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Cosa succede tra Estonia e Russia in materia di spionaggio

Herman Simm

Nel febbraio 2016, il cittadino estone Maksim Gruzdev è stato condannato a 4 anni da un tribunale di Tartu, per aver passato ai russi informazioni sui servizi di sicurezza estoni. L’undici del mese, l’imprenditore estone Raivo Susi è stato arrestato all’aeroporto Sheremetyevo di Mosca, con l’accusa di spionaggio. Difficile pensare a una coincidenza, dato che gli eventi contestati risalgono al 2004-2007 e lo stesso Susi si è detto vittima di una ritorsione diplomatica.

Gruzdev è solo l’ultima delle talpe russe smascherate dai servizi estoni. Infatti nel marzo 2015 è stato arrestato il 21enne Aleksandr Rudnev, doppia cittadinanza estone e russa, reclutato a Pskov nella primavera del 2013 per informare l’FSB sulle attività della polizia di frontiera e dell’esercito estone nel sud del paese. A ottobre è stato condannato a due anni.

Il terzo infiltrato è il 42enne Pavel Romanov, che appartiene alla categoria degli “undefined citizens” o “Estonian aliens“, apolidi che dopo il crollo dell’URSS sono rimasti in un limbo giuridico. Dal 1994 avrebbe trasmesso all’FSB dettagli sulla difesa estone e le guardie di frontiera. Condannato a 4 anni e 10 mesi nell’ottobre 2015.

Si tratta sempre di cittadini estoni etnicamente russi, che costituiscono il 25% della popolazione e si concentrano a nord-est, nella città di Narva. In questo contesto frontaliero, lo spionaggio si mescola al contrabbando. Proprio di contrabbando si occupava Eston Kohver, ufficiale del controspionaggio estone (KaPo), rapito dai russi il 5 settembre 2014.

Quella mattina, Kohver aspettava un informatore nella foresta presso Miikse, lungo il confine russo, quando venne accerchiato da un commando di specnaz, che usarono granate fumogene e sistemi di jamming per sequestrarlo. Fu trovato in possesso di cinquemila euro in contanti, un registratore e una pistola Taurus calibro 25. Fu accusato di spionaggio e incarcerato a Mosca.

Già il 5 novembre 2014, in occasione di un convegno Nato a Berlino, l’ambasciatore estone Lauri Lepik mi confessò che Tallinn stava pensando a uno scambio di prigionieri. Secondo Lepik, anche l’Estonia aveva “qualcuno che la Russia vorrebbe indietro”. Ma il destino di Kohver sembrò segnato il 19 agosto 2015, quando fu condannato a 15 anni per spionaggio e contrabbando da una corte di Pskov.

Invece, la mattina del 26 settembre 2015, il ponte di confine a Pechory, fu teatro di uno scambio di prigionieri tra Kohver e Aleksei Dressen, talpa russa nei servizi estoni, arrestato nel 2012 mentre tentava di portare a Mosca documenti riservati e condannato a 16 anni.

Dalla fine dell’URSS, i servizi estoni si sono sempre dimostrati permeabili alle infiltrazioni russe. Il caso più clamoroso fu nel 2009, quando il capo del dipartimento Sicurezza del ministero della Difesa, Herman Simm, fu condannato a dodici anni per tradimento a favore dell’SVR moscovita.

Se gli omini verdi della Crimea dovessero comparire nei Baltici, forse lo farebbero a Narva, dove nel 2015 la Nato hanno tenuto un’imponente esercitazione, o nel sud, dove l’FSB indaga sulle difese estoni. Per quanto riguarda la Lettonia, dove vive un 26% di russofoni, la regione a rischio è quella orientale della Letgalia, su cui la BBC ha persino girato una fiction, immaginando uno scenario di guerra simile al Donbass.

È certo che un’ipotetica insurrezione nelle regioni russofone dei Baltici – territori Nato – riceverebbe una risposta assai più incisiva di quella vista in Ucraina. Occorre aggiungere che Tallinn e Riga devono ancora fare molta strada per garantire i diritti delle minoranze russe e privare così Mosca di ogni possibile pretesto per intervenire a favore dei propri pieds rouges all’estero.

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