebbero esserlo di più in una fase in cui il ribilanciamento dell’economia cinese verso un modello consumer driven incide sul ritmo di crescita del Paese e in cui le autorità possono adottare un tono monetario e fiscale più restrittivo per risolvere il problema dello shadow bancario. Se si aggiunge una debole crescita della domanda, un’inflazione maggiore delle stime nonché un peggiormento della coppia costo/competitività del Paese rispetto alle altre economie asiatiche un hard landing non è così improbabile”.

IL CASO FRANCESE
Qualora l’estrema destra riporti una vittoria in Francia nelle elezioni del 2014, il sentiment di mercato sarebbe sicuramente più sensibile alle cattive piuttosto che alle buone notizie. “La ragione è che il secondo Paese dell’Eurozona assumerebbe una posizione euroscettica – precisa Beffy – senza contare che il rimpasto di governo che potrebbe aver luogo determinerebbe conseguenze a livello di Eurozona nel suo complesso, e cioè rallentamento delle riforme, pausa nel processo di riequilibrio, assenza di un quadro istituzionale ottimale”.

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