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Cosa pensa di fare l’Italia in Libia

La barbarie dello Stato Islamico preoccupano i governi europei e l’alleato americano. Francia, Germania, Italia, Spagna, Gran Bretagna e Stati Uniti hanno condannato gli ultimi attacchi nella città di Sirte, in Libia, nuova fortezza dell’organizzazione terroristica.

LA NOTA

“Siamo profondamente preoccupati dalle notizie che parlano di bombardamenti indiscriminati su quartieri della città densamente popolati e atti di violenza commessi al fine di terrorizzare gli abitanti”, si legge in una nota diffusa dal ministero degli Affari esteri.

I FATTI

Il 12 agosto Isis ha ucciso 30 persone in un attacco a quella che è la città natale di Muammar Gheddafi. Secondo l’emittente britannico Sky News, i terroristi sono entrati in una zona residenziale di un sobborgo di Sirte e hanno sparato contro gli abitanti. La strage sarebbe una reazione all’uccisione del leader salafita Khaled Ben Rjab.

I NEGOZIATI

“Facciamo appello a tutte le fazioni libiche che desiderano un Paese unificato e in pace  – continua il comunicato della Farnesina – affinché uniscano le proprie forze per combattere la minaccia posta da gruppi terroristici transnazionali che sfruttano la Libia per i loro scopi”. Inoltre, nel documento si fa riferimento all’ultima sessione di negoziati a Ginevra guidati dal rappresentante speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite, Bernardino Leon.

NO ALL’INTERVENTO MILITARE

“Ribadiamo ancora una volta che non esiste una soluzione militare al conflitto politico in Libia, e rimaniamo preoccupati per la situazione economica e umanitaria che peggiora giorno dopo giorno”, conclude il documento.

L’OTTIMISMO DEL MINISTRO

È dello stesso avviso il ministro degli Affari esteri italiano, Paolo Gentiloni. In un’intervista alla Stampa, il titolare della Farnesina si è detto fiducioso del processo di dialogo tra le fazioni in Libia promosso dalle Nazioni Unite e ottimista sulla ricostruzione del Paese. “Far rullare i tamburi senza questa base minima è inutile, dobbiamo insistere sul piano negoziale. Oggi qualsiasi nuovo intervento va posto nel quadro di un percorso di pacificazione condivisa dai libici. L’Italia contribuirà ma a queste condizioni”, ha detto Gentiloni.

UN’ALTRA SOMALIA

“O si chiude in poche settimane o ci troveremo con un’altra Somalia a due passi dalla costa e dovremo reagire in modo diverso”, ha detto Gentiloni alla Stampa. Il ministro ha proposto un’agenda della coalizione internazionale contro Isis, “sapendo che non si tratterebbe più di stabilizzare il paese ma di contenere il terrorismo”. 

VECCHI ERRORI

Il ministro ha ricordato che l’intervento delle Nazioni Unite, voluto dal presidente francese Nicolas Sarkozy e dal premier britannico David Cameron, con l’accordo degli Usa, ha dato la stura al caos in Libia: “L’errore è stato senza dubbio non associare all’intervento alcuna idea sulla gestione del dopo. L’Italia su questo avrebbe potuto farsi sentire, ma purtroppo ci siamo accodati a quella operazione con il governo forse più debole della nostra storia repubblicana, parlo dell’ultimissima fase dell’ultimo governo Berlusconi”.

Il PIANO ITALIANO

Per aiutare la Libia nel processo verso la pace, l’Italia invierà aiuti militari e finanziari, oltre a collaborare con l’addestramento dell’esercito libico. E’ quanto scrive oggi il Corriere della Sera, secondo cui il governo italiano, Palazzo Chigi e la Farnesina lavorano da mesi ad una nuova ipotesi di soluzione “nel caso in cui davvero i negoziati dell’inviato speciale della Nazioni Unite, lo spagnolo Bernardino Leon, dovessero avere successo e riuscire a ricreare un fronte di unità nazionale fra le diverse fazioni libiche e il governo riconosciuto di Tobruk”.

Il Corriere della Sera nell’articolo di Marco Galluzzo sostiene che è sul tavolo la possibilità di un nuovo modello di intervento della comunità internazionale “probabilmente a guida italiana, che si è più volta candidata senza trovare resistenze, prevederebbe al momento, oltre ad aiuti militari e finanziari, anche la possibilità di inviare forze di peacekeeping sotto l’egida dell’Onu per mettere in sicurezza i punti nevralgici del Paese: il porto di Tripoli, gli aeroporti, i principali collegamenti stradali, gli impianti petroliferi. A questo si aggiungerebbe un aiuto diretto nell’addestramento militare di un nuovo esercito unitario libico”.

PROSSIMA TAPPA

Il 12 luglio si è raggiunta una prima intesa tra il governo di unità nazionale, con base a Tobruk, e il governo riconosciuto a livello internazionale, quello di Misurata, così come tra diverse milizie basate a Zintan e Tripoli. I negoziati riprenderanno mercoledì in Marocco.

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