Skip to main content

L’urgenza di ritornare a progettare

 

Fanno tristezza coloro che, per mantenere e consolidare un clima di paura, inneggiano ad un fantomatico scontro fra civiltà in atto.

Sembriamo dimenticare, da diverse parti, che abbiamo costruito un mondo a misura di competizione esasperata, ritrovandoci strumenti della nostra incapacità di “pensare complesso”; incapaci, altresì, di maturare pertinenti strategie di convivenza in grado di integrare le differenze culturali e religiose che percorrono il mondo, trasformandole in ricchezza per la ri-creazione del progetto umano; incapaci, infine, di prevenire ed affrontare i focolai di violenza e di crudeltà che oggi sono la cifra della “guerra mondiale a capitoli”.

C’è chi pensa di poter risolvere i problemi del mondo imponendo modelli di presunto sviluppo e progresso anziché limitarsi, e sarebbe molto, a lavorare perché ogni società possa responsabilmente incarnare, attraverso processi autoctoni e non eterodiretti, quei valori universali che sono riconosciuti come fondanti dell’umano profondo e perché si arrivi ad un contesto davvero globale, che non è sinonimo di globalizzato.

Urge ritornare a progettare nuove mediazioni, nuove responsabilità. E’ bene che ogni società rifletta profondamente sui propri limiti e sui propri talenti, ritrovando una “razionalità dialogante” in grado di porre questioni di autodeterminazione senza “totalizzarle”, aprendole ed integrandole con quelle di ogni altra. Quello che capita oggi, secondo chi scrive, è una sorta di scontro competitivo fra particolarismi chiusi, quasi che la razionalità sopra indicata sia praticabile soltanto come ragione dogmatica. E nascondere tale scontro con il dato religioso è vigliacco perché tocca le corde più intime dell’essere umano.

C’è, ancora, l’enorme tema della sicurezza. Qui, non vi è dubbio, la politica deve ritrovare un senso, una dignità e, dunque, strategie e soluzioni credibili. Nessuno sembra immune dalla pratica di “darsi un nemico” e tale pratica, alla lunga, stanca e provoca reazioni imprevedibili. Si legano, infatti, l’asimmetria di nuove forme di violenza, la crisi economica che sta attraversando e colpendo la sostenibilità d’intere società, la potenza delle organizzazioni criminali internazionali che stanno riconfigurando gli Stati. Dov’è la politica, al di là di grandi manifestazioni che toccano il cuore ma che non risolvono i nodi storici con i quali dobbiamo fare i conti ?

In tutto questo grande lavoro culturale, politico, strategico è fondamentale ridarsi una prospettiva. Oltre agli slogan, mancano narrazioni adeguate. E non è più possibile aspettare.

 

CONDIVIDI SU:

Gallerie fotografiche correlate

×

Iscriviti alla newsletter