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Oltre la rottamazione italiana

Si ha l’impressione che, da diversi anni, sia in corso una sorta di rottamazione di tutto ciò che ha fatto grande l’Italia e la vicenda delle banche popolari ne è l’ultimo esempio; ciò avviene in nome di un “non progetto”, di una profonda consapevolezza di voler cambiare non si sa verso dove, senza una visione.

Renzi, lungi dall’essere l’iniziatore di un nuovo ciclo, è colui che chiude il vecchio. Il giovane fiorentino si è dato il compito di portare il Bel Paese nel terzo millennio ma, per fare questo, occorrerebbe dare una prospettiva di senso all’agire di una classe dirigente ed occorrerebbe  avere un pensiero di cambiamento nel cambiamento e per il suo governo strategico.

L’Italia è nel pieno della sua rottamazione ma non si vedono in giro idee ricostruttive. In pochi dicono che, ISIS a parte, stiamo combattendo una guerra, stiamo vivendo una crisi che non solo ha distrutto ricchezza ma che ha stravolto le relazioni sociali e che, soprattutto, continua a provocare una costante degenerazione della condizione umana. Sul piano del pensiero, inoltre, sembriamo rassegnati alla linearità, alla semplificazione, agli slogan e ai luoghi comuni.

L’Italia, guardando in positivo, potrebbe diventare un vero e proprio “laboratorio della complessità”. Occorre ritrovare spirito comunitario, creatività, radicalità, capacità di mediazione, libertà dalla paura, progettualità. L’Italia ha tutte le condizioni per fare questo, sintetizzando (senza stravolgerle) le sue meravigliose ed uniche tradizioni (in tutti i campi) con le esigenze dell’innovazione. Ritrovandosi, l’Italia può essere di esempio per un’Europa necessaria ma a-politica ed incatenata nei suoi vincoli assurdi e per un mondo che ha fatto della violenza e della crudeltà uno dei suoi tratti più evidenti.

 

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