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Tutti i bluff di Fed e Bce su pil e inflazione

I meteorologi che vengono ascoltati con estrema attenzione sono quelli delle banche centrali, anche se le loro previsioni sono generalmente sbagliate. Alla fine del 2001, ad esempio, il Fomc prevedeva che la crescita americana, nel 2014, sarebbe stata compresa tra il 3.4 e il 4 per cento. Ora la previsione ufficiale per quest’anno è del 2.1-2.3 per cento, la metà.

A volte le loro previsioni sono anche sconcertanti. Negli ultimi tre mesi l’indice dei prezzi al consumo americano è cresciuto a una velocità annualizzata del 2.8 per cento, ma la Fed, nonostante la Yellen si sia detta fiduciosa (e speranzosa) in una accelerazione dell’inflazione salariale nei prossimi anni, fa finta di non vedere quello che ha sotto il naso e lascia le sue stime sull’inflazione nel 2016 all’1.6-2.0 per cento, addirittura più basse delle stime pubblicate tre mesi fa. Fa riflettere anche il fatto che la Fed preveda ora la piena occupazione alla fine del 2015 (anche se quasi sicuramente arriverà prima) e che in quella situazione (per definizione ottimale) ipotizzi tassi sui Fed Funds all’1.13 con un’inflazione (che quasi sicuramente sarà più alta) dell’1.75 per cento. Tassi reali negativi di 62 punti base con pieno impiego, una novità assoluta. Repressione finanziaria allo stato puro.

Il mercato ha imparato a non farsi guidare dalle stime, ma dal grado di distorsione della realtà che queste esprimono. Distorcere la realtà, o per lo meno il buon senso, è il modo di esprimere una volontà politica. I democratici del Fomc, che vogliono tassi a zero per avere il prima possibile piena occupazione e aumenti salariali (anche a costo di provocare inflazione), fanno stime di crescita dell’occupazione e dell’inflazione palesemente basse in modo da potere giustificare i tassi a zero. I repubblicani le fanno palesemente alte in modo da alzare la media e avere un supporto per chiedere tassi più alti. Poiché i democratici del Fomc sono più numerosi (oltre che molto più influenti a livello di opinione) le stime finali, che sono una media tra quelle espresse dai vari componenti, sono palesemente al di sotto del credibile.

Più sono al di sotto del credibile, più trasmettono il messaggio che la componente maggioritaria del Fomc vuole assolutamente, costi quel che costi, tenere i tassi a zero per un periodo particolarmente lungo. I mercati colgono perfettamente (e razionalmente) il messaggio. Non importa che la realtà sia bruttina, con meno crescita e più inflazione (in America) di quello che ci siamo raccontati per tutti questi mesi. L’unica realtà che conta è convenzionale ed è quella ricostruita dalla Fed. Accade così che i mercati accolgano favorevolmente tutto e il contrario di tutto. In Europa festeggiano l’inflazione troppo bassa (perché significa che la Bce farà il Quantitative easing) e in America festeggiano l’inflazione alta (perché vuol dire che la Fed ha avuto successo e perché le imprese hanno finalmente la possibilità di alzare i prezzi). Accade anche che i mercati diventino più realisti del re ed esprimano, nelle loro attese, tassi futuri più bassi di quelli, già bassi, previsti dai membri del Fomc.

Le borse possono così continuare a salire anche se cominciano ad essere care, i bond possono rinviare il momento della discesa e il dollaro può rinviare quello del rafforzamento, confermando l’idea per cui ogni volta che l’Europa fa qualcosa di espansivo, l’America risponde con ancora maggiore aggressività.

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