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Progetto lavoro

Abbiamo l’ansia da rottamazione ma non idee ricostruttive. Nel guardare all’Italia, ci ritroviamo imprigionati in un sistema che non funziona, dunque da cambiare, ma non possiamo contare su classi dirigenti che abbiano visioni complesse di convivenza. Lo si vede, in particolare, su alcuni grandi temi fondamentali come il lavoro.

Chi scrive è fra coloro che pensano che la conservazione così come l’innovazione ad ogni costo costituiscano un problema. Semplicemente, e da un punto di vista progettuale, la democrazia evolve e, con essa, evolvono i temi della rappresentanza nei diversi ambiti.

La rappresentanza sindacale deve confrontarsi con la modernità, certamente non sposando le evoluzioni non governate in modo acritico ma ritrovando un linguaggio e proposte in linea con  i mondi che cambiano (ci sono attività economiche che scompaiono e, contemporaneamente, altre che nascono e che si impongono); il tratto più evidente della inadeguatezza dei sindacati è nel loro comportarsi da corporazioni, chiusi in fortini difensivi mentre il mondo si fa sempre più competitivo.

Le associazioni datoriali, non esenti da responsabilità nell’attuale situazione, dovrebbero accogliere il grande tema della partecipazione dei lavoratori (nuova forma di quei “diritti” che oggi appaiono come scatole vuote), facilitando in tal modo una responsabilizzazione diffusa alle sorti dell’impresa e favorendo il superamento di quella separazione fra capitale e lavoro che porta a scontri sociali sempre più aspri e sempre più diffusi.

Insomma, al di là delle ricette tecniche, sui temi del lavoro occorre un grande sforzo comune e condiviso per ripensare relazioni industriali adeguate ai tempi. Il Jobs Act, pur introducendo apprezzabili elementi di novità, non basta e non risolve.

 

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