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Perché Weidmann ora dice a Draghi di fare l’americano

Pubblichiamo grazie all’editore e all’autore l’articolo di Marcello Bussi uscito oggi sul quotidiano Mf/Milano Finanza diretto da Pierluigi Magnaschi

Un «piano di allentamento quantitativo non è fuori discussione». Lo ha dichiarato ieri in un’intervista il presidente della Bundesbank Jens Weidmann. Una svolta clamorosa: per la prima volta il super-falco tedesco apre all’ipotesi che la Bce adotti lo stile della Federal Reserve, che da lungo tempo attua un piano di acquisti di titoli di Stato e di bond legati ai mutui con l’obiettivo di stimolare l’economia statunitensi.

EFFETTO LE PEN

Impossibile non notare che le aperture di Weidmann, pur fatte con i piedi di piombo, sono arrivate due giorni dopo l’affermazione alle elezioni municipali francesi del Front National di Marine Le Pen, che chiede l’uscita di Parigi dall’euro.

I PERCHE’ DELLA SVOLTA

Che il capo della Bundesbank, unico esponente del comitato direttivo della Bce ad aver votato contro lo scudo anti-spread voluto dal presidente Mario Draghi nel 2012, abbia fatto una simile svolta è il chiaro segnale che la situazione si sta deteriorando, sia dal punto di vista politico che da quello strettamente economico-finanziario.

RIPRESA FLEBILE

Se al voto per l’Europarlamento del 25 maggio il Front National diventasse il primo partito in Francia, sarebbe un colpo durissimo per gli europeisti, che finora hanno continuato a propugnare i pregi delle politiche di austerità. Inoltre, la ripresa in corso in Eurolandia è troppo flebile per riuscire a creare posti di lavoro e se si materializzasse lo spettro della deflazione (ora spinge verso questa direzione anche l’indebolimento dello yuan) sarebbe impossibile per qualsiasi Paese bloccare l’aumento del rapporto debito-pil.

LE PAROLE DEL BANCHIERE TEDESCO

Così ieri Weidmann ha passato il Rubicone, dicendo che un piano di allentamento quantitativo «non è fuori discussione», pur sottolineando che «bisogna assicurarsi che la proibizione del finanziamento monetario degli Stati venga rispettata. Dobbiamo discutere la questione e raggiungere idealmente una visione comune». Per quanto riguarda in particolare l’acquisto di titoli di Stato da parte della Bce, Weidmann ha detto che «l’aspetto chiave da considerare è quello della redistribuzione dei rischi fra gli Stati membri».

LE ALTRE APERTURE DI WEIDMANN

Fino a ieri, il presidente della Bundesbank si sarebbe rifiutato di approfondire l’argomento. Weidmann ha anche aperto, in maniera più decisa, al tasso sui depositi negativo per spingere le banche a non parcheggiare i loro fondi in Bce. In serata Draghi ha parlato alla Sorbona di Parigi, ribadendo che la Bce è pronta ad «adottare nuove misure» per garantire la stabilità dei prezzi qualora l’inflazione dovesse scendere ancora. Sempre ieri sono intervenuti sull’argomento ancora una volta il governatore della Banca centrale finlandese Erkki Liikanen, secondo il quale l’acquisto di asset è un’opzione e non violerebbe le regole, e Jozef Makuch, governatore della Banca centrale slovacca, che si è detto aperto a misure di allentamento quantitativo «se necessario». Entrambi sono considerati falchi devoti alla Bundesbank.

LE ATTESE PER LA PROSSIMA RUNIONE DELLA BCE

A questo punto le attese per la riunione del comitato direttivo della Bce salgono alle stelle in programma il 3 aprile salgono alle stelle. Qualcosa bisognerà estrarre dal cilindro, altrimenti la delusione dei mercati sarebbe bruciante. L’apertura di Weidmann ieri ha spinto l’euro verso il basso fino a 1,3769 dollari (il vice presidente della Commissione europea, Antonio Tajani, ha detto che «l’euro a 1,40 dollari è troppo forte per la compettitività delle imprese. Danneggia le economie di Francia, Italia e Spagna e alla lunga danneggerà anche quella tedesca»), mentre le borse europee hanno chiuso in rialzo: piazza Affari +0,9%, Parigi +1,6%, lo stesso guadagno di Francoforte, dove evidentemente è stata accolta con sollievo anche lì la svolta di Weidmann.

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