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Ma che ci fa coi soldi il fondo Esm?

Il 18 marzo è stato il giorno più bello della sua pur breve storia, per l’Esm, il cosiddetto fondo salvastati. Per chi non lo ricordasse l’Esm è la punta di diamante della controffensiva europea contro la crisi. Una sorta di novello San Giorgio, armato di una acuminata lancia da 700 miliardi (ancora in costruzione) che dovrebbe far retrocedere l’attacco del Drago che morde ora questo ora quel paese.

Il 18 marzo, dunque, il nostro Esm conquista due pietre miliari: da una parte la Corte costituzionale tedesca dice che sì, va là, può anche continuare a stare in piedi, a patto però che non chieda alla Germania più dei 190 miliardi previsti; dall’alta il temutissimo comitato di Basilea ha assegnato alle obbligazioni emesse dall’Esm il livello 1 High Quality Liquid Assets (HQLA), che implica la concessione di un rischio zero, che non richiede quindi alcun accantonamento di capitale.

Il fondo Esm, che ovviamente risiede in Lussemburgo, ha festeggiato con decorosa compostezza le due buone notizie, rilasciando addirittura due note stampa, e poi si è rimesso al lavoro. Quale? Sostanzialmente incassare i contributi degli stati finanziatori, emettere obbligazioni e prestare i soldi agli stati in difficoltà.

A proposito. Ormai l’Esm è diventato grandicello, e dal primo luglio 2013 ha definitivamente preso il posto del fondo EFSF, che potremmo definire simpaticamente come il suo papà. Da allora si è messo ventre a terra ad emettere obbligazioni, attività di cui era stato specialista fino ad allora l’EFSF, che ancora a luglio piazzava un bond a cinque anni per 4 miliardi, ad agosto altri bond a 21 anni per tre miliardi, fino a quando, ai primi di ottobre non è arriva il primo bond targato Esm: titoli a 7 anni per sei miliardi.

Sempre a ottobre, il 31, il fondo incassa dai 17 paesi membri dell’eurozona 15,7 miliardi di euro, ossia la quarta tranche dei trasferimenti previsti, che porta il totale del capitale versato a 64,3 miliardi. Entro il prossimo mese di aprile, spiega il direttore esecutivo del fondo Klaus Regling, il capitale versato arriverà ad 80 miliardi.

Con questa base di capitale versato il Fondo sarà in grado di originare un volume di prestiti di almeno 500 miliardi che, sommati ai 200 miliardi eredita dal papà EFSF, porterà il volume di fuoco complessivo a 700 miliardi, ossia pari al capitale (teorico) dell’ESM.

Se guardiamo un attimo ai fatti nostri, è opportuno rilevare che l’Italia ha il 17,91% del totale delle quote (divenuto il 17,86% dopo l’ingresso della Lituania nell’euro e quindi nel fondo), che implicano una sottoscrizione teorica di oltre 125 miliardi di euro. Di conseguenza entro aprile dovremmo versare all’ESM la nostra quota dei circa 16 miliardi di tranche complessiva. Parliamo quindi di più o meno 2,8 miliardi che portano a oltre 14 miliardi il nostro contributo netto all’ESM a fronte (purtroppo o per fortuna) di nulla.

Non sarebbe peregrino ragionare su un uso diverso di questi fondi, atteso che il fondo, per adesso, non è che sia tanto impegnato: i programmi di assistenza, infatti, sono ridotti al lumicino. E peraltro è gonfio di denaro.

In una nota di fine 2012 leggo del programma di funding dei due fondi per il 2013 e scopro che l’ESM a gennaio 2013 ha anche iniziato un programma di emissione di breve termine per 39,5 miliardi per sostenere la ricapitalizzazione del sistema bancario spagnolo, prima in carico al EFSF e poi trasferita il 29 novembre all’ESM. Le emissioni, da due mesi a tre anni, era previsto si articolassero fra il 2013 e il 2015.

A fine 2013, esattamente il 31 dicembre, il programma di assistenza alla Spagna però è stato dichiarato concluso. Il Fondo ha trasferito all’organismo spagnolo 41,3 miliardi e la Spagna ha dichiarato di non aver bisogno di ulteriore supporto. “Una storia di impressionante successo”, ha dichiarato il direttore esecutivo dell’ESM Regling. che “dimostra come la strategia di fare prestiti a fronte di forti condizionalità funziona”.

Vale la pena approfondire per capire come lavori il fondo. L’ESM, per finanziare il prestito spagnolo, ha emesso debito a breve termine. Le obbligazioni che ne sono derivate son state trasferite al fondo di ricapitalizzazione costituito dal governo (FROB) che a sua volta le ha girate alle banche oggetto di aiuto. Queste ultime non possono vendere sul mercato queste obbligazioni, ma le possono usare per chiedere liquidità alla Bce, alla Banca centrale nazionale o li possono trasformare in Repo, rivolgendosi quindi al mercato dei capitali. Di fatto si usa il debito (ESM) per consentire a un altro soggetto (FROB) di fare altri debiti (con ESM) con i quali pagare i debiti (delle banche) tramite altri debiti (della BCE). In cambio di quest’apoteosi di debito, lo stato spagnolo fa le riforme strutturali (ossia cerca di diminuire i debiti).

Così va il mondo: si fanno debiti per diminuire i debiti.

E soprattutto questo spiega perché la decisione di Basilea di assegnare rischio zero ai titoli ESM abbia provocato una sobria levata di calici. Se il debito dell’Esm è privo di rischio, tutta la catena di debiti che abbiamo visto può allungarsi senza problemi.

Il grosso delle attività dell’EFSF prevista a fine 2012 consisteva invece nell’assistenza finanziaria a Irlanda, Portogallo e Grecia. Per costoro il fondo prevedeva prestiti per 26,6 miliardi, di cui la gran parte in carico alla Grecia (16,5 mld).

Anche per l’Irlanda, però, come per la Spagna, l’assistenza finanziaria, stavolta assicurata dall’EFSF, è terminata l’8 dicembre 2013. Il fondo ha prestato 17,7 miliardi complessivi . L’Irlanda dovrà restituire i suoi prestiti, a fronte dei quali ha contratto debiti con una maturità fino a 22 anni. E ciò spiega perché il fondo “continuerà a lavorare a fianco dell’Irlanda” anche in futuro.

Rimangono in piedi invece i programmi di assistenza per la Grecia, che a fine 2013 aveva già incassato 133,6 miliardi di aiuti ed è previsto ne abbia almeno altri 10,2, il Portogallo, 21,6 miliardi incassati a frobnte dei 26 previsti, e Cipro, che a settembre 2013 aveva già incassato 4,5 miliardi per ricapitalizzare le banche, la metà dei 9 previsti.

Quanto all’ESM, la gran parte dell’attività prevista per il 2013 (Spagna a parte) è stata quella del rollover di debiti in maturazione per quasi nove miliardi. Vale la pena rilevare che entrambi i fondi si sono serviti in passato, come provider per i servizi di supporto alle operazioni di funding della Deutsche Finanzagentur, ossia dell’agenzia finanziaria della Repubblica federale tedesca, quindi colei che gestisce per conto del governo il debito a lunga e a breve dello Stato. Adesso gioca un ruolo anche la Banca europea degli investimenti.

Questo lo stato dell’arte.

A fronte di cotato indebitarsi (e breve e a lungo termine) per prestare, che ha dato un gran lavorio (e altrettante commissioni) a diverse banche europee, forti dei finanziamenti che arrivano dagli stati europei , i fondi, e in particolare l’ESM che ormai è l’unico fondo realmente attivo (il vecchio EFSF non può più essere titolare di nuovi prgrammi di assistenza), galleggiano su una marea di liquidità che deve essere investita.

Per capire cosa ne facciano di questi soldi, l’unico strumento disponibile è il rapporto annuale dell’Esm, relativo al 2012, pubblicato nel giugno scorso, dove si possono trovare diverse informazioni, comprese quelle relative al bilancio del fondo. Purtroppo il rapporto risente della relativa giovinezza dell’ESM, e quindi i dati si riferiscono solo al periodo fra l’8 ottobre 2012 (data di inaugurazione del fondo) e il 31 dicembre. Però, in attesa di leggere il rapporto 2013, possiamo già farci un’idea di come i denari messi a disposizione dagli Stati vengano utilizzati.

Ricordo che fra le azioni possibili dell’ESM c’è anche quella di acquistare bond sul mercato primario degli stati in difficoltà. Tali acquisiti, tuttavia, sono sempre condizionati alle famose riforme strutturali.

L’ESM, ricordo anche questo, oltre ad essere un investitore passivo, nel senso che prende a prestito per prestare, è anche un investitore attivo, nel senso che dà a prestito per valorizzare i propri asset. Le policy di investimento sono specificate nel nostro report e sono ovviamente basate su principi di prudenza e discernimento per assicurare insieme capacità di prestito (ossia di indebitamento del fondo) e cura del capitale versato riuscendo persino, questo almeno è l’intento, ad essere neutrale sul mercato.

A fine 2012, quando il rapporto si chiude, il fondo quindi doveva pensare a come gestire i 32 miliardi fino ad allora ricevuti dagli stati. Non proprio bruscolini. Visto l’ambiente di tassi bassi dell’epoca (quello di oggi è pure più basso) il fondo decise di investire in obbligazioni e depositi con istituzioni pubbliche e, la quota residuale non investita, in depositi di conti correnti. Strategia simile è stata seguita per i primi trimestri del 2013, stando a quanto si legge.

Tutto ciò ha un significato molto semplice: il fondo investe solo in roba ultrasicura, con un rating non inferiore a AA+.

Nella tabella che spiega il profilo di rischio delle controparti, leggo che a fine 2012 l’ESM aveva 7,6 miliardi in liquidità, depositi presso banche centrali e depositi postali, 16,5 miliardi in crediti verso banche (rating AA+), 6,2 miliardi investiti in obbligazioni a reddito fisso a tripla A (magari un bel bond statale nordeuropeo) e altri 2,5 miliardi in obbligazioni a reddito fisso con rating AA+. Il totale fa un po’ più di 32 miliardi.

Alla domanda cosa ci faccia il fondo ESM con i suoi soldi, perciò, potremmo rispondere così: presta i suoi debiti ai deboli e i soldi veri ai forti.

La meravigliosa filosofia dell’eurozona.

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