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Ecco pregi e difetti delle banche tedesche. Report di Bnl-Bnp Paribas

Il risanamento del sistema bancario tedesco ha compiuto decisivi passi in avanti ma ancora lunga è la strada per il suo completamento. Lo scoppio della bolla finanziaria nel 2008-09 e la successiva crisi del debito sovrano del biennio 2011-12 hanno costretto cinque Paesi del Vecchio Continente (Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna, Cipro) a richiedere un sostegno europeo per evitare il collasso del circuito bancario nazionale.

CHE COSA E’ SUCCESSO IN GERMANIA

Altri Paesi dell’eurozona hanno sperimentato difficoltà di quasi analoga gravità ma le hanno fronteggiate impiegando risorse finanziarie nazionali. É questo anche il caso della Germania. Degli 11 gruppi bancari nel 2009 al vertice del sistema bancario tedesco (tutti con attivi superiori a €175 mld) ben 7 hanno dovuto richiedere un intervento statale. In due casi (WestLB e Hypo Real Estate) l’intervento non è stato comunque sufficiente ad evitarne la liquidazione.

COME È STATO POSSIBILE IL CONSOLIDAMENTO

La realizzazione di un intervento di consolidamento patrimoniale così esteso ha richiesto molto tempo, l’attivazione di un’intensa dialettica con le autorità di Bruxelles (come sempre accade in Europa nel caso di aiuti di Stato) e uno sforzo finanziario decisamente importante. Un rapporto della Commissione Europea sulle politiche di sostegno pubblico ai sistemi finanziari nazionali mette in evidenza che la Germania è il paese europeo che nel periodo 2008-12 ha perfezionato il più ampio programma di sostegno patrimoniale al settore finanziario mediante interventi sia di ricapitalizzazione (€ 64 mld) sia di presa in carico di attività deteriorate (€80 mld). Nel complesso si tratta di €144 mld (il 5,5% del Pil tedesco), quasi un quarto degli interventi di questo tipo realizzati nei paesi della Ue-27 (€592 mld).

Pur senza determinare oneri aggiuntivi, il governo tedesco ha anche disposto la concessione di garanzie e attivato misure di sostegno alla liquidità: dopo aver raggiunto nel 2009 i €135 mld queste altre due modalità di sostegno risultano ora quasi cessate (€10 mld a fine 2012). Completano il quadro due bad bank, la Erste Abwicklungsanstalt (EAA) e la FMS Wertmanagement (FMS-WM). La prima, costituita nel dicembre 2009, ha l’obiettivo di procedere alla cessione della parte più importante delle attività di Westdeutsche Landesbank (WestLB), della quale con due successive operazioni ha ricevuto attività per un ammontare (nominale) di €177 mld. La seconda (FMS-WM), invece, è stata costituita nel 2010 per cercare acquirenti per le attività di Hypo Real Estate Holding AG, un’istituzione nel 2008 con un bilancio superiore a €400 mld. Le cause del fallimento di queste due istituzioni sono da ricercarsi, oltre che nello sfavorevole evolvere della congiuntura, anche in una gestione finanziaria poco prudente. Per conoscere quale onere deriverà dall’attività di liquidazione svolta da queste due bad bank bisognerà aspettare qualche anno.

I TRE PILASTRI DEL SISTEMA BANCARIO TEDESCO: BANCHE COOPERATIVE

Il sistema bancario tedesco viene generalmente descritto come articolato in tre filoni – banche cooperative, banche pubbliche, banche private – la cui dinamica è risultata in questi ultimi anni molto differenziata. Il sistema delle banche cooperative è quello che meno è stato toccato dalla difficile congiuntura finanziaria. Continua a rappresentare la componente più numerosa (59%) ma ha un peso sull’attivo del sistema complessivamente limitato (14%). Numerose operazioni di fusione e aggregazione ne hanno ridotto il numero (-130 rispetto al 2007) e favorito un ridimensionamento della rete distributiva (quasi 1000 sportelli in meno). Uno sportello bancario su tre in Germania è comunque ancora attribuibile a questi istituti. Si tratta di banche con operatività esclusivamente locale che si avvalgono dell’apporto di due istituti centrali di categoria: la DZ Bank (attivo di €406 mld) e la WGZ Bank (€96 mld). Entrambi questi istituti hanno potuto evitare ogni sostegno pubblico.

BANCHE PUBBLICHE

Il secondo pilastro del sistema bancario tedesco è quello delle banche pubbliche. Ne fanno parte le casse di risparmio e le landesbanken, la cui attività (in entrambi i casi) è regolata anche da leggi regionali. Le casse di risparmio sono attualmente 417 (29 in meno rispetto al 2007) e contribuiscono agli aggregati bancari in misura compresa tra il 15% (totale attivo) e il 22% (prestiti a operatori non finanziari). La loro dimensione varia molto con un massimo di quasi €40 mld di attivo totale. Come verificabile anche per le banche cooperative, il loro risultato economico in questi anni si è mantenuto nell’aggregato positivo e (relativamente) stabile. Nate per operare come istituti di riferimento delle casse di risparmio e con un azionariato controllato dai lander, le landesbanken hanno negli anni precedenti la crisi esteso la loro operatività all’investment banking e al finanziamento di attività
internazionali, integrando con il ricorso al mercato “all’ingrosso” tanto l’attività di raccolta quanto quella di impiego. Le modalità con cui questa diversificazione è stata realizzata sono tra le principali cause della situazione di grave dissesto in cui si sono venute a trovare quasi tutte queste istituzioni. Delle 12 landesbanken esistenti nel 2007, ne rimangono oggi 9. Di esse una (WestLB) dopo un tentativo di salvataggio è stata posta in liquidazione; un’altra (Bremer LB) è nominalmente autonoma ma di fatto controllata al 92% da altra landesbanken; il controllo di una terza (LB Berlin) è stato assunto dalla German Federation of Saving Banks. Nell’ambito delle sei rimanenti (tra cui una di dimensioni molto ridotte) solo due hanno potuto evitare l’aiuto pubblico e il conseguente, severo programma di ristrutturazione/ridimensionamento imposto dalle autorità europee. Non diversamente da quanto verificabile altrove in Europa, quando non realizzato con una diretta sottoscrizione di capitale azionario, l’intervento di sostegno ha un costo generalmente elevato (nell’ultimo triennio, un terzo dei ricavi di HSH NordBank è servito a pagare il costo delle garanzie statali).

COSA NON SI È POTUTO FARE

L’ipotesi di un consolidamento intrasettoriale non si è finora tradotta in realizzazioni significative, uno scenario con poche possibilità di cambiare per tre rilevanti motivazioni. La prima è la forte resistenza della politica locale a traferire il controllo di queste istituzioni. La seconda è che le eventuali istituzioni aggreganti (sostanzialmente due) pur non avendo dovuto ricorrere al sostegno pubblico hanno comunque problemi non trascurabili da risolvere (Nord LB, ad esempio, negli ultimi anni ha chiuso in utile il bilancio ma ha un sesto del suo portafoglio prestiti legato al problematico settore della nautica). La terza motivazione, quella forse dominante, è che il completamento del risanamento dell’eventuale landesbank da incorporare è impegno decisamente rilevante (HSH NordBank, ad esempio, che pure ha ridotto le sue attività dai €208mld del 2008 ai € 109mld del 2013, ha un’esposizione verso il settore navale di €21 mld, per un terzo non performing).

BANCHE PRIVATE

Il terzo pilastro del sistema bancario tedesco è quello costituito dalle banche private, sotto il profilo dell’operatività la componente più aggiornata e internazionalizzata. Ne fanno parte poco meno di 300 istituzioni di tutte le dimensioni, con un attivo aggregato pari al 37% dell’intero circuito bancario nazionale. Nel loro ambito spicca la presenza delle cosiddette grandi banche, gruppi il cui peso sul totale nazionale varia tra il 23% (totale attivo) e il 13% (prestiti a operatori non finanziari). Anche se le statistiche della Bundesbank ne segnalano 4, le grandi banche in realtà sono solo 3, considerato che Deutsche Postbank dal 2010 è parte integrante del gruppo Deutsche Bank. Le altre due grossbanken sono la Bayerische Hypo und Vereinsbank (dal 2005 sotto il controllo di UniCredit) e Commerzbank nel 2008-09 oggetto di un rilevante salvataggio pubblico realizzatosi con la sottoscrizione di nuovo capitale (€1,8 mld) e la costituzione di una partecipazione silente (altri €16,4 mld). L’aumento di capitale realizzato nel maggio 2013 ha permesso di completare la liquidazione della partecipazione silente ma ha confermato lo Stato come principale azionista (17,2%). La Commerzbank deve completare il ridimensionamento richiesto dalla Ue ed acquisire un nuovo profilo: rispetto al 2009, l’attivo del gruppo è stato ridotto di un terzo (ovvero €295 mld) e circa un terzo di quello attuale viene classificato non core. La riconquista di una adeguata capacità reddituale sembra ancora lontana (quasi nullo l’utile netto dell’ultimo biennio) e quindi anche la possibilità di una ravvicinata uscita dall’area pubblica.

Leggi qui l’analisi integrale contenuta nel focus Bnl

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